Scultura etrusca: differenze tra le versioni

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Alle maestranze ceretane sono attribuiti anche il rifacimento del [[tempio di Mater Matuta (Satrico)|tempio dedicato alla Mater Matuta]] a [[Satricum]] (490-480 a.C.) e la decorazione del tempio B di [[Pyrgi]], dove furono impiegate le nuove tecniche coroplastiche giunte dalla Campania; si tratta di quella rivoluzione tecnica e stilistica che [[Alessandro Della Seta]] chiamò "seconda fase" per la quale si abbandonarono i fregi figurativi a favore di decorazioni vegetali o geometriche e si aumentò l'altezza delle lastre in accordo all'aumentata monumentalità degli edifici. Le esigenze narrative venivano svolte dal complesso acroteriale, dagli altorilievi di copertura delle testate dei travi portanti del tetto e dalle antefisse. Il cambiamento anche tecnico che caratterizzò la seconda fase della coroplastica architettonica etrusca, con il mutamento improvviso della composizione dell'impasto, tradisce l'importazione di esperienze già maturate altrove, la cui origine è rintracciabile in area magnogreca. Nella decorazione di Satricum si mostrano, al fianco del tradizionale gusto per l'ornamento e per i dettagli decorativi,<ref>{{Cita|Staccioli 1993|p. 28.}}</ref> gli avanzamenti nella elaborazione plastica dovuti alla ricezione dello stile severo,<ref name=MT97>{{Cita|Torelli 1985|p. 97.}}</ref> che non a caso in questa fase avvicina particolarmente la plastica fittile alla resa tagliente della bronzistica.<ref>{{Cita|Torelli 1985|p. 132.}}</ref> Lo stesso linguaggio è avvertibile nel contemporaneo pseudo-sarcofago fittile con figura di giovane recumbente (conservato al Museo di Caere), ultimo esemplare della serie cui appartengono i due sarcofagi ''degli Sposi''. L'influenza della scuola ceretana è misurabile nel superstite acroterio fittile dal [[tempio dei Sassi caduti]] di Falerii (490-480 a.C.) al Museo di Villa Giulia.<ref name=MT97/> L'ultima grande realizzazione di epoca arcaica della scuola ceretana è la decorazione del tempio A di Pyrgi, databile al 470 a.C. entro la quale si segnala il rilievo di protezione del culmine posteriore, con la saga dei Sette contro Tebe, che si pone come opera di grande sapienza compositiva.<ref name=EAA1994/>
 
Attiva nel [[santuario di Portonaccio]] già nel terzo quarto del VI secolo a.C. la scuola di Veio giunse al proprio apogeo con le decorazioni del tempio a tre celle edificato verso il 510 a.C.: queste comprendevano lastre fittili, antefisse e statue acroteriali tra le quali il noto ''[[Apollo di Veio]]''.<ref>{{Cita|Bianchi Bandinelli e Giuliano 1976|pp. 158-163.}}</ref> Questa scuola dominò la scena scultorea veiente fino al 480 a.C. circa. La decorazione a tutto tondo del tempio presenta tutte le caratteristiche tipiche della scultura tardo arcaica etrusca come greca (nella forma dell'atticismo ionizzante di fine VI secolo a.C.), resa plastica tagliente e attenzione alla volumetria e ai particolari anatomici, ma la carica espressiva implicita nell'evocazione del movimento sembra elevarsi a caratteristica della scuola vulcente se non di una personalità particolare all'interno di essa. Le accentuazioni e le correzioni ottiche, insieme alle qualità già indicate, si pongono come accorgimenti funzionali alla collocazione delle statue stesse a grande altezza.<ref>{{Cita|Torelli 1985|p. 99.}}</ref> La decorazione delle lastre di rivestimento invece rappresenta forse il primo esempio di applicazione delle nuove tecniche coroplastiche di "seconda fase". Si è voluto indicare con il nome convenzionale di Maestro dell'Apollo la personalità che sembra aver dato l'impronta alla fabbrica innegabilmente corale del tempio e della sua decorazione, identificandola con «l'esperto di coroplastica» chiamato a Roma da [[Tarquinio il Superbo]] per l'apparato acroteriale del [[Tempio di Giove Ottimo Massimo|tempio di Giove Capitolino]].<ref name=EAA1994/>
 
=== Classico ===