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Il '''campo di concentramento di Arbe''' fuviene istituito dal comando della [[Regio Esercito|Seconda Armata italiana]] nel luglio del [[1942]] ad [[Arbe]] nel [[Carnaro]] ed ospitòha ospitato complessivamente tra i 10.000 e 15.000 internati tra [[Slovenia|sloveni]], [[Croazia|croati]] ed [[Ebreo|ebrei]] diventando il più esteso e popolato [[Campi di concentramento per slavi|campo di concentramento italiano per slavi]]. Il campo si caratterizzòcaratterizza per la durezza del trattamento riservato agli internati di etnia slava<ref name="autogenerato2">{{cita|Oliva, ''Si ammazza troppo poco''|p. 131}}; Gobetti, ''Alleati del nemico'', p. 87</ref>, dei quali un gran numero perìmuore di stenti e malattie. Inoltre 3.500 [[ebrei]] fuggiti dagli [[ustascia]] croati furonovengono qui internati dal Regio Esercito italiano evitando così la deportazione.<ref>De Felice, ''Rosso e Nero'', p. 161; Cattaruzza, ''L'Italia e il confine orientale'', p.214; Oliva, p. 131,271</ref>
 
== Contesto storico ==
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Il 6 aprile 1941 le forze [[Nazifascismo|nazifasciste]] sulla base di una comune decisione aggrediscono la Jugoslavia. La Jugoslavia viene divisa in zone d'occupazione e di influenza italiana e [[Germania|tedesca]]. L'area di influenza italiana è divisa in tre zone, con parte della Slovenia, zona 1, direttamente annessa al [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]]; quando le truppe italiane arrivano a [[Lubiana]] l’esercito jugoslavo, già sbandato a causa dell’attacco tedesco, non oppone resistenza.<ref>Gobetti, ''L'occupazione allegra'' p.44 </ref>
 
Nelle intenzioni dell’Asse lo stato croato, divenuto indipendente e governato dagli ustascia, doveva rimanere una sorta di tranquillo satellite per favorire la stabilizzazione della provincia di Lubiana; tuttavia gli italiani rimangono stanziati in Croazia, essendo scoppiato nell’aprile del 1941  il conflitto tra questi ultimi e la componente serba della popolazione, duramente perseguitata in quelli che sono stati chiamati “massacri ustascia”. I militari italiani si trovano nella difficile situazione di alleati di un regime sanguinario che commette stragi indiscriminate di civili, scegliendo spesso di proteggere in vario modo i serbi. <ref>Gobetti, ''L'occupazione allegra'' pp.; ''Alleati del nemico'' pp. 26-30; Monzali, ''La difficile alleanza con la Croazia ustascia'', in Caccamo Monzali, ''L'ocupazione italiana della Jugoslavia (1941-43)'' </ref>
 
Nel giugno del 1941,  in seguito all’invasione nazista dell’[[Urss]], scoppia una vasta e eterogenea insurrezione contro l’occupante in cui assumono rilievo i partigiani del Partito Comunista  Jugoslavo guidati da [[Josip Broz]] detto Tito, unica forza panjugoslava attiva su tutto il territorio;  in Croazia, a causa dei massacri, esplode la rivolta antiustascia egemonizzata da nuclei di nazionalisti serbi ([[cetnici]]) a cui partecipano anche  gruppi di partigiani comunisti. L’esercito italiano, stanziato anche nelle zone 2 e 3, interviene con lo scopo di mantenere l’ordine, intensificando il dialogo con i cetnici, secondo il Regio Esercito alleati più affidabili dei sanguinari e irrazionali ustascia, causando il risentimento di questi ultimi,che rimangono comunque interlocutori di riferimento dei gerarchi fascisti. <ref>Gobetti, ''Alleati del nemico'' pp. 32-33 </ref>
 
Il peso della resistenza comunista cresce  e si consolida al punto da spingere gli ustascia ad allearsi di fatto con i cetnici, diventando entrambi truppe ausiliarie della II Armata posta sotto il comando del [[Mario Roatta|generale Roatta]].
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L’avanzata partigiana sottrae molte aree all'esercito di occupazione e in Slovenia, sotto l’egida del Fronte di liberazione, la lotta armata si diffonde nella provincia di Lubiana. <ref>Gobetti, ''Alleati del nemico'' pp. 33-38 </ref>
 
Per contrastarla Roatta emana nel marzo [[1942]] la circolare 3C, che stabiliscefaccia puntoda direttiva per punto l'operato dellala II armataArmata in Jugoslavia, e che verrà aggiornata più volte restandorimasta in vigore fino all’[[Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943|armistizio dell’ 8 settembre 1943]]. La circolare ufficializza quanto era già emerso dalle disposizioni del gennaio 1942, ovvero il passaggio dalla condizione di occupazione alla condizione di guerra in cui il nemico è costituito  dalla resistenza slava; pertanto occorre diffidare della popolazione civile, base e complice della resistenza, anche se sembra indifesa e innocua. Secondo la tattica della “[[terra bruciata]]” la rappresaglia non deve seguire la formula "dente per dente", ma "testa per dente". La circolare ordina  rastrellamenti, distruzioni di villaggi, cattura di ostaggi, deportazioni, confische dei beni e l'internamento sia protettivo chesia repressivo nelle aree annesse e occupate. <ref>, Comando superiore FFAA Slovenia e Dalmazia (II Armata)''Circolare 3C'' </ref>. Inoltre Roatta istituisce un tribunale di guerra che adotta come soluzione prevalente l’internamento per le famiglie dei partigiani e dei sospetti tali: i prigionieri vengono dislocati in vari campi di concentramento, in Jugoslavia e in Italia. In Jugoslavia sorgono diversi campi; i principali sono tre: Arbe (Rab) per il quadrante adriatico settentrionale (Slovenia e Fiumano); [[Melada]] (Molat) per il quadrante centrale (Dalmazia) e Mamuka-Prevlaka per il quadrante meridionale (parte del [[Montenegro]])
 
== Il campo ==
[[File:Inmate_children_at_the_Rab_concenctration_camp.jpg|link=https://it.wikipedia.org/wiki/File:Inmate_children_at_the_Rab_concenctration_camp.jpg|miniatura|Bambini internati ad Arbe]]
Il campo di Arbe, divenuto il più noto tra quelli italiani in Jugoslavia per il suo alto tasso di mortalità, aveva una capienza di circa 10.000 persone. Nelle intenzioni del [[Mario Robotti|generale Mario Robotti]] Arbe doveva essere “Arbissima”,  il modello del campo di concentramento al suo massimo livello di rigore <sup>[9]</sup>.  Come gli altri campi per slavi, situati in Jugoslavia e nel nord-est italiano, rientrava nella rete parallela gestita dal Regio Esercito che, a differenza dei campi di internamento dipendenti dal Ministero degli Interni, era extra legem, svincolata dalla normativa ufficiale e sottratta al controllo della [[Croce Rossa Internazionale]], in aperta violazione della IV Convenzione dell’Aja del [[1909]] e della [[Convenzione di Ginevra]]. <sup>[10]</sup>
 
 
Secondo lo storico [[Tone Ferenc]] la necessità di allestire un grande campo di concentramento sull'isola di Arbe si era già fatta sentire nel maggio 1942 a seguito della saturazione dei campi di [[Laurana]](Lovran), [[Buccari]](Bakar) e [[Porto Re|Porto Re (Kraljevica)]]<sup>[12]</sup>. Nell'estate 1942, per far fronte alla necessità di provvedere all'internamento dei numerosi rastrellati nel corso delle operazioni estive in Slovenia, le autorità militari italiane della Seconda Armata costruirono in gran fretta ad Arbe<sup>[2][13]</sup>(più esattamente nella località di [[Campora]]), un campo di concentramento per i civili slavi delle zone occupate della Slovenia in cui furono internati anche alcuni civili della vicina [[Venezia Giulia]].
 
Secondo lo storico [[Tone Ferenc]] la necessità di allestire un grande campo di concentramento sull'isola di Arbe si era già fatta sentire nel maggio 1942 a seguito della saturazione dei campi di [[Laurana]] (Lovran), [[Buccari]] (Bakar) e [[Porto Re|Porto Re (Kraljevica)]]<sup>[12]</sup>. Nell'estate 1942, per far fronte alla necessità di provvedere all'internamento dei numerosi rastrellati nel corso delle operazioni estive in Slovenia, le autorità militari italiane della Seconda Armata costruironocostruiscono in gran fretta ad Arbe<sup>[2][13]</sup> (più esattamente nella località di [[Campora]]), un campo di concentramento per i civili slavi delle zone occupate della Slovenia in cui furonovengono internati anche alcuni civili della vicina [[Venezia Giulia]].
Inizialmente concepito per internare 20-25000 prigionieri e ridimensionato intorno ai 10-11000 posti,  prevedeva la costruzione di quattro settori distinti, ma all'arrivo dei primi internati erano pronte solamente le baracche di servizio ed erano disponibili per gli internati soltanto un migliaio di tende militari da sei posti<sup>[1][8]</sup>. Il primo gruppo giunse ad Arbe il 28 giugno 1942 ed era composto da 198 sloveni provenienti da Lubiana mentre un secondo gruppo di 243 arrivò il 31 agosto<sup>[1]</sup>Complessivamente furono portati ad Arbe 27 gruppi di internati di cui il più cospicuo fu di 1194 persone giunte il 6 agosto<sup>[1]</sup>. Dei quattro campi inizialmente immaginati ne furono realizzati solo tre. Nel 1° e nel 3° furono inseriti i "repressivi" (soprattutto sloveni), mentre nel 2° furono inseriti i "protettivi" (soprattutto ebrei)<sup>[1]</sup>.
 
Inizialmente concepito per internare 20-25000 prigionieri e ridimensionato intorno ai 10-11000 posti,  prevedeva la costruzione di quattro settori distinti, ma all'arrivo dei primi internati erano pronte solamente le baracche di servizio ed erano disponibili per gli internati soltanto un migliaio di tende militari da sei posti<sup>[1][8]</sup>. Il primo gruppo giunsegiunge ad Arbe il 28 giugno 1942 ed eraè composto da 198 sloveni provenienti da Lubiana, mentre un secondo gruppo di 243 arrivòarriva il 31 agosto. <sup>[1]</sup> Complessivamente furonovengono portati ad Arbe 27 gruppi di internati di cui il più cospicuo fuè di 1194 persone giunte il 6 agosto<sup>[1]</sup>. Dei quattro campi inizialmente immaginati ne furonovengono realizzati solo tre. Nel 1° e nel 3° furonovengono inseriti i "repressivi" (soprattutto sloveni), mentre nel 2° furono inseriti i "protettivi" (soprattutto ebrei)<sup>[1]</sup>.
Con l'arrivo della stagione autunnale la situazione nei campi divenne più difficile, soprattutto in quelli in cui erano reclusi i "repressivi" dove le piogge provocarono più volte il riversamento del liquame delle latrine del campo e la notte del 29 ottobre 1942 una violenta tempesta distrusse quattrocento tende e provocò l'annegamento di alcuni bambini<sup>[10]</sup>. Si iniziarono quindi a costruire le prime baracche di legno<sup>[2][8]</sup>ma per la lentezza dei lavori molti internati trascorsero comunque l'inverno al freddo dentro le tende<sup>[1]</sup>. Nel novembre 1942 il numero di internati diminuì, come riporta [[Carlo Spartaco Capogreco|Capogreco]], per la partenza di parte degli internati per altri campi di concentramento, soprattutto di donne e bambini destinati al [[Campo di concentramento di Gonars|campo di Gonars]]<sup>[8]</sup>.
 
Con l'arrivo della stagione autunnale la situazione nei campi divennediviene più difficile, soprattutto in quelli in cui eranosono reclusi i "repressivi", dove le piogge provocaronoprovocano più volte il riversamento del liquame delle latrine del campo, earrivando laalla nottedistruzione del 29 ottobre 1942 una violenta tempesta distrussedi quattrocento tende e provocò lall'annegamento di alcuni bambini causati da una violenta tempesta, il 29 ottobre 1942<sup>[10]</sup>. Si iniziaronoiniziano quindi a costruire le prime baracche di legno<sup>[2][8]</sup>, ma per la lentezza dei lavori molti internati trascorserotrascorrono comunque l'inverno al freddo dentro le tende<sup>[1]</sup>. Nel novembre 1942 il numero di internati diminuìdiminuisce, come riporta [[Carlo Spartaco Capogreco|Capogreco]], per la partenza di parte degli internati per altri campi di concentramento, soprattutto di donne e bambini destinati al [[Campo di concentramento di Gonars|campo di Gonars]]<sup>[8]</sup>.
 
== L'internamento repressivo degli slavi ==
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Le dimensioni di massa dell’internamento vanno ricondotte anche al progetto di “sbalcanizzazione” o pulizia etnica della Provincia di Lubiana, da realizzarsi  sostituendo la popolazione slava con coloni italiani “regnicoli”. Così, nelle parole di [[Mussolini]],  si sarebbero fatti coincidere “i confini politici con quelli razziali”. <sup>[12]</sup>
 
Unici in [[Europa]], i campi per slavi sono tendopoli esposte alle intemperie e prive di requisiti igienici, caratterizzati da denutrizione cronica e malattie. Arbe  ne costituisce l’esempio estremo. Complessivamente ad Arbe furonovengono internati circa 10.000 civili<sup>[12]</sup>, tra cui vecchi, donne e bambini di famiglie sospettate di collaborare con il movimento partigiano, spesso provenienti dai villaggi incendiati,  ma anche residenti in aree sgombrate per esigenze belliche<sup>[13]</sup>.  La cifra non comprende coloro che sono passati in transito verso altri campi, nei territori occupati o nel Regno d'Italia.
 
Campo ad altissima mortalità, specie per le famiglie con bambini e anziani, conteneva nell’agosto del 1942 circa 1000 minori di 16 anni. <sup>[14]</sup>.  
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A causa della precarietà in cui versava il campo l'inverno del 1942 fu molto duro per gli internati che avevano come unico riparo delle tende e spesso erano privi di vestiario adeguato<sup>[15]</sup>. Peculiarità del campo è anche il sadismo del comandante,   [[Vincenzo Cuiuli|il colonnello dei carabinieri Vincenzo Cuiuli]]<sup>[16]</sup>, il quale, nonostante ciò violasse le norme italiane, faceva incatenare a dei pali gli internati in punizione<sup>[17]</sup>. L'alimentazione insufficiente rendeva gli internati particolarmente deperiti e soggetti a diverse malattie, tra cui la [[tubercolosi]] e le infezioni intestinali che provocarono un tasso di mortalità molto alto<sup>[8][14][15][16]</sup>. Secondo alcuni ricercatori ciò rispondeva ad una precisa politica volta a mantenere sotto controllo gli internati<sup>[21]</sup>.
 
A causa della precarietà in cui versavaversa il campo l'inverno del 1942 fuè molto duro per gli internati, che avevanohanno le tende come unico riparo delle tende e spesso eranosono privi didel vestiario adeguato<sup>[15]</sup>. Peculiarità del campo è anche il sadismo del comandante,   [[Vincenzo Cuiuli|il colonnello dei carabinieri Vincenzo Cuiuli]]<sup>[16]</sup>, il quale, nonostante ciò violasse le norme italiane, faceva incatenare a dei pali gli internati in punizione<sup>[17]</sup>. L'alimentazione insufficiente rendevarende gli internati particolarmente deperiti e soggetti a diverse malattie, tra cui la [[tubercolosi]] e le infezioni intestinali che provocaronocontribuiscono unall'elevato tasso di mortalità molto alto<sup>[8][14][15][16]</sup>. Secondo alcuni ricercatori ciò rispondevarisponde ad una precisa politica, volta a mantenere sotto controllo gli internati<sup>[21]</sup>.
Nel novembre del 1942 il vescovo di Lubiana Gregorij Rožmansi era già recato presso [[papa Pio XII]] per chiedergli di intervenire per evitare che il campo di Arbe diventasse un "campo di morte"<sup>[22]</sup>. La Croce Rossa jugoslava il 10 dicembre 1942 denunciava la scarsezza alimentare dei campi gestiti dagli italiani in Jugoslavia con particolar riferimento a quello di Arbe<sup>[23]</sup>. Pertanto il [[Vaticano]] interveniva presso le autorità italiane affinché si provvedesse alla liberazione della maggior parte delle donne e dei bambini<sup>[24]</sup>. Il generale Mario Roatta inviava al campo il generale [[Giuseppe Gianni]]<nowiki/>che relazionava minimizzando l'alto tasso di mortalità attribuendolo alle precarie condizioni fisiche degli internati in gran parte anziani<sup>[25]</sup>. Ciononostante tutti i bambini e quasi tutte le donne furono evacuati verso altri campi in Italia<sup>[26]</sup>. Il generale Umberto Giglioancora il 19 gennaio 1943 scriveva un resoconto sulla situazione interna del campo segnalando la necessità di migliorare le condizioni fisiche degli internati pur attribuendo la causa del grave deperimento fisico alle "privazioni precedenti all'arresto sia al trauma psichico dell'arresto stesso ed alle aggressioni da parte dei ribelli subite durante il viaggio di trasferimento"<sup>[8]</sup>. A partire da gennaio 1943 le condizioni miglioravano sensibilmente con la costruzione di baracche in muratura e l’aumento delle razioni alimentari<sup>[15]</sup>.
 
Nel novembre del 1942 il vescovo di Lubiana Gregorij RožmansiRožman si era già recato presso [[papa Pio XII]] per chiedergli di intervenire per evitare che il campo di Arbe diventasse un "campo di morte"<sup>[22]</sup>. La Croce Rossa jugoslava il 10 dicembre 1942 denunciavadenuncia la scarsezza alimentare dei campi gestiti dagli italiani in Jugoslavia con particolar riferimento a quello di Arbe<sup>[23]</sup>. Pertanto ilIl [[Vaticano]] intervenivapertanto interviene presso le autorità italiane affinché si provvedesseprovveda alla liberazione della maggior parte delle donne e dei bambini<sup>[24]</sup>. Il generale Mario Roatta inviavainvia al campo il generale [[Giuseppe Gianni]]<nowiki/>, che relazionavarelaziona minimizzando l'alto tasso di mortalità attribuendolo alle precarie condizioni fisiche degli internati in gran parte anziani<sup>[25]</sup>. Ciononostante tutti i bambini e quasi tutte le donne furonovengono evacuati verso altri campi in Italia<sup>[26]</sup>. Il generale Umberto Giglioancora il 19 gennaio 1943 scrivevascrive un resoconto sulla situazione interna del campo segnalando la necessità di migliorare le condizioni fisiche degli internati, pur attribuendo la causa del grave deperimento fisico alle "privazioni precedenti all'arresto sia al trauma psichico dell'arresto stesso ed alle aggressioni da parte dei ribelli subite durante il viaggio di trasferimento"<sup>[8]</sup>. A partire da gennaio 1943 le condizioni miglioravanomigliorano sensibilmente, con la costruzione di baracche in muratura e l’aumento delle razioni alimentari<sup>[15]</sup>.
 
 
 
Il vescovo della [[diocesi di Veglia]], Josip Srebrnič, il 5 agosto 1943 riferivariferisce a [[papa Pio XII]]<nowiki/> che "secondo i testimoni, che avevano partecipato alle sepolture, il numero dei morti avrebbe superato le 3500 unità"<sup>[20]</sup> (tra cui circa 100 bambini di età inferiore ai 10 anni<sup>[21]</sup>). Le fonti slovene stimano che al suo interno avrebbero perso la vita circa 1400 internati slavi tra cui anche donne e bambini<sup>[22]</sup>. Gli storici sloveni e croati, quali [[Tone Ferenc]], Ivan Kovačiće Božidar Jezernik, indicano in un numero compreso tra i 1447 e i 1167 i decessi avvenuti al campo<sup>[23]</sup>.
 
Il vescovo della [[diocesi di Veglia]], Josip Srebrnič, il 5 agosto 1943 riferiva a [[papa Pio XII]]<nowiki/>che "secondo i testimoni, che avevano partecipato alle sepolture, il numero dei morti avrebbe superato le 3500 unità"<sup>[20]</sup>(tra cui circa 100 bambini di età inferiore ai 10 anni<sup>[21]</sup>). Le fonti slovene stimano che al suo interno avrebbero perso la vita circa 1400 internati slavi tra cui anche donne e bambini<sup>[22]</sup>Gli storici sloveni e croati, quali [[Tone Ferenc]], Ivan Kovačiće Božidar Jezernik, indicano in un numero compreso tra i 1447 e i 1167 i decessi avvenuti al campo<sup>[23]</sup>.
 
=== L'internamento protettivo degli ebrei ===
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L'istituzione dei campi protettivi in Jugoslavia nasce originariamente dalla volontà di proteggere dalle rappresaglie elementi ostili alla resistenza partigiana, delatori e collaborazionisti. Ad Arbe vennero anche internati a scopo protettivo alcune migliaia di ebrei.
 
Nell'area occupata dall'Italia si trovavano alcune centinaia di ebrei concentrati soprattutto nella città di [[Mostar]]<nowiki/>e lungo la costa, cui si aggiunseroaggiungono migliaia di profughi in fuga dai territori occupati dai tedeschi e dai massacri commessi dagli ustascia nello Stato Indipendente di Croazia<sup>[5][24][25]</sup>. TranneEccetto una parte respinta alla frontiera di Fiume gli ebrei furonovengono accolti nel [[GovernatoratoG'''''overnatorato di !!!!!!!Dalmazia]rinuncirin'''''unci]<sup>[5]</sup>e la protezione fuviene estesa anche a quelli che si trovavano nelle zone occupate dalle truppe italiane in Croazia<sup>[25]</sup>i quali pur sottoposti a vigilanza continuarono a vivere liberamente<sup>[26]</sup>. Alla fine del 1942 la situazione si rese più complicatacomplica quando alle richieste croate di ottenere gli ebrei presenti nei territori occupati italiani si aggiunseroaggiungono anche le pressioni tedesche.
 
 
 
 
La tragedia che avrebbe colpito gli ebrei in caso di consegna, inizialmente ipotizzata, fecefa sì che il Regio Esercito escogitasseescogiti pretesti e opponesseopponga una serie di rinvii per non procedere ad alcuna consegna degli ebrei internati anche ad Arbe<sup>[5]</sup>; dal novembre 1942 la situazione è più chiara e non consegnare gli internati diventa prioritario<sup>[29]</sup>. Si ipotizza in un primo tempo di internare gli ebrei in locande e alberghi dismessi nella città di [[Grado (Italia)|Grado]], poi si prefersce la soluzione del campo di Arbe dove viene allestita appositamente un'area<sup>[28]</sup> in cui sono fatti confluire complessivamente gli oltre 3.500 nuovi internati<sup>[29][30][31]</sup>. Qui vivono in una condizione sicuramente migliore degli internati slavi potendo ricevere visite esterne e svolgere attività ricreativa<sup>[28]</sup>. Le autorità militari e civili che operavanooperano in Jugoslavia nel frattempo avevanohanno esercitato pressioni su Mussolini, che revoca le precedenti disposizioni e dispone che tutti gli ebrei siano internati in territorio sotto giurisdizione italiana; per ovviare alle richieste del governo ustascia decide di avviare per gli ebrei con passaporto croato le pratiche per rinunciare alla cittadinanza<sup>[32]</sup>. Insieme ai numerosi ebrei vengono internati ad Arbe a scopo "protettivo" anche molti serbi sfuggiti alle persecuzioni croate<sup>[5]</sup>.
 
Ancora nell'agosto 1943 le autorità italiane si preoccupavanopreoccupano dell'incolumità degli internati ebrei immaginando, in caso di ritirata delle truppe italiane, di mantenere un presidio armato affinché gli internati protettivi non cadesserocadano "in mani straniere"<sup>[28]</sup>.
 
A contribuire almeno in parte alla salvezza degli ebrei jugoslavi, il bando emanato nel 1941 dal [[Vittorio Ambrosio|generale della II Armata Ambrosio]] prometteva salva la vita a tutti coloro che indipendentemente da religione e nazionalità si fossero sottomessi all’autorità militare italiana. Ma in ultima istanza l’escamotage che permette di salvare migliaia di profughi dalla deportazione è la decisione da parte dei comandi italiani in Jugoslavia di internare le minoranze perseguitate finora non sottoposte a misure restrittive (ebrei e serbi di Croazia)  per mettere a tacere le accuse di mancata collaborazione con l’alleato tedesco;: '''internati, sì, ma in campi a scopo protettivo.'''
 
Il perchè di questo comportamento non è del tutto chiaro. Si possono considerare  tre ordini di motivazioni fondamentali: etiche, improntate al realismo e rivolte al prestigio politico. E'È possibile che i fascisti fossero effettivamente sensibili alla condizione degli ebrei nei campi di concentramento tedeschi e volessero evitare loro quella sorte. Ad(ad esempio, il generale Vittorio  Castellani stigmatizza l’"ignobile traffico" in una lettera a [[Luca Pietromarchi|Pietromarchi]]. <sup>37</sup>). Dal punto di vista del realismo politico c’era la necessità di governare il territorio, eliminando le ragioni di disordine che la dura politica di persecuzione ustascia nei confronti degli ebrei creava; rifiutarsi di consegnare ebrei all’alleato tedesco faceva sperare di attirare nella sfera di influenza italiana, nel dopoguerra, i paesi che eventualmente avrebbero potuto temere l’ingerenza tedesca.  Contemporaneamente, il fascismo tentava di ingraziarsi l’opinione pubblica internazionale e la S. Sede, impegnata in quegli anni (1942) in un’intensa attività diplomatica a favore dei profughi. Va ricordato, inoltre, che fin dall’emanazione delle [[Leggi Razizali fasciste|Leggi Razziali]] ([[1938]]) il Ministero degli Esteri italiano temeva che questi provvedimenti non avrebbero giovato al progetto imperialistico fascista sui [[Balcani]] aggravando la già complessa gestione di un territorio così frammentato e dilaniato da conflitti interetnici. E poiInoltre i fascisti volevano mantenere buoni rapporti con i cetnici. In questa ottica, se avessero consegnato gli ebrei, i serbi i avrebbero potuto temere di essere a loro volta consegnati agli ustascia e questo avrebbe minato la  collaborazione deicon i cetnici. Infine va rilevato che la consegna degli ebrei sarebbe stata un atto di penosa condiscendenza nei confronti della Germania, prepotente alleato e rivale: sottrarvisi era anche segno di autonomia e di prestigio politico.<sup>[39]</sup>
 
<br />[[File:Arbe_laboratorio_calzolai.jpg|link=https://it.wikipedia.org/wiki/File:Arbe_laboratorio_calzolai.jpg|destra|miniatura|Baracca adibita al lavoro dei calzolai]]
=== La chiusura del campo ===
Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 il campo fuviene temporaneamente occupato dalle forze partigiane di Tito. Gli internati ebrei - liberati - raggiunseroraggiungono in massima parte la terraferma. Di costoro circa 240 giovani atti alle armi furonosono radunati in un battaglione ebraico<ref>Per una foto del reparto si veda http://emperors-clothes.com/croatia/rab.jpg</ref> che combattécombatte nell'[[Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia|EPLJ]] contro l'Asse; 200 persone rimaserorimangono sull'isola e furonovengono catturate dai tedeschi durante la successiva occupazione nazista; infine, circa 200 persone raggiunseroraggiungono via mare l'Italia<ref>Menachem Shelah, ''Un debito di gratitudine. Storia dei rapporti tra Esercito Italiano e gli ebrei in Dalmazia (1941-1943)'', USSME, 1991, pp. 156-168.</ref>. Il comandante del campo, colonnello Vincenzo Cujuli dopo l'8 settembre 1943 rimaserimane di presidio al campo in base all'ordine giuntogli dal comando della secondaII armataArmata di collaborare con i partigiani jugoslavi<ref name="autogenerato12">[http://www.campifascisti.it/scheda_documento_full.php?id_doc=785 I CAMPI FASCISTI - Dalle guerre in Africa alla Repubblica di Salò<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>. Preso prigioniero dai partigiani secondo alcune fonti fuviene seviziato e ucciso<ref name="autogenerato12" />, mentre secondo altre sarebbe mortomuore suicida in prigionia<ref>Anton Vratuša, ''Dalle catene alla libertà - La "Rabska brigada", una brigata partigiana nata in un campo di concentramento fascista'', Kappa Vu, 2011, ISBN 978-88-89808-627</ref>.
 
Negli [[Anni 1950|anni cinquanta]], fuviene eretto un monumento commemorativo ad opera dell'architetto sloveno [[Edvard Ravnikar]].
 
<br />1  '''^'''<sup>Salta a:</sup> 
<sup>abcdefg</sup>Gianni Oliva, p. 131