Servilia (madre di Marco Giunio Bruto): differenze tra le versioni
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Servilia apparteneva ad una delle più influenti famiglie patrizie romane. Suo padre, [[Quinto Servilio Cepione (proconsole)|Quinto Servilio Cepione]], era stato [[questore (storia romana)|questore]] nel 100 a.C. e [[pretore (storia romana)|pretore]] nel 91. Sua madre, Livia, era figlia di [[Marco Livio Druso (console 112 a.C.)|Marco Livio Druso]], [[console (storia romana)|console]] nel 112 a.C. e sorella dell’omonimo [[tribuno della plebe]] del 91 a.C. Da questo matrimonio nacquero presumibilmente tre figli: la nostra Servilia; un’omonima figlia minore che secondo [[Plutarco]] sposò [[Lucio Licinio Lucullo]] console nel 74 e che fu ripudiata a causa della sua cattiva condotta<ref>Plutarco, ''Vite Parallele'': ''Lucullo'' 38,1; ''Catone Uticense'': 24,4</ref>; infine un [[Quinto Servilio Cepione (questore)|Quinto Servilio Cepione]], questore nel 67 a. C. e sposo di [[Ortensia]].
Nel 98 a.C. Livia divorziò da Cepione e sposò [[Marco Porcio Catone]]<ref name="ref_A">Münzer, 1999, p. 274</ref>. Dal loro matrimonio nacquero altri due figli: il famoso [[Marco Porcio Catone Uticense|Marco Porcio Catone]] detto l’Uticense e Porcia, fratellastri di Servilia. Ben presto sia la madre che il patrigno persero la vita e Servilia fu allevata ed educata nella casa dello zio [[Marco Livio Druso (tribuno)|Marco Livio Druso]], insieme a Catone e Porcia<ref>Plutarco, ''Vite Parallele'': ''Catone Uticense'' 1,1-2</ref>. I loro genitori morirono tra il 95 (anno di nascita di Marco) e il 91 a.C. (anno in cui Catone era già ospite dello zio). Münzer, riportando i frammenti della ''Pro Scauro'' di [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]] tramandati da [[Quinto Asconio Pediano|Asconio]], sottolinea come Servilia avesse una sorta di «autorità materna» nei confronti del fratello [[Marco Porcio Catone Uticense|Catone]]<ref
Secondo [[Plutarco]], Servilia discendeva da [[Gaio Servilio Strutto Ahala|Gaio Servilio Ahala]]<ref>Plutarco, ''Vite Parallele'': ''Bruto'' 1,5</ref>, l’uomo che, come narra la leggenda, salvò la patria nel 439 a.C. uccidendo l’usurpatore Melio con un pugnale nascosto sotto l’ascella. Probabilmente si trattava di un mito eziologico, inventato per spiegare il ''[[cognomen]] Ahala'' o ''Axilla'', cioè ascella, portato dalla ''[[gens Servilia]]''.
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=== La relazione adulterina con Cesare ===
[[File:Bust of Gaius Iulius Caesar in Naples.jpg|thumb|Busto raffigurante [[Gaio Giulio Cesare]], amante di Servilia.]]
Sin da giovanissimi, [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] e Servilia divennero amanti e, come apprendiamo da [[Gaio Svetonio Tranquillo|Svetonio]], «ANTE ALIAS DILEXIT MARCI BRUTI MATREM SERVILIAM»<ref name="ref_D">Svetonio, ''Cesare'': 50</ref>, cioè «Cesare amò Servilia, la mamma di [[Marco Giunio Bruto|Marco Bruto]], più di ogni altra». La loro relazione è attestata all’epoca del matrimonio di Servilia con [[Decimo Giunio Silano|D. Giunio Silano]], ma non è da escludere che essa sia addirittura precedente ai due matrimoni. In ogni caso, furono amanti per vent’anni<ref name="ref_B">Salisbury, 2001, p. 319</ref>.
Grazie a [[Plutarco]], apprendiamo come l’amore tra [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] e Servilia fosse di pubblico dominio. Nelle Vite di [[Marco Giunio Bruto|Bruto]] e [[Marco Porcio Catone Uticense|Catone Uticense]] si narra, infatti, che il 5 dicembre del 63 a.C., durante un dibattito in senato circa la [[Lucio Sergio Catilina|Congiura di Catilina]], [[Marco Porcio Catone Uticense|Catone]] e [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] fossero in piedi come rappresentanti di due fazioni opposte: [[Marco Porcio Catone Uticense|Catone]] era il più insigne rappresentante degli ''[[Ottimati|optimates]]'', mentre [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] sposò la causa dei ''[[populares]]''. In quel momento, fu recapitata una tavoletta indirizzata a [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] e [[Marco Porcio Catone Uticense|Catone]] lo accusò di ricevere informazioni e messaggi da parte dei nemici dello stato. Per far cadere le accuse di complotto, [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] porse la tavoletta all'[[Marco Porcio Catone Uticense|Uticense]], che poté leggere un audace messaggio amoroso della sorella Servilia. Quest'ultimo, inalberato, lanciò la tavoletta a [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] e disse: «Tieni, ubriaco!»<ref>Plutarco, ''Vite parallele'': ''Bruto'' 5, 3-4; ''Catone Uticense'' 24,1-3</ref>, per poi riprendere dall'inizio il suo discorso. Sebbene l’episodio sia tramandato da [[Plutarco]], non siamo del tutto certi che le parole pronunciate da [[Marco Porcio Catone Uticense|Catone]] siano state esattamente queste; ciò che conta è che questo episodio deve aver alimentato la sua avversione nei confronti di [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]].
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Fu una donna sicuramente molto ricca, come attesta un’iscrizione funeraria di un [[liberto]]: «Stefano, il liberto di Servilia, moglie di Silano»<ref>Münzer, 1999, p. 451</ref>. Il nome di Servilia è inoltre legato a quello degli “''Horti Serviliani''”, i giardini di famiglia, tramandati dalla letteratura e dalle iscrizioni come giardini pubblici della tarda [[Repubblica romana|età repubblicana]], pieni di opere d’arte.
Nel 60 a.C. circa il marito di Servilia morì, ma lei decise di non risposarsi e di mandare avanti la relazione con [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]], cercando di sfruttare a proprio vantaggio la sua posizione per aiutare suo figlio [[Marco Giunio Bruto|Bruto]]<ref
Servilia utilizzò la stessa “politica dinastica” con le tre figlie avute dal secondo matrimonio, ma i suoi progetti ambiziosi furono gravemente compromessi dall'appoggio di Catone a Pompeo e dallo scoppio della [[Guerra civile romana (49-45 a.C.)|guerra civile]]<ref>Syme, 1939, p. 69</ref>.
=== Servilia, tra Cesare e Bruto ===
Nel [[49 a.C.|49 a.C]]. scoppiò la [[Guerra civile romana (49-45 a.C.)|guerra civile]], con la rottura del [[Primo triumvirato|Primo Triumvirato]] e a [[Marco Giunio Bruto|Bruto]] toccò scegliere se appoggiare [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]], l’amante di sua madre, o [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]], l’assassino di suo padre. Bruto odiava Pompeo sin da bambino e già nel 52 a.C. lo aveva accusato di essere «nemico della libertà», ma Pompeo aveva il supporto degli [[ottimati]] e dunque di suo zio Catone, per il quale Bruto aveva sempre avuto una predilezione<ref name="ref_C">Salisbury, 2001, p. 320</ref>; al contrario Bruto osteggiava la relazione scandalosa tra Cesare e Servilia ed era anche convinto che il partito di Cesare fosse un male per [[Roma]]. Bruto quindi appoggiò Pompeo e si recò insieme allo zio Catone a [[Battaglia di Farsalo|Farsalo]], dove Cesare sconfisse definitivamente Pompeo.
Bruto dopo la sconfitta raggiunse Cesare, che nonostante tutto nutriva nei suoi confronti affetto e simpatia ed ebbe il suo perdono. Infatti, secondo [[Plutarco]], Cesare diede addirittura disposizioni ai generali del suo esercito di non ucciderlo in battaglia e di risparmiarlo<ref>Plutarco, ''Bruto'': 5,1</ref>. Questo atteggiamento fu sicuramente dettato dal desiderio di compiacere Servilia e di non arrecarle dolore. Tuttavia, [[Appiano di Alessandria|Appiano]] riferisce una diceria secondo la quale Bruto sarebbe in realtà figlio di Cesare<ref>Appiano, ''Guerre civili'', II 112, 468</ref>. Plutarco non conferma né smentisce la teoria, ma si limita ad affermare che la nascita di Bruto determinò «in Cesare la convinzione che il piccolo fosse suo figlio»<ref>Plutarco, ''Bruto'': 5,2</ref>, poiché proprio in quel momento la passione tra i due era al culmine. Sono in corso ancora accesi dibattiti circa questo punto. Ciò che sappiamo con certezza è che Bruto e Cesare si riconciliarono e che al figlio di Servilia furono conferiti incarichi importantissimi, come quello di governatore della [[Gallia Cisalpina]]<ref
=== I profitti delle confische ===
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===Il ruolo di Servilia dopo la morte di Cesare===
Bruto negli ultimi mesi precedenti all'assassinio tornò ad assumere l’iniziale posizione ottimate, forse a causa della predilezione di Cesare per [[Augusto|Ottaviano]] o per l’influenza di [[Gaio Cassio Longino]]<ref
Dopo la morte di Cesare, l’influenza di Servilia all'interno dei gruppo dei Liberatori è attestata dalle lettere di [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]]. Ella cercò di restare in contatto con i [[Cesariani]] e chiese più volte consiglio a Cicerone e al suo fedele amico e consulente Attico. Il 5 giugno, su istruzione di [[Marco Antonio|Antonio]], il [[Senato romano|Senato]] affidò a Bruto e Cassio il compito di sovraintendere l’acquisto di grano nelle province dell’[[Asia]] e della [[Sicilia]]: si trattava di un chiaro pretesto per mandarli in [[esilio]] con un incarico onorifico<ref>Syme, 1939, p. 116</ref>. Bruto e Cassio erano incerti se accettare, così ad [[Anzio (città antica)|Anzio]] venne indetta una riunione di famiglia, presieduta proprio da Servilia, in cui si discusse la questione. Erano presenti anche Tertulla, Porcia, Favonio e Cicerone. Quest’ultimo consigliò a Bruto di accettare l’incarico e partire per l’Asia, poiché «non restava altro da pensare, se non che egli si salvasse; ed era questo anche un mezzo per salvare la repubblica»<ref>Cic., ''Ad Att''., 15,11,1</ref>. Cassio però era contrario e Servilia promise di sfruttare la propria influenza per far revocare il provvedimento preso dal Senato<ref>Cic., ''Ad Att.'', 15,11,2</ref>. Secondo Mommsen così avvenne e nessun’altra decisione fu presa<ref>Münzer, 1999, p. 352</ref>. Tuttavia con l’arrivo di Ottaviano la situazione si volse a loro svantaggio e furono costretti a partire per le province.
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