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Il '''''Karolus Magnus et Leo Papa''''' (anche noto come '''''De Karolo Rege et Leone Papa''''', '''''Epos di Paderborn''''' o '''''Epos d’Aquisgrana''''') è un poema epico carolingio anonimo in 536 esametri; composto in lingua latina, è incentrato sull’incontro tra [[Carlo Magno]] e [[papa Leone III]] avvenuto a [[Paderborn]] nel 799.
== Trama ==
Il poema si apre con una dichiarazione dell’autore anonimo, che, collegando metaforicamente l’opera di composizione poetica a un viaggio in nave (come farà Dante nel celebre incipit del Purgatorio), afferma di essere pronto per imbarcarsi una terza volta; la nave è diretta dove brilla il faro dell’Europa, Carlo Magno, oggetto di un lungo ritratto encomiastico. Il re dei Franchi è fotografato mentre da una posizione sopraelevata osserva e dirige i lavori per la costruzione di Aquisgrana, nuova sede della sua corte. Il poeta passa quindi a descrivere una battuta di caccia di Carlo nella riserva che sorge nelle vicinanze, rappresentando minuziosamente tanto la natura e la fauna del luogo quanto il sovrano e i numerosi personaggi del corteo che lo accompagna. Conclusa la caccia, viene organizzato un fastoso banchetto, ma nella notte Carlo ha un sogno premonitore che gli mostra papa Leone III ferito e in lacrime. Invia quindi a Roma dei missi dominici per accertare l’accaduto, mentre lui si reca in Sassonia, dove è impegnato in una campagna militare finalizzata alla cristianizzazione delle tribù locali. Giunti a Roma, i missi scoprono che il pontefice è stato vittima di un agguato in cui ha perduto gli occhi e la lingua, ma che è anche riuscito a salvarsi e, guarito miracolosamente, a rifugiarsi presso il duca di Orvieto. Informato da quest’ultimo della presenza dei funzionari franchi, Leone li fa convocare e chiede loro di essere accompagnato da Carlo per mettersi sotto la sua protezione. Il sovrano franco è nel frattempo giunto a Paderborn e, messo a conoscenza della situazione, manda incontro al papa il figlio Pipino insieme a cento soldati. L’incontro tra Carlo e Leone è descritto in tutta la sua scenografia e occupa la sezione finale dell’opera, prima che il racconto si chiuda con il sovrano che si ritira nelle sue stanze e il pontefice che rientra nel suo accampamento dopo un altro sfarzoso banchetto<ref>per tutto il capitolo, si veda Stella 2016, pp.25-26</ref>.
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