I concetti aristotelici di forma sostanziale e forma finale persero ogni originario significato con l'avvento della [[scienza]] moderna e assunsero un valore del tutto diverso nella formulazione [[kant]]iana.
Il rapporto materia-forma assume infatti nel pensiero kantiano una funzione [[gnoseologia|gnoseologica]]-[[trascendentale]] per cui nella ''[[Critica della ragion pura]]'' Kant intende per materia «ciò che corrisponde alla sensazione» e per forma «ciò per cui il molteplice del fenomeno può essere ordinato» secondo le forme pure ''a priori'' di [[Spazio (fisica)|Spazio]] e [[Tempo]]. La stessa attività formale poi è attribuita alle [[categoria (filosofia)|categorie]] o concetti puri dell'[[intelletto]] (par.13), a loro volta ordinati dall'attività sintetico formale dell'''Io penso'' (par.16).
Il carattere formale sarà poi la caratteristica fondamentale della ''[[Critica della ragion pratica]]'' kantiana, che si propone di indicare non quali comportamenti morali debba concretamente mettere in atto l'uomo, ma come debba atteggiarsi la volontà, quale ''forma'' essa debba assumere nel predisporsi a compiere l'azione morale, obbedendo al carattere formale dell'imperativo categorico.