Attilio Susi: differenze tra le versioni

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Fu consigliere comunale a Roma durante la Giunta Nathan. Membro dal novembre 1910 della Camera del lavoro di Roma, abbandonò nel 1912 il PSI assieme a Leonida Bissolati e ad Ivanoe Bonomi.
 
Dopo aver assunto posizioni interventiste nella prima guerra mondiale, partì volontario per il fronte nel 1915. Al ritorno, fu membro della prima segreteria politica dell'[[Unione Sindacale Italiana|USI]] con [[Alceste De Ambris]] e S. Fasulo (1° giugno 1918)<ref>F. Cordova, ''Le origini del sindacalismo fascista'', Bari, 1975.</ref>.
 
Nelle elezioni politiche del 16 novembre 1919 riuscì eletto in Parlamento per la lista denominata ''d'avanguardia'', composta da riformisti, repubblicani e dalla locale sezione dell'[[Associazione nazionale combattenti e reduci|ANC]]: iscrittosi al salveminiano gruppo parlamentare di Rinnovamento, prese la parola a [[Montecitorio]] in occasione del dibattito sul trattato di San Germano e sulla questione di [[Fiume]].
 
Attivo organizzatore del sindacalismo nazionale, disertò le elezioni del 1921, per ripresentarsi nel listone fascista in quelle del 1924. La rielezione al parlamento non significò però adesione al fascismo, tanto che [[Cesare Rossi]] si rivolse a lui durante la latitanza: [[Domizio Torrigiani]] dissuase però Susi dal proposito di leggere a Montecitorio il memoriale che Rossi gli aveva consegnato, in ordine alle responsabilità di Mussolini nel [[delitto Matteotti]], e ne propiziò invece la pubblicazione sul ''Mondo'' di [[Giovanni Amendola]]<ref>G. Rossini, ''Il delitto Matteotti tra l'Aventino e il Viminale'', Bologna, 1966.</ref>.
 
Dopo essere stato aggredito nel 1926 dagli Santa Marinella dagli squadristi, Susi, ferito gravemente alla testa, espatriò clandestinamente in Francia: inseguito subito dopo da un mandato di cattura, collaborò ad alcuni fogli antifascisti fino alla decisione di abbandonare ogni attività politica. Ottenuta l'autorizzazione a rientrare in Italia, nel 1929, si stabilì nuovamente in Italia e rimase a Santa Marinella fino al 1933, quando ottenne il passaporto per raggiungere la figlia in Francia, dove morì nel natale del 1935<ref>Archivio Biografico Italiano.</ref>.