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L’[[Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943|8 settembre 1943]] venne fatto prigioniero dai tedeschi che lo utilizzarono, sempre a Creta, come interprete fino all’ottobre del [[1944]], quando fu condotto a [[Verona]].
 
Il [[7 giugno]] [[1945]] venne di nuovo arrestato a Firenze per aver firmato nel 1938 il ''[[Leggi razziali fasciste|Manifesto degli scienziati razzisti]]'' e aver favorito negli anni del [[fascismo]] la politica razziale e antiebraica del regime, in antitesi alle sue idee precedenti all'emanazione delle leggi razziali. Condotto a [[Milano]] nel [[Carcere di San Vittore|carcere di San Vittore]], fu liberato dopo 7 mesi. Finito il processo, ebbe l’incarico di disegnare il nuovo Atlante Razziale Italiano<ref>{{Cita libro|titolo=F. Cassata op. cit.|p=80}}</ref>.
 
Nel [[1949]] ricevette, da parte del governo indiano, un invito a partecipare a una spedizione di esplorazione delle [[Andamane|isole Andamane]] presso cui restò sino al [[1954]], ritornando di tanto in tanto in [[Europa]] per partecipare a congressi scientifici internazionali: in qualità di scienziato autorevole si recò in [[Inghilterra]], in [[Polonia]], in [[Svizzera]], in [[Francia]] e in [[Cecoslovacchia]], dove gli venne assegnata un’onorificenza per i suoi meriti scientifici.
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Morì a Firenze l'[[8 ottobre|8 Ottobre]] [[1962]].
 
== Esploratore, antropologo, etnologoetnografo ==
Preso il diploma di maestro elementare, Cipriani organizzò una spedizione in Africa per approfondire lo studio di varie popolazioni, si recò tra l’altro in [[Zambia]] dove svolse ricerche antropologiche.
 
Ottenuta la docenza in antropologia nel [[1926]], ebbe inizio una lunga serie di viaggi. Nel novembre 1927 si recò in Africa, dove restò fino al maggio del 1930, toccando [[Gedda]], [[Gibuti]], [[Aden]], la penisola di [[Hafun]], [[Mogadiscio]], [[Chisimaio]], [[Mombasa]], [[Dar es Salaam|Dar-es-Salam]], [[Beira (Mozambico)|Beira]], soffermandosi in particolare nella [[Rhodesia]] settentrionale, dove compì un interessante studio di antropologia fisica sui Baila.
 
Nel 1927 oltre al materiale antropologico, Cipriani raccolse materiali etnografici, scattò 2000 fotografie e realizzò i primi 76 modelli facciali. La tecnica utilizzata prevedeva la modellazione del gesso direttamente sul volto del vivente, ottenendo così l’impronta del viso.
 
Il colore dell’incarnato veniva attribuito seguendo le categorie della tavoletta dei colori della pelle di Von Luchan ([[Scala cromatica di Von Luschan|scala cromatica di Von Luchan]]) o riprodotto con la “tecnica dei tasselli” sul calco. Lo scopo dei calchi era quello di mostrare le differenti razze umane mettendo in risalto il primato intellettuale, morale e fisico dei cosiddetti [[Razza ariana|ariani]].
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Tra il maggio del 1930 e il gennaio [[1931]] partecipò ad una spedizione in [[Repubblica del Congo|Congo]] nei territori dei [[San (popolo)|Boscimani]] e dei [[Pigmei]].
 
Nei vari viaggi che affrontò nel [[1932]] Cipriani scrisse le ''Considerazioni sopra il passato e l’avvenire delle popolazioni africane''. In quello stesso periodo sostenne l’inferiorità biologica dei “negri”<ref>Il termine viene usato in modo ricorrente da Cipriani per identificare gli individui di colore.</ref> e partecipò al terzo Congresso internazionale di Eugenica di [[New York]].
 
Tornò nuovamente in Africa dal settembre al dicembre 1932, come membro della prima missione di ricerche scientifiche nel [[Fezzan]], interessata ad indagini antropologiche ed etnografiche sui [[Tuareg]], i [[Tebu]], i Dauada, e allo studio della preistoria sahariana. In Rhodesia del Sud rivolse particolare attenzione alle antiche pitture ed [[Incisioni rupestri|incisioni rupestri]] e soprattutto ai problemi delle rovine preistoriche. Partecipò ad una seconda missione negli stessi territori, compiuta fra il febbraio ed il marzo del [[1933]].
 
Fra il settembre del [[1934]] e il maggio del [[1935]] compì il suo primo viaggio nell'[[Asia]] sudoccidentale, trattenendosi soprattutto nell'[[India]] meridionale e nell'isola di [[Sri Lanka|Ceylon]].
 
Nel gennaio del [[1937]] venne aggregato alla prima missione inviata dalla Reale Accademia d'Italia nell'Africa orientale italiana, sotto la guida di [[Giotto Dainelli Dolfi|Giotto Dainelli]]: in quella circostanza si occupò delle popolazioni del bacino del [[Lago Tana|lago Tana]] ([[Amhara]], [[Falascia]]), nonché dei [[Baria (stato)|Baria]], dei [[Cunama]] e dei Beni-Amer. Nel corso di una seconda missione nell'Africa orientale italiana, compiuta fra il dicembre del 1938 e l'aprile del 1939, si interessò soprattutto delle popolazioni Galla e Sidarna aggiungendo qualche nuova informazione alle Conclusioni del 1932<ref>{{Cita libro|titolo=F. Cassata op. cit.|p=231}}</ref>.
 
Nel [[1949]] ricevette, da parte del governo indiano, un invito a partecipare a una spedizione di esplorazione delle isole Andamane. Partito per l'India nell'ottobre del 1949, dopo quattordici mesi, di studio e preparazione trascorsi prevalentemente a [[Calcutta]], il 31 gennaio [[1951]] si imbarcò alla volta delle isole Andamane, presso le quali si recò anche negli anni successivi, fino al [[1954]].
 
==Riferimenti ideologici==
Lidio Cipriani durante i suoi numerosi viaggi studiò e analizzò i calchi facciali e le capacità intellettuali degli africani. Nell’articolo del 1932 ''Considerazioni sopra il passato e l’avvenire delle popolazioni africaafricane'' nell’antropologol’antropologo voleva dimostrare l’inferiorità e la distinzione delle popolazioni dei “negri” dell’Africa Centrale, che definiva  incorreggibili, spensierati e sempre pronti ad abbandonarsi alle orge o iai divertimenti più sfrenati<ref>{{Cita libro|titolo=F. Cassata op. cit.|p=230}}</ref>. Sostenne che il “negro” aveva atteggiamenti ingenui e infantili quasi come un bambino e agiva spesso per imitazione e per questo doveva essere ritenuto inferiore alle popolazioni europee<sup><ref>{{Cita libro|titolo=F. Cassata op. cit.|pp=230, 231|citazione=“Generalmente il Negro impressiona per il suo contegno da fanciullone incorreggibile, per la sua disposizione ad una allegria infantile e ai passatempi ingenui a cui nessun Bianco normale si darebbe. Sfugge quanto più può dall’applicare, alla maniera nostra, le sue facoltà mentali ed il suo agire è assai poco per ragionamento e molto per imitazione, specialmente quando trasportato a vivere nel seno della civiltà.
Dominati dagli impulsi naturali e dalla ricerca dell’ozio e dei piaceri individuali, i «negri» sono privi di qualsiasi capacità logico-critica e non concepiscono l’idea del lavoro: piuttosto che costruire una strada o scavare un pozzo, il «negro» preferisce abbandonarsi ogni giorno, senza preoccupazioni di sorta, ai suoi piaceri prediletti, quali il cicaleggiare per ore e ore su argomenti insulsi ripetuti all’infinito, il saltare, il far rumore e talora il litigare o il sollazzarsi con le sue donne. Tutto il resto, per qualsiasi di loro, vale assai me-no”}}</ref></sup>. Secondo lui i “negri” erano privi di qualsiasi capacità logico-critica e non concepivano l’idea del lavoro.
 
A partire dal [[1931]] dichiarò le sue teorie in numerosi trattati e cercò di persuadere l’opinione pubblica attraverso articoli di propaganda razzista pubblicati su numerosi giornali. Fra questi collaborò soprattutto alla [[La difesa della razza|Difesa della razza]] che, attraverso queste teorie, sosteneva la necessità di una propaganda politica aggressiva.
 
Dopo i vari studi compiuti, arrivò alla conclusione che i “negri” erano psichicamente inferiori e per questo nessun progresso sarebbe potuto provenire dalle “razze nere”. Negli anni in cui il fascismo era impegnato nella colonizzazione dell’Africa, sostenne fosse un errore considerare gli etiopici completamente simili agli altri africani, ritenendo bisognasse piuttosto considerarli un gruppo separato. In un saggio scritto negli anni Trenta definì gli etiopici attuali come un “residuo” di uomini già a vastissima distribuzione sul territorio africano con manifestazioni psichiche elevate, rispetto gli altri neri; tuttavia relegò questa superiorità antropologica ad un periodo antichissimo di cui non rimanevano più tracce<ref>{{Cita libro|titolo=F. Cassata op. cit.|p=231}}</ref>. La tesi della superiorità etnica degli etiopici, non essendo in linea con la politica del regime, venne progressivamente accantonata: Cipriani si limitò a ritenere questa popolazione più adeguata al combattere di altre e quindi utilizzabile dagli italiani per le loro conquiste<ref>{{Cita libro|titolo=F. Cassata op. cit.|p=231}}</ref>
 
Queste idee di Cipriani, come l’incitamento a recarsi in Africa per sfruttare le risorse naturali presenti nel territorio, devono leggersi come un tentativo di giustificare moralmente il colonialismoeuropeocolonialismo europeo e quindi anche la conquista italiana dell’Etiopia.
 
Cipriani fu portavoce della convinzione di una dipendenza tra i caratteri somatici e lo sviluppo mentale, riteneva che la “razza negra”avrebbenegra” avrebbe potuto quindi essere un pericolo per quella ariana: il contatto avrebbe portato al regresso di quest’ultima. Egli era diventato un ammiratore delle teorie razziste naziste e dell’[[eugenetica]] praticata in [[Germania]] con l’eliminazione dei malati di mente; queste sue posizioni lo portarono ad identificare un ceppo originario della razza italiana da cui escludeva i meridionali, ideologia rifiutata dal regime fascista che non voleva che si parlasse di più razze in Italia<ref>Il fascismo non aderì mai alla cosiddetta eugenetica negativa, ossia a eliminare gli italiani con handicap fisici o mentale</ref>. Come si legge in ''La difesa della razza di Francesco Cassata'', l’antropologo fiorentino propose un progetto di “sorveglianza” delle migrazioni interne alla penisola, per impedire “l’imbrunimento dei tipi razziali italiani”<ref>{{Cita libro|titolo=F. Cassata op. cit.|pp=205, 207}}</ref>.
 
Per Cipriani la fecondità era in ragione inversa all’elevatezza delle doti fisiche e mentali nonché delle condizioni economiche. Il compito fondamentale del razzismo fascista doveva essere quello di “stimolare la riproduzione dei migliori con la divulgazione dei principi eugenetici coi provvedimenti economici e con appropriata esaltazione dei sentimenti patriottici”<ref>{{Cita libro|titolo=F. Cassata|p= op. cit. |p=205}}</ref>.
 
Cipriani suggerì “una oculata politica degli spostamenti dei tipi etnici sul suolo italiano” <ref>{{Cita libro|titolo=F. Cassata|p= op. cit. |p=205}}</ref>, fino ad ipotizzare la possibilità di un potenziamento di quelli biologicamente più favorevoli, accompagnato “dall’eliminazione di alcuni tipi etnici giudicati indesiderabili” <ref>{{Cita libro|titolo=F. Cassata|p= op. cit. |p=205}}</ref> Considerò la legislazione eugenetica nazionalsocialista un modello da imitare, la [[Sterilizzazione (igiene)|sterilizzazione]], in particolare, avrebbe comportato un “indubbio guadagno sociale per la ridotta generazione dei tarati”<ref>{{Cita libro|titolo=F. Cassata op. cit.|pp=205, -207}}</ref>.
 
==Fascismo, leggi razziali, Manifesto della razza==
«Quando si dice [[razza]] si intende esprimere un concetto biologico ben definito, un complesso cioè di caratteri fisici e psicologici che si tramandano sempre gli stessi da padre in figlio, malgrado le diverse influenze di ambiente e di vita». Questa è la definizione quasi ufficiale della parola razza nell’Italia fascista, tratta dall’articolo di [[Guido Landra]] ''Concetti del razzismo italiano'', nella ''«Difesa della razza»'' del 20 novembre 1938<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/speciali/razzismo/Cortelazzo.html|titolo=}}</ref>.
 
Se oggi sappiamo con assoluta certezza che parlare di razze umane è un’assurdità scientifica, all’epoca, sulla base delle conoscenze biologiche del tempo, l’argomento era oggetto di discussioni. Questo permetteva ai razzisti di avvalorare scientificamente le loro posizioni politiche; teorie razziste erano diffuse anche negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]], dove erano utilizzate per giustificare le discriminazioni degli [[Afroamericano|afroamericani]].
 
Significativo è il caso della [[Venere ottentotta]] spesso utilizzata dall’antropologia fisica fascista come icona di primitivismo e di mostruosità funzionale alla politica coloniale razzista del regime<ref>La Venere ottentotta consente di indagare sulle differenti logiche di rappresentazione del nero in competizione all’interno del gruppo redazionale della Difesa della razza. Dai carteggi conservati presso l’Archivio Centrale dello Stato, emerge la netta disapprovazione di Lidio Cipriani nei confronti dell’utilizzo strumentale del disegno della Venere ottentotta: «Quandovoluta esce il nuovo numero della “Difesa della Razza”?, – scrive, infatti, Cipriani ada Guido Landra. – Cercate che non vi siano altri sfondoni come quello della Venere Ottentotta» Il giudizio di Cipriani è probabilmente motivato dal totale stravolgimento subito dal celebre caso antropologico, ma rispecchia anche un contrasto esistente con Landra circa il ruolo della rappresentazione fotografica del nero nelle pagine della rivi-sta. Mentre Landra, infatti, domanda a Cipriani fotografie «orripilanti», quest’ultimo insiste per riprodurre sulla Difesa della razza fo-tografie «scientifiche»</ref>.
 
Quando nel [[1945]] Cipriani venne incarcerato per essere stato uno dei firmatari del “manifesto''“Manifesto della razza”eglirazza”'' egli cercò di smentire l’accusa, ma in realtà era stato assolutamente coinvolto con il regime fascista e la sua politica razziale, non solo a livello teorico ma anche nell’attuazione pratica.
 
La propaganda razziale e anti-ebraica del regime fascista si basava sulla divulgazione di nozioni pseudo-scientifiche ovvero non su conoscenze corrette utili per migliorare la conoscenza, bensì su teorie artificiose, apparentemente scientifiche, che servivano a compiacere il potere. Gli scienziati che studiarono le razze produssero teorie che parevano scientifiche dal punto di vista dello stile, ma che si fondavano su posizioni precostituite con lo scopo di sostenere l’ideologia fascista, come nel caso citato della Venere ottentotta presente in diversi numeri della ''Difesa della razza.''
 
Durante le sue missioni antropologiche Cipriani aveva raccolto una ricca documentazione fotografica, la sua fotografia ’scientifica’ fu utilizzata per favorire e propagandare il pregiudizio razziale. Nel [[1936]] sostenne che gli israeliti fossero assimilabili positivamente ai mediterranei e giudicò incompatibile l’antisemitismo con il “Pensiero Latino”,<ref>{{Cita libro|titolo=F. Cassata|pp=64, -65}}</ref> Nello stesso anno l’articolo venne riprodotto come capitolo introduttivo nel volume ''“Un assurdo etnico: l’impero etiopico”''<ref>{{Cita libro|titolo=F. Cassata op. cit.|p=230}}</ref>.
 
Nel 1938 però l’antropologo cambiò opinione in merito alla questione ebraica e divenne uno dei dieci firmatari della dichiarazione ''Il fascismo e i problemi della razza'' (pubblicata il [[14 luglio]] sul [[Giornale d'Italia|Giornale d’Italia]], più nota come ''Manifesto degli scienziati razzisti'' o ''Manifesto della razza''), in cui si teorizzavano la concezione ‘biologica’ del razzismo, l’esistenza di una pura razza italiana e la non assimilabilità ad essa degli Ebrei, dei [[Mulatto|mulatti]] e dei “negri”, in quanto appartenenti a una razza non europea. Il Manifesto faceva riferimento alle razze umane affermando che esistevanoc'erano grandi e piccole razze e che esisteva una pura “razza ariana “ di cui facevano parte gli italiani.
 
Già nel giugno 1938 Landra aveva contattato l’antropologo per informarlo che si sarebbe dovuto occupare di questioni inerenti alla razza, partecipando al comitato consultivo della “Biblioteca razziale Italiana”. Il numero del 20 aprile 1942 della ''Difesa della razza,'' interamente dedicato al manifesto del 1938, conteneva un articolo scritto da Lidio Cipriani <ref>{{Cita libro|titolo=F. Cassata op. cit.|pp=39; 46, 64-65, 91}}</ref>'''.'''
 
Gli scritti di Cipriani  e i suoi calchi dei visi delle popolazioni africane funsero da base scientifica all’ideologia del regime e furono uno strumento propagandistico delle ideologie razziste del tempo. Gli appunti dell’antropologo esercitarono un’azione propagandistica su cui venne costruita l’attività del futuro Ufficio della Razza <ref>{{Cita libro|titolo=F. Cassata op. cit.|p=40}}</ref> di cui lo stesso antropologo fece parte e da cui  venne sospeso nel 1941.
 
Pur sottolineando che “l’unità spirituale degli italiani” presentava una sua “base biologica”, Cipriani ritenne che la razza-nazione scaturisse da un “miscuglio” di tipi umani differenti e che al suo interno le élite rappresentassero l’espressione “dell’elemento etnico meglio dotato”, identificato in particolare nel nordico biondo <ref>{{Cita libro|titolo=F. Cassata op. cit.|p=205}}</ref>.
 
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