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A causa della precarietà in cui versa il campo l'inverno del 1942 è molto duro per gli internati, che hanno le tende come unico riparo e spesso sono privi del vestiario adeguato. Peculiarità del campo è anche il sadismo del comandante, [[Vincenzo Cuiuli|il colonnello dei carabinieri Vincenzo Cuiuli]], il quale, nonostante ciò violasse le norme italiane, faceva incatenare a dei pali gli internati in punizione. L'alimentazione insufficiente rende gli internati particolarmente deperiti e soggetti a diverse malattie, tra cui la [[tubercolosi]] e le infezioni intestinali che contribuiscono all'elevato tasso di mortalità.<ref> Gobetti, Alleati del nemico, p. 88-89; Cattaruzza pp.230 - 231; Gianni Oliva p.132; campifascisti.it </ref> Secondo alcuni ricercatori ciò risponde ad una precisa politica, volta a mantenere sotto controllo gli internati.<ref> ^cfr. nota del generale Gastone Gambara del 17 dicembre del 1942: “ Logico ed opportuno che campo di concentramento non significhi campo d’ingrassamento. Individuo malato = individuo che sta tranquillo”. In Capogreco, p. 142; cfr inoltre Gobetti, Alleati del nemico, p. 88-89 </ref>
 
Nel novembre del 1942 il vescovo di Lubiana Gregorij Rožman si era già recato presso [[papa Pio XII]] per chiedergli di intervenire per evitare che il campo di Arbe diventasse un "campo di morte"<sup>[22]</sup>. La Croce Rossa jugoslava il 10 dicembre 1942 denuncia la scarsezza alimentare dei campi gestiti dagli italiani in Jugoslavia con particolar riferimento a quello di Arbe<sup>[23]</sup>. Il [[Vaticano]] pertanto interviene presso le autorità italiane affinché si provveda alla liberazione della maggior parte delle donne e dei bambini<sup>[24]</sup>. Il generale Mario Roatta invia al campo il generale [[Giuseppe Gianni]], che relaziona minimizzando l'alto tasso di mortalità attribuendolo alle precarie condizioni fisiche degli internati in gran parte anziani<sup>[25]</sup>. Ciononostante tutti i bambini e quasi tutte le donne vengono evacuati verso altri campi in Italia<sup>[26]</sup>. Il generale Umberto Giglioancora il 19 gennaio 1943 scrive un resoconto sulla situazione interna del campo segnalando la necessità di migliorare le condizioni fisiche degli internati, pur attribuendo la causa del grave deperimento fisico alle "privazioni precedenti all'arresto sia al trauma psichico dell'arresto stesso ed alle aggressioni da parte dei ribelli subite durante il viaggio di trasferimento"<sup>[8]</sup>. A partire da gennaio 1943 le condizioni migliorano sensibilmente, con la costruzione di baracche in muratura e l’aumento delle razioni alimentari <supref>[15] Oliva, p.133; Cattaruzza, p.231; Rossi e Giusti, p.486 </supref>.