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Nelle intenzioni dell’Asse lo stato croato, divenuto indipendente e governato dagli ustascia, doveva rimanere una sorta di tranquillo satellite per favorire la stabilizzazione della provincia di Lubiana; tuttavia gli italiani rimangono stanziati in Croazia, essendo scoppiato nell’aprile del 1941  il conflitto tra questi ultimi e la componente serba della popolazione, duramente perseguitata in quelli che sono stati chiamati “massacri ustascia”. I militari italiani si trovano nella difficile situazione di alleati di un regime sanguinario che commette stragi indiscriminate di civili, scegliendo spesso di proteggere in vario modo i serbi. <ref>Gobetti, ''L'occupazione allegra'' pp.; ''Alleati del nemico'' pp. 26-30; Monzali, ''La difficile alleanza con la Croazia ustascia'', in Caccamo Monzali, ''L'ocupazione italiana della Jugoslavia (1941-43)'' </ref>
 
Nel giugno del 1941,  in seguito all’invasione nazista dell’Urss, scoppia una vasta e eterogenea insurrezione contro l’occupantein cui assumono rilievo i partigiani del Partito Comunista  Jugoslavo guidati da Josip Broz detto Tito, unica forza panjugoslava attiva su tutto il territorio;  in Croazia, a causa dei massacri, esplode la rivolta antiustascia egemonizzata da nuclei di nazionalisti serbi (cetnici) a cui partecipano anche  gruppi di partigiani comunisti. L’esercito italiano, stanziato anche nelle zone 2 e 3, interviene con lo scopo di mantenere l’ordine, intensificando il dialogo con i cetnici, secondo il Regio Esercito alleati più affidabili dei sanguinari e irrazionali ustascia, causando il risentimento di questi ultimi;,che rimangono comunque interlocutori di riferimento dei gerarchi fascisti. <ref>Gobetti, ''Alleati del nemico'' pp. 32-33 </ref>
 
Il peso della resistenza comunista cresce  e si consolida al punto da spingere gli ustascia ad allearsi di fatto con i cetnici, diventando entrambi truppe ausiliarie della II Armata posta sotto il comando del generale Roatta.
 
L’avanzata partigiana sottrae molte aree all'esercito di occupazione e in Slovenia, sotto l’egida del Fronte di liberazione, la lotta armata si diffonde nella provincia di Lubiana. <ref>Gobetti, ''Alleati del nemico'' pp. 33-38 </ref>
 
Per contrastarla Roatta emana nel marzo 1942 la circolare 3C, che stabilisce punto per punto l'operato della II armata in Jugoslavia e che verrà aggiornata più volte restando in vigore fino all’armistizio dell’ 8 settembre 1943. La circolare ufficializza quanto era già emerso dalle disposizioni del gennaio 1942, ovvero il passaggio dalla condizione di occupazione alla condizione di guerra in cui il nemico è costituito  dalla resistenza slava; pertanto occorre diffidare della popolazione civile, base e complice della resistenza, anche se sembra indifesa e innocua. Secondo la tattica della “terra bruciata” la rappresaglia non deve seguire la formula "dente per dente", ma "testa per dente". La circolare ordina  rastrellamenti, distruzioni di villaggi, cattura di ostaggi, deportazioni, confische dei beni e l'internamento sia protettivo che repressivo nelle aree annesse e occupate. <supref>[8], Comando superiore FFAA Slovenia e Dalmazia (II Armata)''Circolare 3C'' </supref>. Inoltre Roatta istituisce un tribunale di guerra che adotta come soluzione prevalente l’internamento per le famiglie dei partigiani e dei sospetti tali: i prigionieri vengono dislocati in vari campi di concentramento, in Jugoslavia e in Italia. In Jugoslavia sorgono diversi campi; i principali sono tre: Arbe (Rab) per il quadrante adriatico settentrionale (Slovenia e Fiumano); Melada (Molat) per il quadrante centrale (Dalmazia) e Mamuka-Prevlaka per il quadrante meridionale (parte del Montenegro)
 
== Il campo ==