Paolo Giovio: differenze tra le versioni

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===L'epilogo del papato di Clemente VII: lo scisma anglicano e il riavvicinamento alla Francia===
Al termine della campagna militare contro gli Ottomani, Carlo V e il pontefice si incontrano nuovamente a Bologna nell'inverno del 1532, dove i colloqui si protraggono fino al febbraio del 1533. La reciproca diffidenza non consente il ripetersi dell'intesa verificatasi nel 1530. Clemente chiede di ottenere il controllo sulla città di [[Modena]] e [[Reggio Emilia]], senza successo. La conseguenza è quella di spingere il papa a conseguire apertamente una rinnovata intesa con Francesco I di Francia, concedendo in sposa [[Caterina de' Medici]] al secondogenito del re transalpino, [[Enrico II di Francia|Enrico duca di Orleans]]. Di fronte a questa iniziativa diplomatica, l'imperatore, che aveva bisogno dell'appoggio del papa per poter realizzare una pacificazione con i Protestanti, non solleva soverchie obiezioni. Tuttavia, ancora una volta, il pontefice, invece di convocare il tanto atteso Concilio, tenta di rabbonire Carlo, aderendo a una delle sue richieste, ovvero dando corso all'annullamento ufficiale del divorzio tra Caterina d'Aragona e il re inglese [[Enrico VIII d'Inghilterra|Enrico VIII]], che nel frattempo aveva sposato nel, gennaio 1533, [[Anna Bolena]]<ref>vedi sezione precedente</ref>, che con questo atto viene scomunicato. Questa presa di posizione del Pontefice, è giudicata assai negativamente da Giovio, che " vi scorse la solita incapacità di Clemente di prevedere le conseguenze delle proprie azioni"<ref name=Ceccoli/>. In effetti, come prefigurato da Giovio, la reazione della Corona inglese porterà all'approvazione, il 3 novembre 1534, da parte del Parlamento inglese del ''[[Atto di Supremazia|Supremacy Act]]''. Provvedimento fortemente voluto da re Enrico per diverse ragioni: non solo il definitivo annullamento papale del divorzio con la precedente moglie, ma anche per la preoccupazione politica del re per la diffusione dei movimenti riformati nel territorio britannico e, non ultimo, per i problemi legati alla successione al trono della dinastia Tudor, non avendo il sovrano ancora avuto eredi maschi. L'atto con cui si riconosce il re come capo supremo della chiesa nazionale, rafforzato subito dopo dall'approvazione parlamentare del {{collegamento interrotto|1=[httphttps://www.britannica.com/facts/.../Act-of-Treason-as-discussed-in-United-Kingdom ''Treason Act''] |date=marzo 2018 |bot=InternetArchiveBot }}, che prevede l'accusa di alto tradimento per chi non riconosca la nuova autorità religiosa del sovrano sancisce di fatto la rottura tra Roma e la Corona inglese (sebbene Enrico rimanga temporaneamente pro forma ancora un re cattolico)<ref>Una delle vittime eccellenti di questa legge sarà [[Tommaso Moro|Thomas Moore]], che pure in qualità di primo ministro aveva precedentemente sancito la dichiarazione di annullamento del primo matrimonio del sovrano, ma non accetterà successivamente di riconoscere il re come capo della nuova Chiesa</ref>, originando un vero e proprio [[scisma]] religioso e la conseguente nascita della [[Chiesa anglicana]].<ref>Atti successivi, fortemente propugnati dal nuovo primo ministro [[Oliver Cromwell]], saranno l'abolizione del versamento a Roma dell'[[Obolo di San Pietro]], la confisca dei beni dei monasteri minori (con l'esito di rimpinguare le casse reali) e la progressiva chiusura dei monasteri</ref> Nel corso dei colloqui bolognesi, "la corte papale venne a conoscenza di un'ambasceria etiopica presso la corte portoghese, che risvegliò in molti la curiosità per il mitico regno cristiano medievale del [[Prete Gianni]].<ref name=Ceccoli/> Le notizie riportare dai viaggiatori "suscitarono molta curiosità in Giovio, che nel libro XVIII delle sue ''Storie'', diede una descrizione accurata dell'[[Etiopia]], accurata, anche se ricca di elementi ancora un po' fantastici come la leggenda dell'unicorno"<ref name=Ceccoli/>. Al termine degli incontri tra Clemente e l'imperatore, in cui si rinnova il patto di alleanza tra il capo della Chiesa cattolica e Carlo V, il pontefice fa ritorno con la propria corte a Roma, dove Giovio rientra in aprile.
Nel successivo mese di settembre, al seguito della corte pontificia, Giovio si trova a [[Marsiglia]], dove si celebrano le nozze tra il figlio di Francesco I e Caterina de' Medici. In questa città, "continuando nella sua spregiudicata diplomazia a due velocità"<ref name=Ceccoli/> Clemente incontra il re di Francia. "Gli scritti dello storico comasco non consentono certo di schierarlo fra i partigiani di una politica filofrancese, tuttavia lo spirito d'indagine e la curiosità di quei giorni permisero a Giovio di valutare positivamente la personalità di Francesco I, che volle conoscere personalmente, anche per chiedergli diretta testimonianza della battaglia di Pavia".<ref name=Ceccoli/> Durante il viaggio di ritorno Giovio si ammala e si espone al rischio di un naufragio. Riesce a riparare presso alcuni conoscenti ad [[Albenga]] e finalmente rientrare a Como nel mese di dicembre. "Il ritorno in patria fu un evento per la città e la famiglia, che, invece, del giovane medico che avevano lasciato più di dieci anni prima, riconobbero un importante uomo di mondo. Il soggiorno lariano gli riservò più di una soddisfazione, vide come erano stati ampliati i locali della residenza di famiglia, lesse la storia di Como completata in quegli anni dal fratello, cui sottopose i manoscritti della sua storia universale, e apprezzò i tentativi del rinnovato dominio sforzesco nel ripristinare, dopo anni di occupazione militare, il naturale svolgersi della vita economica e civile"<ref name=Ceccoli/>. Rimessosi in forze, Giovio torna a Roma, convinto che la lontananza dall'Urbe non avrebbe giovato al mantenimento dei benefici acquisiti presso la corte papale, e vi arriva nel maggio del 1534, alla vigilia della morte di Papa Clemente. "Con toni e considerazioni molto simili a quelle di Machiavelli, Giovio considerò la personalità del defunto papa come quella di un uomo buono ma debole, aggiungendo che, nella sua posizione e per le sue responsabilità, la bontà senza la forza non erano molto diverse dal vizio e dalla malvagità. La forza e la capacità di giudizio, che pure in qualche misura possedeva, erano indebolite dalla mancanza di rapidità nella decisione e dall'avarizia; mentre si attardava a decidere come, quando e quanto doveva spendere, il più delle volte perdeva le occasioni di agire che gli si presentavano"<ref name=Ceccoli/>. Allo stesso tempo, allo scrittore, come ad altri, non sfugge che i colloqui di Marsiglia hanno gettato le basi per una nuova guerra in Italia; in particolare lo sposalizio che imparenta la famiglia de' Medici con la dinastia regnante francese, che si inserisce nel quadro di una politica matrimoniale di alleanze<ref>Carlo aveva predisposto l'unione tra la propria nipote [[Cristina di Danimarca]] con [[Francesco II Sforza]] duca di Milano, nonché quella della propria figlia naturale [[Margherita d'Austria|Margherita]] con [[Alessandro de' Medici (duca di Firenze)|il duca di Firenze Alessandro de' Medici]]; dal canto suo Francesco I concede in sposa la propria cognata [[Renata di Francia]] a [[Ercole II d'Este]], duca di Ferrara</ref> attraverso la quale Carlo V e Francesco I cercano di raggiungere la supremazia su buona parte dei territori europei che non hanno ottenuto sul campo di battaglia, che avvantaggia non poco la Corona transalpina, spingendola a riprendere l'iniziativa militare contro l'imperatore e la Spagna. Iniziativa che si spinge fino a raggiungere un accordo con il Sultano di Costantinopoli, che prevede l'apertura di un secondo fronte di aggressione nel Mediterraneo contro l'Impero da parte Ottomana, condotta soprattutto per iniziativa di [[Khayr al-Din]], meglio conosciuto come pirata (in realtà corsaro) Barbarossa, tesa a costringere l'Asburgo a cedere ai transalpini parte dei territori italiani sotto la sua influenza più o meno diretta. Per queste e altre ragioni è altrettanto chiaro, per Giovio, che Clemente lascia un'eredità politica assai complicata e difficile, al pari dei suoi predecessori.