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== Contesto storico ==
Nel 1918 con la fine della Prima Guerra Mondiale l’Italia include nei suoi confini parte della Slovenia, inglobandone la popolazione in gran parte slovena e croata. L’annessione è ritenuta fin da subito insufficiente, e negli Anni Venti matura il sentimento nazionalista di rivincita sulla vittoria mutilata, affiancato alla crescita delle ambizioni imperialiste sul mare Adriatico, (considerato dalla propaganda fascista un “golfo veneziano”). In questo periodo ilIl regime fascista, che non ha ''e non avrà  una politica oscillante''chiara e univoca nei confronti della Jugoslavia, comunque si attiva nel tentativo di indebolire la Jugoslaviaindebolirla stringendostringe alleanze con paesi confinanti ad essa ostili (Ungheria e Bulgaria) e con movimenti estremisti e terroristici interni al paese (come gli ustascia croati), facendo anche leva sui conflitti preesistenti tra le componenti serba e croata. L’azione dello Stato italiano sul territorio recentemente annesso è di discriminazione nei confronti delle presenze croate e slovene e di tendenza alla snazionalizzazione, provvedendo ad esempio a sostituire i nomi dei luoghi scritti nelle lingue locali con parole italiane e a italianizzare i cognomi.(<sup>[7]</sup>)
 
Negli anni Trenta il regime fascista stabilisce un rapporto privilegiato con gli ustascia e il loro leader Ante Pavelic, accogliendoli in basi di addestramento in Italia.
 
''inIn seguito all'adesione da parte del reggente jugoslavo Paolo Karađorđević al Patto Tripartito, si scatena una sollevazione popolare (27 marzo). Il 6 aprile 1941 le forze nazifasciste sulla base di una comune decisione aggrediscono la Jugoslavia'' . La Jugoslavia viene divisa in zone d'occupazione di influenza italiana e tedesca. L'area di influenza italiana è divisa in tre zone, con laparte della Slovenia, zona 1, direttamente annessa al Regno d’Italia, e; quando le truppe italiane arrivano a Lubiana, città principale della Slovenia,  l’esercito jugoslavo, già sbandato a causa dell’attacco tedesco, non oppone la minima resistenza. A questo punto l’Italia tratta direttamente la delimitazione dei confini con la Croazia, diventata stato indipendente governato dagli ustascia, la delimitazione dei confini e ottiene ufficialmente l’annessione della Dalmazia da Zara a Spalato, istituendo il Governatorato di Dalmazia.
 
Nelle intenzioni dell’Asse lo stato croato doveva rimanere una sorta di tranquillo satellite, pacificatoper nell’interessefavorire dellala stabilitàstabilizzazione della zona 1 italiana (provincia di Lubiana); tuttavia gli italiani rimangono stanziati in Croazia anche dopo la costituzione di undel governo ustascia, essendo scoppiato (nell'aprile del 1941)  il conflitto tra questi ultimi e la componente serba della popolazione, duramente perseguitata in quelli che sono stati chiamati “massacri ustascia”. I militari italiani si trovano nella difficile situazione di alleati di un regime sanguinario che commette stragi indiscriminate di civili, scegliendo spesso di proteggere in vario modo i serbi, che peraltro pagavano per essere protetti ('''FONTARE''').
 
Nel giugno del 1941, ain causaseguito diall’invasione talinazista persecuzionidell’Urss, scoppia una vasta e eterogenea rivoltainsurrezione antiustascia,contro ''egemonizzatal’occupante dain nucleicui diassumono nazionalistirilievo serbii (cetnici),apartigiani cuidel partecipanoPartito ancheComunista iJugoslavo gruppiguidati deida partigianiJosip comunisti''Broz detto Tito, (unica forza panjugoslava attiva su tutto il territorio); in Croazia, guidatia causa dei massacri, esplode la rivolta antiustascia egemonizzata da Josipnuclei Brozdi dettonazionalisti Titoserbi (cetnici) a cui partecipano anche  gruppi di partigiani comunisti. L’esercito italiano, stanziato anche nelle zone 2 e 3, interviene con lo scopo di mantenere l’ordine, intensificando il dialogo con i cetnici, più affidabili secondo il Regio Esercito, cosaalleati chepiù causaaffidabili dei sanguinari e irrazionali ustascia, causando il risentimento deglidi ustasciaquesti ultimi, che mantengono però restanostretti glilegami interlocutori dicon elezione deii gerarchi fascisti''.''
 
L’importanzaIl epeso i numeri delle forze didella resistenza comunista cresconocresce  e si consolidanoconsolida al punto da spingere gli ustascia ad allearsi di fatto con i cetnici, diventando entrambi truppe ausiliarie della II Armata, posta sotto il comando del generale Roatta; l’avanzata partigiana non si limita alla Croazia, ma per la sua essenza di forza panjugoslava si estende alla provincia di Lubiana.
 
L’avanzata partigiana sottrae molte aree all'esercito di occupazione e in Slovenia, sotto l’egida del Fronte di liberazione, la lotta armata si diffonde nella provincia di Lubiana.
Per contrastare l'offensiva partigiana, che aveva sottratto all'esercito di occupazione molte aree nella zona 2 e aveva la sua dirigenza a Lubiana, Roatta emana nel marzo 1942 la circolare 3C, ''un documento nel quale stabilisce punto per punto l'operato della II armata in Jugoslavia. La circolare ufficializza quanto era già emerso dalle disposizioni del gennaio 1942, ovvero il passaggio dalla condizione di occupazione alla condizione di guerra identificando la resistenza slava non con bande disorganiche, ma con un'organizzazione compatta da considerare il nemico; pertanto occorrerà diffidare della popolazione civile, che è la base del sostegno della resistenza, quantunque sembri indifesa e innocua e applicare rappresaglie molto severe e organizzate contro i partigiani, non secondo la formula "dente per dente", ma "testa per dente". In seguito la circolare ordina i rastrellamenti, confische dei beni e l'internamento sia protettivo sia repressivo, nell'area 2 e nella provincia di Lubiana, già annessa.''<ref>{{Cita web|url=http://www.criminidiguerra.it/CIRC3C1.shtml|titolo=Circolare 3C}}</ref> Inoltre Roatta istituisce un tribunale di guerra che adotta come soluzione prevalente l’internamento per le famiglie dei partigiani e dei sospetti tali: ''i prigionieri iniziano a essere dislocati in vari campi di concentramento.''
 
Per contrastare l'offensiva partigiana, che aveva sottratto all'esercito di occupazione molte aree nella zona 2 e aveva la sua dirigenza a Lubiana,contrastarla Roatta emana nel marzo 1942 la circolare 3C, ''un documento nel qualeche stabilisce punto per punto l'operato della II armata in Jugoslavia e che verrà aggiornata più volte restando in vigore fino all’armistizio dell’ 8 settembre 1943. La circolare ufficializza quanto era già emerso dalle disposizioni del gennaio 1942, ovvero il passaggio dalla condizione di occupazione alla condizione di guerra identificandoin cui lail resistenzanemico slavaè noncostituito con dalla banderesistenza disorganiche, ma con un'organizzazione compatta da considerare il nemicoslava; pertanto occorreràoccorre diffidare della popolazione civile, che è la base dele sostegnocomplice della resistenza, quantunqueanche sembrise sembra indifesa e innocua. eSecondo applicarela rappresaglietattica moltodella severe“terra ebruciata” organizzatela controrappresaglia inon partigiani, nondeve secondoseguire la formula "dente per dente", ma "testa per dente". In seguito laLa circolare ordina i  rastrellamenti, distruzioni di villaggi, cattura di ostaggi, deportazioni, confische dei beni e l'internamento sia protettivo siache repressivo, nell'areanelle 2aree annesse e nella provincia di Lubiana,occupate. già annessa.''<refsup>{{Cita web|url=http://www.criminidiguerra.it/CIRC3C1.shtml|titolo=Circolare 3C}}[8]</refsup> Inoltre Roatta istituisce un tribunale di guerra che adotta come soluzione prevalente l’internamento per le famiglie dei partigiani e dei sospetti tali: ''i prigionieri iniziano a esserevengono dislocati in vari campi di concentramento, in Jugoslavia e in Italia. In Jugoslavia sorgono diversi campi; i principali sono tre: Arbe (Rab) per il quadrante adriatico settentrionale (Slovenia e Fiumano); Melada (Molat) per il quadrante centrale (Dalmazia) e Mamuka-Prevlaka per il quadrante meridionale (la parte "italiana"del Montenegro).''
Il campo, divenuto il più famoso di quelli italiani in Jugoslavia per il suo alto tasso di mortalità, aveva una capienza di circa 10.000 persone. '''<u>Spiegare perché "Arbissima" (cfr. Ferenc) + carattere "coloniale" del sistema dei campi per slavi, gestito dall'esercito (Capogreco, Gobetti)</u>'''
 
== Il campo ==
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'''<u>Inserire info sull'origine dei campi "protettivi" (per i collaborazionisti) + ipotesi su internamento protettivo ebrei</u>'''
 
L'istituzione dei campi protettivi nasce in origine per la volontà di proteggere dalle rappresaglie della popolazione i collaborazionisti, che venivano pertanto internati. Tale modalità di internamento venne adottata anche nel campo di Arbe nei confronti degli ebrei presenti sul territorio.
 
Nell'area occupata dall'Italia si trovavano alcune centinaia di ebrei concentrati soprattutto nella città di [[Mostar]] e lungo la costa cui si aggiunsero migliaia di profughi in fuga dallo [[Stato Indipendente di Croazia]], per sfuggire ai massacri commessi dagli [[ustascia]]<ref name="autogenerato9" /><ref>"(...) nell'agosto-settembre 1941, per fermare la violenza antiebraica e stroncare gli eccidi in corso fra serbi e croati, l'Esercito italiano assunse provvisoriamente il controllo di una nuova zona ceduta dalla Croazia di Pavelic. (...) Mentre Mussolini per non sfidare apertamente i tedeschi si opponeva all'ipotesi di un trasferimento dei rifugiati in Italia, in gran parte ebrei stranieri formalmente impediti all'ingresso nella penisola da una legge del 1939, nel 1942, fu finalmente escogitata la formula che avrebbe permesso di sfuggire alle pretese dell'alleato pur senza affrontarlo in un rifiuto diretto. I circa 3000 ebrei croati e stranieri (...) dal mese di ottobre (furono) internati in appositi campi (...) allo scopo di tacitare le accuse tedesche di spionaggio a favore del nemico, sarebbero stati sottoposti ad un lungo e laborioso censimento (...). La tattica temporeggiatrice funzionò fino al febbraio 1943 (...) quando Mussolini cedette alle richieste di trasferire gli ebrei a Trieste dove sarebbero stati prelevati dai tedeschi, autorizzando però i suoi generali a trovare nuovi pretesti per il rinvio. (...) nel marzo 1943 si decise di concentrare tutti i rifugiati in un campo dipendente dalla II Armata nell'isola dalmata di Arbe, (...) cioè in un territorio sottoposto alla sovranità italiana, al sicuro da qualsivoglia insidioso tentativo di colpo di mano". Anna Millo, ''L'Italia e la protezione degli ebrei'', in ''L'occupazione italiana della Iugoslavia'', Le Lettere, 2009, pp. 367 e 367.</ref>, e dai territori occupati dai tedeschi<ref name="autogenerato5">{{cita|Gobetti, Alleati del nemico|p. 129}}</ref>. Tranne una parte respinta alla frontiera di Fiume gli ebrei furono accolti nella [[Governatorato di Dalmazia|Dalmazia annessa dall'Italia]]<ref name="autogenerato9" /> e la protezione fu estesa anche a quelli che si trovavano nelle zone occupate dalle truppe italiane in Croazia<ref name="autogenerato5" /> i quali pur sottoposti a vigilanza continuarono a vivere liberamente<ref name="autogenerato4">{{cita|Gobetti, Alleati del nemico|p. 130}}</ref>. Alla fine del 1942 la situazione si rese più complicata quando alle richieste croate di ottenere gli ebrei presenti nei territori occupati italiani si aggiunsero anche le pressioni tedesche.