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== Il campo ==
[[File:Inmate_children_at_the_Rab_concenctration_camp.jpg|link=https://it.wikipedia.org/wiki/File:Inmate_children_at_the_Rab_concenctration_camp.jpg|miniatura|Bambini internati ad Arbe]]
Il campo di Arbe, divenuto il più noto tra quelli italiani in Jugoslavia per il suo alto tasso di mortalità, aveva una capienza di circa 10.000 persone. Nelle intenzioni del [[Mario Robotti|generale Mario Robotti]] Arbe doveva essere “Arbissima”, il modello del campo di concentramento al suo massimo livello di rigore. <ref> Tone Ferenc, ''Rab - Arbe - Arbissima Confinamenti - rastrellamenti - internamenti nella provincia di Lubiana 1941 - 1943: documenti'', Ljubjana, Institut za novejso zgodovino Drustvo piscev zgodovine NOB, 2000, p.3 </ref> Come gli altri campi per slavi, situati in Jugoslavia e nel nord-est italiano, rientrava nella rete parallela gestita dal Regio Esercito che, a differenza dei campi di internamento dipendenti dal Ministero degli Interni, era ''extra legem'', svincolata dalla normativa ufficiale e sottratta al controllo della [[Croce Rossa Internazionale]], in aperta violazione della IV Convenzione dell’Aja del [[1909]] e della [[Convenzione di Ginevra]]. <ref> Capogreco, pp.14; 137; 153-54; 156-58 </ref>
 
 
 
Secondo lo storico [[Tone Ferenc]] la necessità di allestire un grande campo di concentramento sull'isola di Arbe si era già fatta sentire nel maggio 1942 a seguito della saturazione dei campi di [[Laurana]] (Lovran), [[Buccari]] (Bakar) e [[Porto Re|Porto Re (Kraljevica)]]. <ref> Tone Ferenc, p. 20 </ref> Nell'estate 1942, per far fronte alla necessità di provvedere all'internamento dei numerosi rastrellati nel corso delle operazioni estive in Slovenia, le autorità militari italiane della Seconda Armata costruiscono in gran fretta ad Arbe (più esattamente nella località di [[Campora]]), un campo di concentramento per i civili slavi delle zone occupate della Slovenia in cui vengono internati anche alcuni civili della vicina [[Venezia Giulia]].
 
Inizialmente concepito per internare 20-25000 prigionieri e ridimensionato intorno ai 10-11000 posti,  prevedeva la costruzione di quattro settori distinti, ma all'arrivo dei primi internati erano pronte solamente le baracche di servizio ed erano disponibili per gli internati soltanto un migliaio di tende militari da sei posti<sup>[1][8]</sup>. Il primo gruppo giunge ad Arbe il 28 giugno 1942 ed è composto da 198 sloveni provenienti da Lubiana, mentre un secondo gruppo di 243 arriva il 31 agosto. <sup>[1]</sup> Complessivamente vengono portati ad Arbe 27 gruppi di internati di cui il più cospicuo è di 1194 persone giunte il 6 agosto<sup>[1]</sup>. Dei quattro campi inizialmente immaginati ne vengono realizzati solo tre. Nel 1° e nel 3° vengono inseriti i "repressivi" (soprattutto sloveni), mentre nel 2° i "protettivi" (soprattutto ebrei).<supref>[1] Gianni Oliva, p. 131; campifascisti.it </supref>.
 
Con l'arrivo della stagione autunnale la situazione nei campi diviene più difficile, soprattutto in quelli in cui sono reclusi i "repressivi", dove le piogge provocano più volte il riversamento del liquame delle latrine del campo, arrivando alla distruzione di quattrocentoq uattrocento tende e all'annegamento di alcuni bambini causati da una violenta tempesta, il 29 ottobre 1942<sup>[10]</sup>. Si iniziano quindi a costruire le prime baracche di legno<sup>[2][8]</sup>, ma per la lentezza dei lavori molti internati trascorrono comunque l'inverno al freddo dentro le tende<sup>[1]</sup>. Nel novembre 1942 il numero di internati diminuisce, come riporta [[Carlo Spartaco Capogreco|Capogreco]], per la partenza di parte degli internati per altri campi di concentramento, soprattutto di donne e bambini destinati al [[Campo di concentramento di Gonars|campo di Gonars]].<supref>[8] Gianni Oliva, p. 131-132; campifascisti.it; Gobetti, p. 87 </supref>.
 
== L'internamento repressivo degli slavi ==
{{C|i dati numerici dei deceduti, sono sicuramente molto gravi, tuttavia le stime le percentuali e i confronti con Buchenwald non sembrano così inequivocamente fontati e precisi, vedi discussione in corso|storia|dicembre 2014}}
[[File:Inmate_at_the_Rab_concentration_camp.jpg|link=https://it.wikipedia.org/wiki/File:Inmate_at_the_Rab_concentration_camp.jpg|miniatura|Internato nel campo di Arbe.]]
Come sottolinea Capogreco, i deportati jugoslavi costituiscono la categoria più colpita dal regime fascista per i numeri e la durezza della persecuzione, che nei loro confronti appare improntata al modello coloniale sperimentato in [[Africa]] negli anni Trenta. <supref>[11] Capogreco, pp.82; 140-41; sul carattere coloniale della guerra in Jugoslavia cfr. anche Gobetti, pp. 92-93 </supref>
 
Le dimensioni di massa dell’internamento vanno ricondotte anche al progetto di “sbalcanizzazione” o pulizia etnica della Provincia di Lubiana, da realizzarsi  sostituendo la popolazione slava con coloni italiani “regnicoli”. Così, nelle parole di [[Mussolini]],  si sarebbero fatti coincidere “i confini politici con quelli razziali”. <supref>[12] Gobetti, pp. 86-87; Capogreco, pp.68-69 </supref>
 
Unici in [[Europa]], i campi per slavi sono tendopoli esposte alle intemperie e prive di requisiti igienici, caratterizzati da denutrizione cronica e malattie. Arbe ne costituisce l’esempio estremo. Complessivamente ad Arbe vengono internati circa 10.000 civili<sup>[12]</sup>, tra cui vecchi, donne e bambini di famiglie sospettate di collaborare con il movimento partigiano, spesso provenienti dai villaggi incendiati, ma anche residenti in aree sgombrate per esigenze belliche.<supref>[13] Cattaruzza, L'Italia e il confine orientale, p. 230 </supref>. La cifra non comprende coloro che sono passati in transito verso altri campi, nei territori occupati o nel Regno d'Italia.
 
Campo ad altissima mortalità, specie per le famiglie con bambini e anziani, conteneva nell’agosto del 1942 circa 1000 minori di 16 anni. <supref>[14] Capogreco, pp. 145-47; 151-52 </supref>.  
 
 
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[[File:Dead inmates at the Rab concentration camp.png|thumb|Internati morti nel campo di concentramento di Arbe. Fonte: Rabski zbornik, 1953.<supref>[12https://docs.google.com/open?id=0B3IG19S238FKaVU3clFLaDVqQm8 Rabski zbornik], 1953.</supref>]]
 
 
 
A causa della precarietà in cui versa il campo l'inverno del 1942 è molto duro per gli internati, che hanno le tende come unico riparo e spesso sono privi del vestiario adeguato<sup>[15]</sup>. Peculiarità del campo è anche il sadismo del comandante, [[Vincenzo Cuiuli|il colonnello dei carabinieri Vincenzo Cuiuli]]<sup>[16]</sup>, il quale, nonostante ciò violasse le norme italiane, faceva incatenare a dei pali gli internati in punizione<sup>[17]</sup>. L'alimentazione insufficiente rende gli internati particolarmente deperiti e soggetti a diverse malattie, tra cui la [[tubercolosi]] e le infezioni intestinali che contribuiscono all'elevato tasso di mortalità.<supref>[8][14][15][16] Gobetti, Alleati del nemico, p. 88-89; Cattaruzza pp.230 - 231; Gianni Oliva p.132; campifascisti.it </supref>. Secondo alcuni ricercatori ciò risponde ad una precisa politica, volta a mantenere sotto controllo gli internati.<supref>[21] ^cfr. nota del generale Gastone Gambara del 17 dicembre del 1942: “ Logico ed opportuno che campo di concentramento non significhi campo d’ingrassamento. Individuo malato = individuo che sta tranquillo”. In Capogreco, p. 142; cfr inoltre Gobetti, Alleati del nemico, p. 88-89 </supref>.
 
Nel novembre del 1942 il vescovo di Lubiana Gregorij Rožman si era già recato presso [[papa Pio XII]] per chiedergli di intervenire per evitare che il campo di Arbe diventasse un "campo di morte"<sup>[22]</sup>. La Croce Rossa jugoslava il 10 dicembre 1942 denuncia la scarsezza alimentare dei campi gestiti dagli italiani in Jugoslavia con particolar riferimento a quello di Arbe<sup>[23]</sup>. Il [[Vaticano]] pertanto interviene presso le autorità italiane affinché si provveda alla liberazione della maggior parte delle donne e dei bambini<sup>[24]</sup>. Il generale Mario Roatta invia al campo il generale [[Giuseppe Gianni]], che relaziona minimizzando l'alto tasso di mortalità attribuendolo alle precarie condizioni fisiche degli internati in gran parte anziani<sup>[25]</sup>. Ciononostante tutti i bambini e quasi tutte le donne vengono evacuati verso altri campi in Italia<sup>[26]</sup>. Il generale Umberto Giglioancora il 19 gennaio 1943 scrive un resoconto sulla situazione interna del campo segnalando la necessità di migliorare le condizioni fisiche degli internati, pur attribuendo la causa del grave deperimento fisico alle "privazioni precedenti all'arresto sia al trauma psichico dell'arresto stesso ed alle aggressioni da parte dei ribelli subite durante il viaggio di trasferimento"<sup>[8]</sup>. A partire da gennaio 1943 le condizioni migliorano sensibilmente, con la costruzione di baracche in muratura e l’aumento delle razioni alimentari<sup>[15]</sup>.