Acquedotto romano: differenze tra le versioni

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Le sorgenti erano di gran lunga le più comuni fonti di acqua degli acquedotti; la maggior parte del rifornimento d'acqua di Roma proveniva da varie sorgenti della valle dell'Aniene e dagli altopiani circostanti. L'acqua della sorgente era immessa in una prima struttura di pietra o di cemento in quota e poi entrava nel condotto dell'acquedotto.
 
Se l'acqua era portata da una certa distanza, il territorio in cui doveva essere situato l'acquedotto, doveva essere ispezionato per assicurare che l'acqua potesse scorrere con un gradiente accettabile per l'intera distanza. Sorgenti sparse richiedevano diversi condotti che alimentavano un canale principale<ref name="Taylor, R. 2012">Taylor, R. (2012). Rome's Lost Aqueduct. (Cover story). Archaeology, 65(2), 34-40.</ref>. Alcuni sistemi attingevano acqua da riserve appositamente costruite tramite dighe, come le due (ancora in uso) che rifornivano di acqua la città provinciale di [[Emerita Augusta]], l'attuale [[Méridamestre (Spagna)|Mérida]]<ref>{{Cita|Mays|p. 116.}}</ref>.
 
Nell'ottavo libro del [[De Architectura]], [[Marco Vitruvio Pollione|Vitruvio]] descrive la necessità di garantire una alimentazione continua, i metodi di prospezione, e i test per verificare potabilità dell'acqua. Diversi strumenti erano utilizzati per tracciare il percorso degli acquedotti nel territorio. I livelli orizzontali erano verificati usando un ''[[chorobates]]'', una struttura lignea con una livella ad acqua. Percorsi e angoli potevano essere tracciati e verificati usando una ''[[groma]]'', un semplice apparato che fu in seguito sostituito da una più sofisticato, la [[dioptra]], un precursore del moderno [[teodolite]].