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===Narciso infranto. L’autoritratto moderno da Goya a Warhol ===
In ''Narciso infranto. L’autoritratto moderno da Goya a Warhol'', Boatto inizia ponendo un interrogativo strettamente personale del mondo della ritrattistica:”Chi"Chi sono io?", a cui si impegna di rispondere l’autoritratto. L’autore spiega come l’autoritratto non corrisponda affatto al ritratto, ma sia anzi il suo opposto, in quanto l’artista dinnanzi al suo volto si sente dire ''“questo"questo è il tuo volto”''volto", pensando però ''“questo"questo è il mio volto”''volto".
Boatto spiega come, proprio nella differenza dell’aggettivo possessivo si trovi l’ineluttabile differenza di pittura, nonostante entrambe si dedichino alla fisionimia e all’apparenza dei corpi.
Egli parla dell’''”uomo"uomo invisibile”''invisibile" presente in ognuno di noi; spiega che la natura tende a conservarci in uno stato ombroso, di cecità nei confronti di noi stessi e prende ad esempio una stanza affollata in cui ci troviamo: ognuno sa di essere diverso dall’altro e ciò lo avverte dalla propria fisionomia e da quella altrui, ma si trova in una condizione di invisibilità sconosciuta pure a se stesso. Il volto dell’altro ci appare più familiare del nostro volto e l’uomo invisibile dentro ciascuno di noi si manifesta nella solitudine.<ref>{{cita |Narciso Infranto. L’autoritratto moderno da Goya a Warhol|p. 7}}</ref>{{Citazione|Il pittore riflette le porprie fattezze dentro lo specchio per rappresentarsi-per definire la propria natura|}} dichiara, ma è qui che sta la sottile frode: vi è un inversione dell’asse facciale, un mutamento nell’ordine simmetrico, così che l’artista non possa mai vedersi come gli altri lo vedono.
Il pittore non è più uno, ma due, si sdoppia divenendo così il soggetto agente (l’artista) e l’oggetto inerme che viene ritratto. Egli, in questo modo, si guarda e inevitabilmente si giudica e si misura, prendendo le distanze da se stesso e studiandosi. Ecco che infatti Boatto presenta questa condizione di solitudine tanto temuta e al contempo desiderata dall’animo umano.
In questo modo il critico riesce a trattare il tema della morte, o meglio: la paura della morte, di una fine. Il pittore, dipingendo se stesso, cerca di imprimere sulla tela un io eterno, anche se in parte sconosciuto,<ref>{{cita |Narciso Infranto. L’autoritratto moderno da Goya a Warhol|p. 11}}</ref>{{Citazione|l’autoritratto rappresenta una puntata giocata contro il tempo, una polizza assicurativa emessa contro la morte.|Alberto Boatto}} Così l’artista sa che lascerà una memoria di sé e combatte quel lato oscuro e quasi spaventoso della solitudine, tanto temuta in vita quanto fuori da essa.
Dopo questa prima introduzione viene fatta risalire l’origine mitica dell’autoritratto proprio a Narciso, come ci suggerisce il titolo stesso dell’opera. Narciso respinge il tu, dall’altro sesso al mondo nella sua interezza, Narciso preferisce il duplicato di se stesso, negandosi la vita; preferisce la solitudine a “quel copioso universo che si agita alle sue spalle”, ma la morte è il prezzo che dovette pagare per poter avere la conoscenza di se stesso.
Secondo l’autore, l’autoritratto, come espressione della modernità, nasce dalle fratture che accompagnano la Cristianità, in quanto è necessario che il legame tra l’uomo e il sacro cominci a lacerarsi in modo da rendere l’uomo indipendente e autonomo.
E così nei primissimi autoritratti <<moderni>> sembra di poter intravedere la psicologia di questo passaggio epocale, come si può vedere nell’autoritratto di [[Filippo Lippi]] nella pala monumentale della Incoronazione della Vergine a cui lavorò fra il 1441 e il 1447.
Insorge la domanda del perchè allora il titolo di <<Narciso Infranto>>, a cui Boatto risponde spiegando come gli ultimi due secoli e l’avvenimento del moderno segnino la profonda disgregazione di Narciso e, con lui, quella dell’autoritratto. Nel corso dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento ritorna quel mondo che Narciso aveva rifiutato con noncuranza, fanno ritorno <ref>{{cita |Narciso Infranto. L’autoritratto moderno da Goya a Warhol|p. 20}}</ref>{{Citazione|le potenze inconscie e notturne che rodono in profondità la coscienza dell’uomo e, in compagnia discorde e consonante con esse, sono le potenze cupe e luminose del cosmo.|Alberto Boatto}}
Goya si era chiesto com’è mai possibile affrontare soli la morte quando la speranza che era stata condivisa per secoli dall’Europa cristiana non vi è più, e [[Warhol]], un secolo e mezzo più tardi, si pone lo stesso interrogativo, caricandosi del peso della morte e inquadrandola con il suo obiettivo fotografico, guarda all’epoca della comunicazione di massa.
È a questo punto che Boatto si occupa di confrontare e presentare una grande varietà di autoritratti partendo proprio da Goya e arrivando allo stesso Warhol, sulla soglia del terzo millennio e conclude riallacciandosi all’immagine di Narciso, che però ha ora imparato a volgere lo sguardo in direzione dell’universo.
 
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===Ghenos Eros Thanatos===
 
Il libro di Alberto Boatto, ''Ghenos Eros Thanatos'' e altri scritti sull’arte (1968-1985), a cura di Stefano Chiodi, è un documento e l’espediente forse più originale e audace con cui la critica, negli anni Settanta, ha reinventato se stessa. Il libro si compone dei testi e delle foto del libro-mostra di ''Ghenos Eros Thanatos'', la mostra organizzata da Boatto il 15 novembre 1974 alla Galleria de’ Foscherari di Bologna.<ref>{{cita |Migliore}}</ref>
Nutrito di letture filosofiche e letterarie, psicoanalitiche e antropologiche, con una preferenza per i grandi distruttori – Sade, Freud, Nietzsche, e Artaud e Bataille fonti del Foucault della Trasgressione (1963) – Boatto pensa l’immaginario come luogo del doppio.
Capisce perciò che l’evento accade attraverso l’oggetto e comprende, confrontandole, le poetiche di Pascali e Kounellis. Nel primo, che ha ripreso possesso dell’infanzia, l’immaginario mira a sostituire la realtà con animazioni e contraffazioni; nel secondo reale e immaginario non sono ancora separati dalla ragione e risultano uniti temporalmente, in visioni mitiche o arcaiche (''L’immaginario in Pascali e Kounellis, 1973''). Le componenti psicologiche, estetiche e culturali che propone Boatto, vanno a comporre lo scenario artistico di ''Ghenos Eros Thanatos''; si nota il desiderio<ref>{{cita |Stefano Chiodi, Alberto Boatto: Ghenos Eros Thanatos}}</ref>{{Citazione|di evocare in forma tacita i fantasmi spaventosi della vicenda novecentesca, l’ancora indigerita eredità dei fascismi, il culto della morte e la vertigine erotica che li avevano accompagnati: di riconnettere il presente alla parte maledetta della vicenda europea – come in quegli stessi anni facevano, in forme e contesti diversi, Fabio Mauri e Hans-Jürgen Syberberg – vista da dentro la condizione scettica e spettacolare propria della loro contemporaneità.|Stefano Chiodi}}
Boatto scrive che Ghenos Eros Thanatos è una ''“mostra-libro”'' concepita come <ref>{{cita |Stefano Chiodi, Alberto Boatto: Ghenos Eros Thanatos}}</ref>{{Citazione|un periplo attorno alle situazioni limite della vita, che si configura per gran parte come una circumnavigazione del negativo e in cui compie il passaggio dal reale al significativo, come un tempo si andava dal profano al sacro, o dal materiale allo spirituale.|Alberto Boatto}} Un capitolo di questa “mostra-libro” contiene già un’anticipazione dei temi che svilupperà più ampiamente nel Cerimoniale di messa a morte interrotta di tre anni dopo.
Boatto stesso dice di aver fatto ricorso alla mitologia, che gli erano familiari i nomi e le vicende di Narciso, di Anteo, d’Icaro, di Dioniso. Egli parla della mitologia come qualcosa ricondotta nell’oscurità dell’inconscio, da cui alcuni spezzoni vengono tratti fuori da Freud e da Jung.
<ref>{{cita |Stefano Chiodi, Alberto Boatto: Ghenos Eros Thanatos}}</ref>{{Citazione|Nella sfera pubblica, al posto della mitologia classica col suo componente di luce, sono succedute pessime ideologie fatte solo d’ombra, che poi sono risultate delle mitologie degradate.
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{{cita web| https://www.doppiozero.com/materiali/alberto-boatto-ghenos-eros-thanatos | Alberto Boatto: Ghenos Eros Thanatos | autore= Stefano Chiodi | cid=Stefano Chiodi, Alberto Boatto: Ghenos Eros Thanatos }}
 
{{cita web| https://www.alfabeta2.it/2016/07/28/alberto-boatto-cieco-dentro-la-luce/ | autore= Tiziana Migliore | Alberto Boatto, cieco dentro la luce | cid=Migliore }}
 
{{cita web| http://www.arteecritica.it/onsite/BOATTO.html | Come dentro ad uno specchio. Arte, cultura e civiltà in Alberto Boatto | autore= Roberto Lambarelli | cid=Lambarelli}}