Secondo lo storico [[Tone Ferenc]]<nowiki/>la necessità di allestire un grande campo di concentramento sull'isola di Arbe si era già fatta sentire nel maggio 1942 a seguito della saturazione dei campi di [[Laurana]](Lovran), [[Buccari]](Bakar) e [[Porto Re|Porto Re (Kraljevica)]]<sup>[12]</sup>. Nell'estate [[1942]], per far fronte alla necessità di provvedere all'internamento dei numerosi rastrellati nel corso delle operazioni estive in Slovenia, le autorità militari italiane della Seconda Armata costruirono in gran fretta ad [[Arbe]]<sup>[2][13]</sup>(più esattamente nella località di Campora), un [[Campi di concentramento per slavi|campo di concentramento per i civili slavi]]<nowiki/>delle zone occupate della[[Slovenia]]<nowiki/>in cui furono internati anche alcuni civili della vicina [[Venezia Giulia]].
Inizialmente concepito per internare 20-25000 prigionieri e ridimensionato intorno ai 10-11000 posti, prevedeva la costruzione di quattro settori distinti, ma all'arrivo dei primi internati erano pronte solamente le baracche di servizio ed erano disponibili per gli internati soltanto un migliaio di tende militari da sei posti<sup>[1][8]</sup>. Il primo gruppo giunse ad Arbe il 28 giugno 1942 ed era composto da 198 sloveni provenienti da Lubiana mentre un secondo gruppo di 243 arrivò il 31 agosto<sup>[1]</sup>Complessivamente furono portati ad Arbe 27 gruppi di internati di cui il più cospicuo fu di 1194 persone giunte il 6 agosto<sup>[1]</sup>. Dei quattro campi inizialmente immaginati ne furono realizzati solo tre. Nel 1° e nel 3° furono inseriti i "repressivi" (soprattutto sloveni), mentre nel 2° furono inseriti i "protettivi" (soprattutto ebrei)<sup>[1]</sup>.
Nell'area occupata dall'Italia si trovavano alcune centinaia di ebrei concentrati soprattutto nella città di [[Mostar]]<nowiki/>e lungo la costa, cui si aggiunsero migliaia di profughi in fuga dai territori occupati dai tedeschi e dai massacri commessi dagli [[ustascia]]<nowiki/>nello [[Stato Indipendente di Croazia]]<sup>[5][24][25]</sup>. Tranne una parte respinta alla frontiera di Fiume gli ebrei furono accolti nella [[Governatorato di Dalmazia|Dalmazia annessa dall'Italia]]<sup>[5]</sup>e la protezione fu estesa anche a quelli che si trovavano nelle zone occupate dalle truppe italiane in Croazia<sup>[25]</sup>i quali pur sottoposti a vigilanza continuarono a vivere liberamente<sup>[26]</sup>. Alla fine del 1942 la situazione si rese più complicata quando alle richieste croate di ottenere gli ebrei presenti nei territori occupati italiani si aggiunsero anche le pressioni tedesche.
La tragedia che avrebbe colpito gli ebrei in caso di consegna inizialmente solo ipotizzata fece sì che il Regio Esercito escogitasse pretesti e opponesse una serie di rinvii per non procedere ad alcuna consegna degli ebrei internati anche ad Arbe<sup>[5]</sup>, poi dal novembre 1942 la situazione fu più chiara e non consegnare gli internati divenne prioritario<sup>[29]</sup>. Si ipotizzò in un primo tempo di internare gli ebrei in locande e alberghi dismessi nella città di [[Grado (Italia)|Grado]], poi si preferì la soluzione del campo di Arbe dove fu allestita appositamente un'area<sup>[28]</sup>in cui furono fatti confluire complessivamente gli oltre 3.500 nuovi internati<sup>[29][30][31]</sup>. Qui vissero in una condizione sicuramente migliore degli internati slavi potendo ricevere visite esterne e svolgere attività ricreativa<sup>[28]</sup>. Le autorità militari e civili che operavano in Jugoslavia nel frattempo avevano esercitato pressioni su Mussolini che revocò le precedenti disposizioni e dispose che tutti gli ebrei sarebbero invece rimasti internati in territorio sotto giurisdizione italiana e per ovviare alle richieste del governo croato di ottenere la consegna degli ebrei con passaporto croato di avviare per costoro le pratiche per [[Apolidia|rinunciare alla cittadinanza]]<sup>[32]</sup>. Insieme ai numerosi ebrei furono internati ad Arbe a scopo "protettivo" anche molti serbi sfuggiti alle persecuzioni croate<sup>[5]</sup>. ▼
▲La tragedia che avrebbe colpito gli ebrei in caso di consegna , inizialmente solo ipotizzata , fece sì che il Regio Esercito escogitasse pretesti e opponesse una serie di rinvii per non procedere ad alcuna consegna degli ebrei internati anche ad Arbe<sup>[5]</sup> , poi; dal novembre 1942 la situazione fuè più chiara e non consegnare gli internati divennediventa prioritario<sup>[29]</sup>. Si ipotizzòipotizza in un primo tempo di internare gli ebrei in locande e alberghi dismessi nella città di [[Grado (Italia)|Grado]], poi si preferìprefersce la soluzione del campo di Arbe dove fuviene allestita appositamente un'area<sup>[28]</sup>in cui furonosono fatti confluire complessivamente gli oltre 3.500 nuovi internati<sup>[29][30][31]</sup>. Qui visserovivono in una condizione sicuramente migliore degli internati slavi potendo ricevere visite esterne e svolgere attività ricreativa<sup>[28]</sup>. Le autorità militari e civili che operavano in Jugoslavia nel frattempo avevano esercitato pressioni su Mussolini , che revocòrevoca le precedenti disposizioni e disposedispone che tutti gli ebrei sarebbero invece rimastisiano internati in territorio sotto giurisdizione italiana e; per ovviare alle richieste del governo croatoustascia decide di ottenereavviare laper consegna degligli ebrei con passaporto croato di avviare per costoro le pratiche per [[Apolidia|rinunciare alla cittadinanza]]<sup>[32]</sup>. Insieme ai numerosi ebrei furonovengono internati ad Arbe a scopo "protettivo" anche molti serbi sfuggiti alle persecuzioni croate<sup>[5]</sup>.
Ancora nell'agosto 1943 le autorità italiane si preoccupavano dell'incolumità degli internati ebrei immaginando, in caso di ritirata delle truppe italiane, di mantenere un presidio armato affinché gli internati protettivi non cadessero "in mani straniere"<sup>[28]</sup>. ▼
▲Ancora nell'agosto 1943 le autorità italiane si preoccupavano dell'incolumità degli internati ebrei immaginando, in caso di ritirata delle truppe italiane, di mantenere un presidio armato affinché gli internati protettivi non cadessero "in mani straniere"<sup>[28]</sup>.
Da un lato, c’era la necessità di governare il territorio, eliminando le ragioni di disordine che la dura politica di persecuzione ustascia nei confronti degli ebrei creava; dall’altro, vi era il tentativo da parte dello Stato italiano di emanciparsi dall’egemonia tedesca, rifiutando di consegnare ebrei all’alleato nella speranza di attirare nel dopoguerra nella sfera di influenza italiana i paesi che eventualmente avrebbero temuto l’ingerenza tedesca nei loro affari interni. Contemporaneamente, il fascismo tentava di ingraziarsi l’opinione pubblica internazionale e la S. Sede, impegnata in quegli anni (1942) in un’intensa attività diplomatica a favore dei profughi. Va ricordato, inoltre, che fin dall’emanazione delle Leggi Razziali (1938), il Ministero degli Esteri italiano temeva che questi provvedimenti non avrebbero giovato al progetto imperialistico fascista sui Balcani: infatti, essi avrebbero ulteriormente aggravato la già complessa gestione di un territorio così etnicamente frammentato e dilaniato da conflitti interetnici.
A contribuire, almeno in parte, alla salvezza deldegli popoloebrei ebraicojugoslavi, il bando emanato nel 1941 dal generale della II Armata Ambrosio, tra le altre cose, prometteva salva la vita a tutti coloro che indipendentemente da religione e nazionalità si fossero sottomessi all’autorità militare italiana. InMa in ultima istanza l’escamotage che permette di salvare migliaia di profughi dalla deportazione è la decisione da parte dei comandi italiani in Jugoslavia di internare le minoranze perseguitate finora non sottoposte a misure restrittive (ebrei e serbi di Croazia) per mettere a tacere le accuse di mancata collaborazione con l’alleato tedesco; internati, sì, ma in campi a scopo protettivo.
Il fattoperchè chedi gli ebrei siano stati internati a scopoquesto protettivocomportamento non è del tutto chiaro;. puòSi esserepossono spiegatoconsiderare sulla tre baseordini di tre motivazioni fondamentali: laetiche, primaimprontate possibileal èrealismo quellae etica,al umanitaria,prestigio ovveropolitico. E' possibile che i fascisti fossero effettivamente sensibili alla condizione degli ebrei nei campi di concentramento tedeschi e volessero evitare loro quella sorte. Ad esempio, il generale Vittorio Castellani stigmatizza l’"ignobile traffico" in una lettera a Pietromarchi. <sup>37</sup>Inoltre Dal punto di vista del realismo politico c’era la necessità di governare il territorio, eliminando le ragioni di disordine che la dura politica di persecuzione ustascia nei confronti degli ebrei creava; rifiutarsi di consegnare ebrei all’alleato tedesco faceva sperare di attirare nella sfera di influenza italiana, nel dopoguerra, i paesi che eventualmente avrebbero potuto temere l’ingerenza tedesca. Contemporaneamente, il fascismo tentava di ingraziarsi l’opinione pubblica internazionale e la S. Sede, impegnata in quegli anni (1942) in un’intensa attività diplomatica a favore dei profughi. Va ricordato, inoltre, che fin dall’emanazione delle Leggi Razziali (1938) il Ministero degli Esteri italiano temeva che questi provvedimenti non avrebbero giovato al progetto imperialistico fascista sui Balcani aggravando la già complessa gestione di un territorio così frammentato e dilaniato da conflitti interetnici. E poi i fascisti volevano mantenere buoni rapporti con i cetnici. In questa ottica, se avessero consegnato gli ebrei, i serbi i avrebbero potuto temere di essere a loro volta consegnati agli ustascia e questo avrebbe minato la collaborazione dei cetnici. VaInfine va rilevato che la consegna degli ebrei sarebbe stata un atto di penosa condiscendenza nei confronti della Germania, prepotente alleato e rivale: sottrarvisi era anche segno di autonomia e di prestigio politico.<sup>[39]</sup>
<br />[[File:Arbe_laboratorio_calzolai.jpg|link=https://it.wikipedia.org/wiki/File:Arbe_laboratorio_calzolai.jpg|destra|miniatura|Baracca adibita al lavoro dei calzolai]]
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