Zecca di Lucca: differenze tra le versioni

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==La storia==
La '''Zecca di Lucca''' fu aperta nel [[650]] e ha continuato la propria attività per circa dodici secoli<ref name="Cecchinato">{{cita|Cecchinato, Sissia e Vagni, ''I denari “enriciani” di Lucca''|p. 1.}}</ref>, dai [[Longobardi]] fin verso la metà del [[XIX secolo]], durante i quali ha prodotto oltre duemila1 tipi monetali.
A differenza di altre, la [[Zecca (moneta)|zecca]] lucchese è stata oggetto di studi anche da parte di personaggi illustri come [[Domenico Massagli]] e [[Giulio Cordero di San Quintino]]<ref>{{cita|Massagli|p. 9.}}</ref>, forse anche a causa della sua longevità.
Fin dall’inizio [[Lucca]] si collocò come la [[Zecca (moneta)|zecca]] più importante del [[Regno Longobardo]] dopo quella di [[Zecca di Pavia|Pavia]]. Inizialmente si dedicò alla produzione di [[Tremisse|''Tremissi d’oro'']] anonimi su cui era riportato il nome della città, dal [[749]] batté invece un ''[[tremisse]]'' dedicato ad [[Astolfo (re)|Astolfo]] [[Re dei Longobardi]], seguito poi un ''[[Tremisse]]'' per [[Desiderio (re)|Desiderio]], [[Re d’Italia]] dal [[756]] al [[774]].
 
Dopo la caduta del dominio longobardo s'instaurò il [[Regno Franco]] di [[Carlo Magno]] durante il quale l’attività della [[Zecca (moneta)|zecca]] continuò inizialmente la produzione dei [[Tremisse|''Tremissi d’oro'']] tipici del [[Regno Longobardo]], restando l’unica [[Zecca (moneta)|zecca]] toscana a battere [[moneta]] dopo l’ascesa al potere [[Carolingi|carolingia]]. Dal [[781]]<ref>{{cita| name="Cecchinato, Sissia e Vagni, ''I denari “enriciani” di Lucca''|p." 1.}}</ref> decise di applicare anche al [[Regno d'Italia (781-1014)|Regno Italico]] le riforme carolinge imponendo il ritiro dell’oro e la sua sostituzione con monete d’argento.
Essendo situata nei pressi di uno dei principali valichi degli [[Appennini]], [[Lucca]] poteva godere di una posizione strategica, e probabilmente fu anche questo il motivo per cui fu una delle poche officine longobarde che [[Carlo Magno]] decise di lasciare aperte dopo la riforma monetaria.
 
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Fra il [[X secolo|X]] e il [[XI secolo]] questo equilibrio venne a mancare e si verificò un importante e rapido svilimento dei denari delle quattro principali zecche, le quali producevano gran parte della [[moneta]] in circolazione sul territorio.
Lo svilimento della [[moneta]] non fu però un segno di debolezza, ma piuttosto un segno di vivacità economica in forte crescita<ref name="Cecchinato_A">{{cita|Cecchinato, Sissia e Vagni, ''I denari “enriciani” di Lucca''|p. 2.}}</ref>. In particolare per una [[città-stato]] piccola come quella di [[Lucca]], i commerci richiedevano una quantità di [[moneta]] maggiore, ma la disponibilità di mercato dell’argento era ben inferiore rispetto alla richiesta effettiva<ref>{{cita|Cecchinato, Sissianame="Cecchinato_A" e Vagni, ''I denari “enriciani” di Lucca''|p. 2.}}</ref>, perciò fu ritenuto più utile avere in circolazione una grande quantità di pezzi di basso valore piuttosto che concentrarsi su monete di metallo migliore. L’impoverimento del nominale serviva inoltre per tenere a bada il fenomeno della [[Terminologia numismatica|tosatura]] delle monete nuove<ref>{{cita|Cecchinato, Sissianame="Cecchinato_A" e Vagni, ''I denari “enriciani” di Lucca''|p. 2.}}</ref>.
 
La forte espansione economica e il conseguente fabbisogno di monete comportarono l’apertura di nuove zecche e molte città italiane<ref>{{cita|Cecchinato, Sissianame="Cecchinato_A" e Vagni, ''I denari “enriciani” di Lucca''|p. 2.}}</ref>.
Tutta questa situazione finì per distruggere la precedente unitarietà concernente la valutazione delle monete d’argento così che il valore dei denari prodotti da ogni [[Zecca (moneta)|zecca]] finirono per divergere anche in modo notevole.
La mancanza di un forte potere centrale comportò inevitabilmente una competitiva corsa allo svilimento della propria [[moneta]] da parte delle nuove zecche, questo al fine di ottenere maggiori profitti e vantaggi per i propri mercati.
 
Nel caso della [[Zecca (moneta)|zecca]] lucchese l’inesorabile svalutazione dei denari d’argento è particolarmente evidente dal Regno di [[Enrico II il Santo|Enrico II]].
Negli utili anni, grazie a tecniche particolari, è stato possibile stabilire con precisione la composizione chimica interna del denaro ''Lucensis'': nonostante verso la fine dell’[[XI secolo]] fosse ancora di buon argento, all’inizio del [[XII secolo]] non era altro che rame appena imbiancato<ref>{{cita|Cecchinato, Sissianame="Cecchinato_A" e Vagni, ''I denari “enriciani” di Lucca''|p. 2.}}</ref>.
Ad eccezione delle monete coniate nel periodo di dominazione ottoniana (detti denari ottoniani), la [[moneta]] coniata dalla [[Zecca (moneta)|zecca]] lucchese si trovò solitamente a ricoprire il ruolo di [[Legge di Gresham|moneta cattiva]] e, proprio per questo motivo, la sua tesaurizzazione non avrebbe prodotto alcun frutto.