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Il vescovo della [[diocesi di Veglia]], Josip Srebrnič, il 5 agosto 1943 riferisce a [[papa Pio XII]] che "secondo i testimoni, che avevano partecipato alle sepolture, il numero dei morti avrebbe superato le 3500 unità (tra cui circa 100 bambini di età inferiore ai 10 anni. Le fonti slovene stimano che al suo interno avrebbero perso la vita circa 1400 internati slavi tra cui anche donne e bambini. Gli storici sloveni e croati, quali [[Tone Ferenc]], Ivan Kovačić e Božidar Jezernik, indicano in un numero compreso tra i 1447 e i 1167 i decessi avvenuti al campo. <ref>   Cresciani, Italian Historical Society Journal, Vol.12, No.2, p.7; ''Italijanska koncentracijska taborišča za slovence med 2. svetovno vojno, Božidar Jezernik, Revija Borec - Društvo za preučevanje zgodovine, literaure in antropologije'', Rossi Giusti, p. 62 e p. 486 </ref>
 
=== L'internamento protettivo degli ebrei ===
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L'istituzione dei campi protettivi in Jugoslavia nasce originariamente dalla volontà di proteggere dalle rappresaglie elementi ostili alla resistenza partigiana, delatori e collaborazionisti. Ad Arbe vennero anche internati a scopo protettivo alcune migliaia di ebrei.
 
Nell'area occupata dall'Italia si trovavano alcune centinaia di ebrei concentrati soprattutto nella città di [[Mostar]]<nowiki/>e lungo la costa, cui si aggiungono migliaia di profughi in fuga dai territori occupati dai tedeschi e dai massacri commessi dagli ustascia nello Stato Indipendente di Croazia. Eccetto una parte respinta alla frontiera di Fiume gli ebrei vengono accolti nel Governatorato di Dalmazia e la protezione viene estesa anche a quelli che si trovavano nelle zone occupate dalle truppe italiane in Croazia i quali, pur sottoposti a vigilanza continuarono, a vivere liberamente Alla fine del 1942 la situazione si complica quando alle richieste croate di ottenere gli ebrei presenti nei territori occupati italiani si aggiungono anche le pressioni tedesche. <ref>Gobetti, Alleati del nemico, p. 131 Millo, ''L'Italia e la protezione degli ebrei'', in Caccamo Monzali (a cura di), ''L'occupazione italiana della Iugoslavia'', pp. 367; Gobetti, p. 129-30; Steinberg, p. 81 </ref>.
 
La tragedia che avrebbe colpito gli ebrei in caso di consegna, inizialmente ipotizzata, fa sì che il Regio Esercito escogiti pretesti e opponga una serie di rinvii per non procedere ad alcuna consegna degli ebrei internati anche ad Arbe<sup>[5]</sup>; dal novembre 1942 la situazione è più chiara e non consegnare gli internati diventa prioritario. <supref>[29] Steinberg, p. 85 </supref>.
io.Si ipotizza in un primo tempo di internare gli ebrei in locande e alberghi dismessi nella città di [[Grado (Italia)|Grado]], poi si preferscepreferisce la soluzione del campo di Arbe dove viene allestita appositamente un'area<sup>[28]</sup> in cui sono fatti confluire complessivamente gli oltre 3.500 nuovi internati. <supref>[29][30][31] Gobetti, p. 131; Cattaruzza, p. 214; Romano, ''Jevreji u logoru na Rabu i njihovo uklucivanje u Narodnooslobodilacki rat'', in: "Zbornik" 1973 n. 2 p. 70 </supref>. Qui vivono in una condizione sicuramente migliore degli internati slavi potendo ricevere visite esterne e svolgere attività ricreativa<sup>[28]</sup>. Le autorità militari e civili che operano in Jugoslavia nel frattempo hanno esercitato pressioni su Mussolini, che revoca le precedenti disposizioni e dispone che tutti gli ebrei siano internati in territorio sotto giurisdizione italiana; per ovviare alle richieste del governo ustascia decide di avviare per gli ebrei con passaporto croato le pratiche per rinunciare alla cittadinanza<sup>[32]</sup>. Insieme ai numerosi ebrei vengono internati ad Arbe a scopo "protettivo" anche molti serbi sfuggiti alle persecuzioni croate<sup>[5]</sup>.
 
Ancora nell'agosto 1943 le autorità italiane si preoccupano dell'incolumità degli internati ebrei immaginando, in caso di ritirata delle truppe italiane, di mantenere un presidio armato affinché gli internati protettivi non cadano "in mani straniere"<sup>[28]</sup>.