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L'istituzione dei campi protettivi in Jugoslavia nasce originariamente dalla volontà di proteggere dalle rappresaglie elementi ostili alla resistenza partigiana, delatori e collaborazionisti. Ad Arbe vennero anche internati a scopo protettivo alcune migliaia di ebrei.
 
Nell'area occupata dall'Italia si trovavano alcune centinaia di ebrei concentrati soprattutto nella città di [[Mostar]]<nowiki/> e lungo la costa, cui si aggiungono migliaia di profughi in fuga dai territori occupati dai tedeschi e dai massacri commessi dagli ustascia nello Stato Indipendente di Croazia. Eccetto una parte respinta alla frontiera di Fiume gli ebrei vengono accolti nel Governatorato di Dalmazia e la protezione viene estesa anche a quelli che si trovavano nelle zone occupate dalle truppe italiane in Croazia i quali, pur sottoposti a vigilanza continuarono, a vivere liberamente Alla fine del 1942 la situazione si complica quando alle richieste croate di ottenere gli ebrei presenti nei territori occupati italiani si aggiungono anche le pressioni tedesche. Gobetti, Alleati del nemico, p. 131 Millo, ''L'Italia e la protezione degli ebrei'', in Caccamo Monzali (a cura di), ''L'occupazione italiana della Iugoslavia'', pp. 367; Gobetti, p. 129-30; Steinberg, p. 81 </ref>
 
La tragedia che avrebbe colpito gli ebrei in caso di consegna, inizialmente ipotizzata, fa sì che il Regio Esercito escogiti pretesti e opponga una serie di rinvii per non procedere ad alcuna consegna degli ebrei internati anche ad Arbe; dal novembre 1942 la situazione è più chiara e non consegnare gli internati diventa prioritario. <ref> Steinberg, p. 85 </ref>