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È certo comunque che, rientrato in Firenze dopo la morte dei padre ([[1661]]), scrisse quel ''Lamento di Cecco da Varlungo'', che gli garantì una notorietà e popolarità.<ref name=TrecDBI />
 
Nel [[1663]] si trasferì a [[Roma]] come segretario del cardinale [[Siena|senese]] [[IacopoGiacomo Filippo Nini]], dove soggiornò per circa dieci anni, componendo versi in [[Lingua volgare|volgare]] e in [[Lingua latina|latino]],<ref name ="le muse">{{cita libro | capitolo=Francesco Baldovini | titolo=le muse | editore=De Agostini | città=Novara | anno=1964 | volume=II |pp=3-4}}</ref> stringendo numerose amicizia, tra le quali con [[Salvator Rosa]], che assistette amorevolmente negli anni di malattia e aiutò alla conversione religiosa dell'artista napoletano.<ref name=TrecDBI />
 
All'età di quaranta anni, nel [[1674]], prese i voti e si trasferì a San Lorenzo d'Artimino, dove trascorse quasi diciotto anni, dove proseguì anche la sua attività letteraria, scrivendo rime burlesche e laudi sacre, e ripubblicando il suo già famoso Lamento con con lo pseudonimo-anagramma di Fiesolano Branducci. Nel 1700 ottenne infine la carica di priore del [[Chiesa di Santa Felicita (Firenze)|monastero di Santa Felicita]] in Firenze.<ref name ="le muse" /> Morì in Firenze il 18 novembre 1716.<ref name=TrecDBI />
 
Si dedicò oltre che alla prosa scientifica, ai generi letterari più frivoli e accademici: capitoli burleschi e satire, poemi eroicomici e commedie letterarie e quei poemetti, o "idilli" rusticali, nei quali ultimi, più che uno schietto intento satirico nei confronti della gente del contado, trovavano espressione il diletto erudito e la mania linguaiuola, caratteristica dei letterati toscani.<ref name=TrecDBI />