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Alberto Boatto è una dei personaggi più originali della critica d’arte in Italia dell’ultimo mezzo secolo. Dai primi anni Sessanta ad oggi si è dedicato a importanti studi sull’avanguardia del primo Novecento (dada, [[Marcel Duchamp]]), sui caratteri estetici e culturali del mondo moderno, dalle sue origini ottocentesche in avanti, e saggi sulle tendenze più recenti delle arti visive. Ha fondato e diretto le riviste «cartabianca» e «Senzamargine» (1968-69) e «La città di Riga» (1976-77).
Nato nel 1929 a Firenze, si formò autonomamente, senza insegnanti – eccetto la figura di Primo Conti, al quale si appoggiò nel periodo giovanile –, ed entrò grazie al concorso alla RAI alla fine degli anni Cinquanta. Questa fu un’esperienza che lo stancò presto e così preferì l'insegnamento nelle Accademie di belle arti, prima a Urbino, dove lo chiamò Concetto Pozzati, e poi a Roma.
Nel 1974 Boatto curò una mostra, Ghenos Eros Thanatos,
Alberto Boatto andò a New York nell’autunno del 1964 per incontrare gli artisti che in quegli anni stavano radicalmente cambiando l’arte e le sue creazioni. Egli visitò gli studi di Robert Rauschenberg, Jasper Johns, Roy Lichtenstein, Claes Oldenburg ed ebbe un incontro ravvicinato con le opere di [[Andy Warhol]], [[George Segal]], [[Jim Dine]] e altri. Frequentò direttamente l’ambiente artistico delle gallerie di Leo Catelli e Sidney Janis. Quegli ambienti gli vengono ricordati dalle immagini scattate da Ugo Mulas e raccolte, nel 1968, nel volume New York: arte e persone. Queste esperienze portarono Boatto a scrivere il suo libro più noto, ''Pop art in U.S.A.'' (1967; nuova edizione Laterza 2015), un’opera che è tutt’oggi un modello di lettura utile e originale, basata dalla sua innata curiosità intellettuale e da un’analisi che ha contrastato i pregiudizi avanzati da molti critici del tempo nei confronti della Pop Art.
Il critico d’arte fu molto interessato nei primi anni settanta a un contesto in cui gruppi e tendenze si mescolano e convivono. Alcuni artisti che emergono tra i due decenni come Gino De Dominicis, Vettor Pisani, o anche, su altri versanti, Luigi Ontani e Salvo, ne furono testimoni.
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