Judo: differenze tra le versioni

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Il {{nihongo|'''judo'''|柔道|jūdō|extra = Via della Cedevolezza}} è un'[[arte marziale]], uno [[sport da combattimento]] e un metodo di [[difesa personale]] [[giappone]]se formalmente nato in Giappone con la fondazione del [[Kodokan|Kōdōkan]] da parte del Prof. [[Jigoro Kano|Jigorō Kanō]], nel [[1882]]. I praticanti di tale disciplina sono denominati judoisti o più comunemente {{nihongo|[[judoka]]|柔道家|jūdōka}}.<ref>Il suffisso {{nihongo|'''ka'''|家|ka}} è usato in Giappone per denotare coloro che intraprendono una qualsiasi attività in modo serio e continuativo. In particolare, l'ideogramma deriva dai radicali {{nihongo|'''ben'''|宀|ben|corona}} e {{nihongo|'''inoko'''|豕|inoko|maiale}}, ma denota comunemente un casato o comunque una famiglia. L'utilizzo nelle arti marziali difatti sottintende l'ingresso effettivo nella famiglia dei praticanti e quindi per estensione, andrebbe usato indicativamente per i gradi dal 3º dan in poi, essendo questi ultimi – almeno in teoria – meno inclini ad abbandonare la famiglia dei praticanti dell'arte marziale. Ciò detto, è tuttavia accettabile autodefinirsi "jūdōka" poiché è puramente una questione di coscienza personale relativamente al sentimento di appartenenza alla famiglia del jūdō. L'appellativo di "jūdōista", in tal senso, è da considerarsi altresì sempre appropriato.</ref>
 
{{Citazione|Il jūdō è la ''via'' {{nihongo||道|}} più efficace per utilizzare la forza fisica e mentale. Allenarsi nella disciplina del jūdō significa raggiungere la perfetta conoscenza dello spirito attraverso l'addestramento attacco-difesa e l'assiduo sforzo per ottenere un miglioramento fisico-spirituale. Il perfezionamento dell'io così ottenuto dovrà essere indirizzato al servizio sociale, che costituisce l'obiettivo ultimo del jūdō.<ref name=Kano2005a-23>{{cita|Kano 2005 a|pag. 23}}.</ref>
Jū {{nihongo||柔|}} è un bellissimo concetto riguardante la logica, la virtù e lo splendore; è la realtà di ciò che è sincero, buono e bello. L'espressione del jūdō è attraverso il ''waza'', che si acquisisce con l'allenamento tecnico basato sullo studio scientifico.<ref>{{cita|Mifune|pag. 21}}.</ref>|Jigorō Kanō}}
 
Il jūdō è in seguito divenuto ufficialmente disciplina olimpica nel [[1964]] in occasione delle [[Giochi della XVIII Olimpiade|Olimpiadi di Tōkyō]], e ha rappresentato alle [[Giochi della XXVIII Olimpiade|Olimpiadi di Atene]] [[2004]] il terzo sport più universale con atleti da 98 diversi Paesi, mentre alle [[Giochi della XXX Olimpiade|Olimpiadi di Londra]] hanno partecipato 387 atleti da 135 diversi Paesi.<ref>[http://kodokan.org/e_info/topics201301.html Messaggio per l'Anno Nuovo dal Presidente Haruki Uemura] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20130914234638/http://kodokan.org/e_info/topics201301.html |data=14 settembre 2013 }}</ref>
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Vi furono importanti cambiamenti culturali nella vita dei giapponesi dovuti all'assorbimento della mentalità occidentale e naturalmente ciò provocò un rigetto di tutto ciò che apparteneva al passato, compresa la cultura guerriera che tanto aveva condizionato la vita del popolo durante il periodo feudale. Il [[Jujitsu|jū-jutsu]], essendo parte integrante di questa cultura, lentamente scomparve quasi del tutto. Inoltre, le [[arti marziali]] tradizionali vennero ignorate anche a causa della diffusione delle [[armi da fuoco]] e molti dei numerosi [[Dojo]] allora esistenti furono costretti a chiudere per mancanza di allievi; i pochi rimasti erano frequentati da ex-samurai lottatori professionisti pagati appunto per combattere (essendo il loro unico mezzo di sostentamento) e che talvolta venivano coinvolti in episodi di violenza o crimini. Questo influenzò ulteriormente il giudizio negativo del popolo nei confronti del jū-jutsu nel quale vedeva un'espressione di violenza e sopraffazione.
 
{{Citazione|Per la nuova disciplina che volevo diffondere ho evitato di proposito anche i nomi tradizionali fino ad allora largamente usati, quali "jū-jutsu", "tai-jutsu", "yawara", [...] e ho adottato "jūdō". I motivi per cui ho voluto evitare le denominazioni tradizionali erano più d'uno. A quel tempo molti avevano del jū-jutsu o del tai-jutsu un concetto diverso da come io li intendevo; non pensando minimamente a un beneficio fisico e mentale, li collegavano immediatamente ad azioni violente come strangolamenti, lussazioni, fratture, contusioni e ferite... Era un'epoca in cui le trasformazioni sociali costringevano gli uomini di spada e del jū-jutsu, un tempo celebri, ad affrontare un nuovo modo di vivere, perché venivano perdendo la protezione dei potenti feudatari, tanto che qualcuno di essi, dedicandosi al commercio a cui non era educato, a volte cadeva in una vita misera di vagabondo, mentre altri, per sbarcare il lunario, dovevano esibire le loro capacità senza pudore. Perciò, quando si parlava di arte della spada o di jū-jutsu, nessuno immaginava che si trattasse della preziosissima disciplina che tramandava la quintessenza della cavalleria samurai. Queste cose mi indussero a rinnovare almeno il nome della disciplina, altrimenti mi sarebbe risultato difficile anche trovare degli allievi che vi si dedicassero.<ref name=Kano2005a-22-23>{{cita|Kano 2005 a|pag. 22-23}}.</ref>|Jigorō Kanō}}
 
=== Jigorō Kanō ed il jū-jutsu ===
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{{Citazione|Tenshin Shin'yō è una scuola nata da Iso Mataemon unendo i metodi di Yoshin-ryū e Shin-no-shindo-ryū. Nell'infanzia il nome del Fondatore era Okayama Hachirogi, divenuto Kuriyama Mataemon alla maggiore età, e finalmente era stato adottato dalla famiglia Ito ed assunto dal Bakufu col titolo di Iso Mataemon Ryu Kansai Minamoto Masatari.|Jigoro Kano}}
 
Inoltre, come spiega [[Sanzo Maruyama]], il nome della scuola deriva da «''yo'', che significa "salice" e ''shin'' che significa "spirito". La scuola dello ''spirito come il salice'' si ispira alla flessibilità dell'albero», «questa scuola studiava ''atemi'', ''torae'' e ''shime'', principalmente in costume di città. Non dava importanza alle proiezioni.»<ref name="Barioli2004-22">{{cita|Barioli 2004|pag. 22}}.</ref>
 
Nel [[1879]], Fukuda propose al giovane Kanō di partecipare all'esibizione di jū-jutsu per il [[Presidente degli Stati Uniti d'America]] [[Ulysses Simpson Grant]], dove i maestri Iso e Fukuda avrebbero dato una dimostrazione del [[kata]] mentre Kanō e [[Godai Ryusaku]] del [[randori]]. Il Presidente fu molto colpito dall'esibizione e confidò allo stesso Fukuda che avrebbe voluto che il jū-jutsu divenisse più popolare negli [[Stati Uniti]].
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In seguito alla morte del maestro Iso e al raggiungimento della laurea in Lettere presso l'[[Università Imperiale di Tokyo]] nel [[1881]], Kanō si trovò nuovamente alla ricerca di un nuovo maestro. Chiese quindi dapprima al maestro [[Masaki Motoyama]] un rispettato maestro della [[Kitō-ryū]], ma questi non essendo più in grado di insegnare data l'età, gli suggerì di fare richiesta al maestro [[Tsunetoshi Iikubo]], amico di Motoyama ed esperto di kata e di [[nage-waza]].
 
Scrive [[Brian Watson|Watson]]: «Ci sono molte differenze degne di rilievo tra lo stile Tenshin Shin'yō e lo stile Kitō. Ad esempio, il Tenshin Shin'yō possiede un maggior numero di tecniche di strangolamento e di immobilizzazione rispetto al Kitō, mentre quest'ultimo ha sempre avuto tecniche di proiezione di maggior efficacia.»<ref name="Watson2005-37">{{cita|Watson 2005|pag. 37}}.</ref>
 
{{Citazione|Dopo due anni di studio e allenamento, iniziati attorno al 1878, il mio fisico cominciò a trasformarsi e al termine di tre anni avevo acquisito una notevole robustezza muscolare. Sentivo leggerezza nell'animo e m'accorgevo che il carattere alquanto irascibile che avevo da ragazzo diveniva sempre più mite e paziente e che la mia indole acquistava maggiore stabilità. Non si trattava solo di questo: ero consapevole di aver guadagnato benefici sul piano spirituale. Pertanto, alla conclusione dei miei studi di jū-jutsu, approdai a una mia verità: cioè che questo insegnamento poteva essere applicato a risolvere qualsiasi circostanza in ogni momento della vita, tanto che in me si fece strada la convinzione che tale beneficio psicofisico dovesse essere portato a conoscenza di tutti e non solo riservato a una ristretta cerchia di praticanti.<ref name=Kano2005a-23/>|Jigorō Kanō}}
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Scrive [[Cesare Barioli|Barioli]]: «Nel febbraio 1882 aveva affittato un alloggio nel tempio di [[Eishōji|Eishō]], a Shitaya-kita, nel quartiere Umebori.»<ref name="Barioli2004-33">{{cita|Barioli 2004|pag. 33}}.</ref>
 
E [[Brian Watson|Watson]] precisa: «In un quartiere di [[Tokyo|Tōkyō]] conosciuto come Shitaya-kita Inarichō, trovò un tempio buddhista chiamato [[Eishōji]] che aveva a disposizione varie stanze vuote da prendere in affitto. Dopo aver visitato il tempio e contattato l'abate, un monaco di nome [[Shunpo Asahi]], Jigorō decise di affittare tre stanze: la più piccola la tenne per sé, quella media la destinò all'accoglienza dei suoi allievi, e quella più grande la trasformò in un dōjō con un tatami costituito da dodici tappetini.»<ref name="Watson2005-40">{{cita|Watson 2005|pag. 40}}.</ref>
 
Per inciso, l'[[Eishōji]] secondo l'odierna toponomastica di Tōkyō, si trova nel quartiere [[Taitō (Tokyo)|Higashiueno, Taitō]], nelle vicinanze del [[Parco di Ueno]],<ref>L'entrata dell<nowiki>'</nowiki>''Eishōji'' [https://www.google.com/maps/preview/place/Eishoji/@35.7109145,139.7816859,17z/data=!4m5!1m2!2m1!1seishoji+tokyo!3m1!1s0x0:0xede7a038dbbfb370 東上野 永昌寺].
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Il Prof. Kanō riprese allora il termine "jūdō", che [[Terada Kan'emon]], il quinto [[sōke]] della [[Kitō-ryū]], aveva coniato quando aveva creato il proprio stile e fondato la sua scuola, la [[Jikishin-ryū]],<ref name="Waterhouse1982-170-171">{{cita pubblicazione
|cognome = Waterhouse|nome = David|anno = 1982|titolo = Kanō Jigorō and the Beginnings of the Jūdō Movement|conferenza = symposium|città = Toronto|pp = 170-171}}</ref><ref name="Draeger1973">{{cita libro|autore = Donn F. Draeger|titolo = Classical Budo - The Martial Arts and Ways of Japan|volume = 2|editore = Weatherhill|isbn = 978-0-8348-0234-6}}</ref> ma che, come lo stesso Kanō fa notare, «esisteva anche prima della [[Restaurazione Meiji]] (un esempio ne è la scuola [[Chokushin-jūdō]]).»<ref name="Kano2005a-229">{{cita|Kano 2005 a|pag. 229}}.</ref>
Lo stile venne conosciuto anche come "Kanō jū-jitsu" o "Kanō jū-dō", poi come "Kōdōkan jū-dō" o semplicemente "jū-dō" o "jūdō". Nel primo periodo, venne anche chiamato "jū-jitsu", da cui sono derivate ambiguità persistenti soprattutto all'estero fino agli anni quaranta.<ref>Al riguardo è emblematico il titolo del libro di [[O. H. Gregory]] e [[Tsunejirō Tomita]], ''Judo: La moderna scuola del Jū-Jitsu'', Chicago, O. H. Gregory, ~1906.</ref>
 
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Riguardo ai membri del primo [[Kōdōkan]] scrive ancora [[Brian Watson|Watson]]: «Il primo allievo di Jigorō nel nuovo dōjō fu [[Tsunejirō Tomita]], un giovane proveniente dalla [[penisola di Izu]], nella [[prefettura di Shizuoka]]» e «il secondo allievo ad essere ammesso al dōjō fu un ragazzo di nome [[Shirō Saigō]], che in seguito sarebbe diventato uno dei migliori jūdōka della sua generazione. Tra gli altri allievi che si unirono alla scuola di Kanō vi furono vari colleghi universitari di Jigorō, studenti ed ex-studenti della [[Gakushūin]], e alcuni suoi amici.»<ref name="Watson2005-40" />
Inoltre i rapporti con il maestro [[Tsunetoshi Iikubo|Iikubo]] non si erano certo interrotti, anzi, Kanō accettava di buon grado le visite del [[sōke]] della [[Kitō-ryū]] sia dal punto di vista tecnico, in quanto gli allievi potevano apprendere direttamente da Iikubo i particolari del suo [[Jujitsu|jū-jutsu]], sia ovviamente dal punto di vista personale per la profonda stima che ognuno aveva dell'altro.
Tuttavia il padrone del tempio, il signor [[Shunpo Asahi|Asahi]], prete del [[Buddhismo giapponese#Scuola J.C5.8Ddo .28.E6.B5.84.E5.9C.9F.E5.AE.97.2C J.C5.8Ddo sh.C5.AB.29|Jōdo-shū]], una delle più antiche sette [[Buddhismo giapponese|buddhiste del Giappone]],<ref name="Barioli2004-34-39">{{cita|Barioli 2004|pagg. 34-39}}.</ref> a causa dei rumori dovuti alla pratica, più volte dovette redarguire Kanō e i suoi, finché non si decise di costruire il primo vero e proprio dōjō esterno ai locali del tempio.
 
Il jūdō quindi, strettamente all'arte del combattimento, venne completamente collaudato durante il periodo a cavallo tra il [[Anni 1890|XIX]] e il [[Anni 1900|XX secolo]]. Il riconoscimento della sua eccellenza pratica e teorica nell'ambito del {{nihongo|'''[[bujutsu]]'''|武術|bu-jutsu|extra = arti marziali}} senz'armi contribuì a salvare molti altri {{nihongo|'''[[koryu|ryū]]'''|流|ryū|extra = scuola, stile}} e metodi dall'oblio, nonostante il periodo storico non certamente favorevole. Già nel [[1905]], infatti, gran parte delle vecchie scuole di jū-jutsu si era integrata con il Kōdōkan contribuendo così allo sviluppo e alla diffusione del metodo Kanō in tutto il mondo.<ref name="RattiWestbrook1977-372">{{cita|Ratti, Westbrook|pag. 372}}.</ref>
 
=== La filosofia del Kōdōkan jūdō ===
[[File:Kodokan Jigoro Kano Statue.jpg|left|thumb|Statua di Jigorō Kanō Shihan all'entrata del Kōdōkan di Tōkyō.]]
 
Nel [[1882]] [[Jigorō Kanō]] era docente di [[Lingua inglese|inglese]] ed [[economia]] alla [[Gakushūin]].<ref name="Watson2005-177">{{cita|Watson 2005|pag. 177}}.</ref> Dotato di straordinarie capacità pedagogiche, intuì l'importanza dell'attività motoria e dell'addestramento al combattimento, se insegnati adeguatamente per lo sviluppo fisico ed intellettuale dei giovani.
 
{{Citazione|Il jū-jutsu tradizionale, come tante altre discipline del bu-jutsu, poneva l'obiettivo strettamente ed esclusivamente sull'attacco-difesa. È probabile che molti maestri abbiano anche impartito lezioni sul significato della Via e altrettanto sulla condotta morale, ma, adempiendo il loro dovere di insegnanti, la meta primaria rimaneva quella di insegnare la tecnica.
Diverso è invece il caso del Kōdōkan, dove si dà importanza anzitutto all'acquisizione della Via e la tecnica viene concepita unicamente come il mezzo per raggiungere tale obiettivo. Il fatto è che le ricerche sul jū-jutsu mi portarono verso una Grande Via che pervade l'intero sistema tecnico dell'arte, mentre lo sforzo e i tentativi per definire l'entità della scoperta mi convinsero chiaramente dell'esistenza della Via Maestra, che ho definito come "la migliore applicazione della forza mentale e fisica".<ref name=Kano2005b-228>{{cita|Kano 2005 b|pag. 228}}.</ref>|Jigorō Kanō}}
 
Quindi, [[Jigorō Kanō]] Shihan eliminò dal [[randori]] tutte le azioni di attacco armato e di colpo, che potevano portare al ferimento (talvolta grave) degli allievi: tali tecniche furono ordinate solo nei [[kata]], in modo che si potesse praticarle senza pericoli. E infatti, una delle caratteristiche fondamentali del jūdō è la possibilità di effettuare una tecnica senza che i praticanti si feriscano. Ciò accade grazie alla concomitanza di diversi fattori quali l'abilità di [[Uke (arti marziali)|uke]] nel cadere, la corretta applicazione della tecnica da parte di [[Tori (arti marziali)|tori]], e alla presenza del [[tatami]] che assorbe la caduta di [[Uke (arti marziali)|uke]]. Nel combattimento reale, come può essere una situazione di pericolo contro un aggressore armato o non, una tecnica eseguita correttamente potrebbe provocare gravi menomazioni o finanche essere fatale.
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Spiegò che l'ideogramma {{nihongo|"''bun''"|文}} comprendeva i concetti di cultura, raffinatezza, buon carattere, chiarezza di visione e d'intelligenza. {{nihongo|"''Bu''"|武}} significa capacità di combattere, forza di volontà, concentrazione, capacità di mantenere la calma. Divideva questo ideogramma in due parti; [...] La parte in basso a sinistra significa "controllare" o "fermare", la parte in alto a destra era il vecchio carattere che significava "lancia". L'ideogramma, complessivamente, significa "''controllare la lancia''".
Vuol dire che bisogna imparare a usare la lancia, non allo scopo di attaccare, ma per "controllare la lancia" con cui si viene attaccati.
Questa doveva essere la base fondamentale della forza ''bu'' che si ottiene praticando il jūdō o altre arti marziali.<ref name=Leggett2005-83>{{cita|Leggett|pag. 83}}.</ref>|Trevor Leggett}}
 
=== Il judo nel XX secolo e agli inizi del XXI secolo ===
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{{Citazione|Come ripeto ogni volta, il judo è una disciplina concepita come Grande Via, ossia universale. Esso permette di graduare l'insegnamento secondo la necessità e l'interpretazione personale. Può essere concepito come bujutsu, può costituire un'educazione fisica, interessare la coltivazione mentale e morale, fino a permettere l'applicazione della capacità acquisite al vivere quotidiano. Diverso è invece il caso degli sport agonistici, che rappresentano un genere di attività fisica dedicato essenzialmente al risultato di vittoria-sconfitta, anche se l'allenamento ad essi, a patto che sia eseguito in modo corretto, porta un giovamento sul piano fisico e mentale e quindi può risultare efficace e utile, cosa di cui nessuno discute.
 
Fatto sta che la differenza è enorme: mentre negli sport competitivi l'obiettivo si confina nell'ambito ristretto di ricercare la vittoria, quello del judo propone una finalità ampia e complessa, tanto che possiamo definire gli sport competitivi come un'applicazione parziale dell'obiettivo in cui si riconosce la disciplina del judo. Dunque è plausibile, anzi lecito, interpretare il judo anche nell'accezione agonistica e competitiva, anche se questo rappresenta un genere di allenamento che da solo non porta al compimento dell'obiettivo vero e proprio della disciplina. In altre parole: è vero che bisogna riconoscere nell'esigenza dei tempi l'istanza del judo come sport da competizione, tuttavia senza dimenticare nemmeno per un attimo quale ne è il significato e la vera funzione.<ref name=Kano2005a-269-270>{{cita|Kano 2005 a|pagg. 269-270}}.</ref>|Jigorō Kanō}}
 
[[File:Nicola Tempesta.jpg|right|thumb|Il maestro [[Nicola Tempesta]] nel 1966. Oggi 8º dan, è stato il primo ''judoka'' italiano a vincere la medaglia d'oro ai Campionati Europei nel 1957.]]
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* All'interno delle [[nage-waza]] si distinguono le {{nihongo|'''tachi-waza'''|立技|tachi-waza|tecniche in piedi}}, ovvero le tecniche in cui [[Tori (arti marziali)|tori]] proietta [[Uke (arti marziali)|uke]] rimanendo in una posizione di equilibrio stabile, e le {{nihongo|'''sutemi-waza'''|捨身技|sutemi-waza|tecniche di sacrificio}}, ovvero le tecniche in cui tori proietta uke sacrificando il suo equilibrio.
** Le [[Tachi-waza]] a loro volta si suddividono in tre gruppi: {{nihongo|'''te-waza'''|手技|te-waza|tecniche di braccia}}, {{nihongo|'''koshi-waza'''|腰技|koshi-waza|tecniche di anca}} e {{nihongo|'''ashi-waza'''|足技|ashi-waza|tecniche di gamba}}.<ref name="Kano2005b-54">{{cita|Kano 2005 b|pag. 54}}.</ref>
** Le [[Sutemi-waza]] a loro volta si suddividono in due gruppi: {{nihongo|'''ma-sutemi-waza'''|真捨身技|ma-sutemi-waza|tecniche di sacrificio sul dorso}} e le {{nihongo|'''yoko-sutemi-waza'''|横捨身技|yoko-sutemi-waza|tecniche di sacrificio sul fianco}}.<ref name="Kano2005b-54" />
 
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==== Katame-waza (tecniche di controllo) ====
[[File:Juji.jpg|right|thumb|{{nihongo|''[[Ude Hishigi Juji Gatame|Ude-hishigi-juji-gatame]]''|腕挫十字固||leva articolare al gomito a croce}}, uno dei più importanti ''kansetsu-waza''.]]
Il secondo macrogruppo è costituito dalle {{nihongo|'''katame-waza'''|固技|katame-waza|extra = tecniche di controllo}}. Tali tecniche possono essere eseguite nel {{nihongo|''[[ne-waza]]''|寝技|ne-waza|extra = tecnica al suolo, combattimento a terra}} in successione ad un [[nage-waza]], ovvero a seguito di un {{nihongo|''hairi-kata''|入り形|hairi-kata|extra = forma d'entrata, opportunità}}, oppure –in rari casi– come azioni propedeutiche ad una proiezione.<ref name="Kano2005b-53">{{cita|Kano 2005 b|pag. 53}}.</ref>
 
* Le [[katame-waza]] si suddividono in {{nihongo|'''osae-komi-waza'''|抑え込み技|osae-komi-waza|tecniche di immobilizzazione}}, {{nihongo|'''shime-waza'''|絞技|shime-waza|tecniche di strangolamento}},<ref>Sebbene formalmente le [[Katame-waza#Shime-waza|shime-waza]] siano generalmente tutte le tecniche di strangolamento, nella pratica si distinguono più precisamente due tipi di [[Katame-waza#Shime-waza|shime-waza]]: strangolamenti di tipo respiratorio (soffocamenti) e strangolamenti di tipo circolatorio. In entrambi i casi il motivo di strangolamento è il non afflusso di ossigeno al cervello, ma la caratteristica peculiare dei soffocamenti è l'interruzione dell'azione respiratoria di [[Uke (arti marziali)|uke]] con compressioni alla laringe di [[Uke (arti marziali)|uke]]; mentre nel caso degli strangolamenti propriamente detti, c'è un'interruzione fattiva del flusso sanguigno con compressioni all'arteria carotide.</ref> e {{nihongo|'''kansetsu-waza'''|関節技|kansetsu-waza|tecniche di leva articolare}}.<ref name="Kano2005b-55">{{cita|Kano 2005 b|pag. 55}}.</ref>
 
Nel caso delle [[Osae-komi-waza]] si possono distinguere due sottogruppi anche se tale ulteriore suddivisione trascende la tassonomia tradizionale. Esistono quindi immobilizzazioni su quattro punti d'appoggio dette {{nihongo|'''shihō-gatame'''|四方固|shihō gatame|controllo su quattro punti}} e le immobilizzazioni "diagonali" dette {{nihongo|'''kesa-gatame'''|袈裟固|kesa-gatame|controllo a fascia}}; per quanto concerne gli [[Shime-waza]], è anche possibile distinguere ulteriori sottoclassificazioni non ufficiali a seconda della posizione relativa di tori e uke, o alle prese di tori su uke, come nel caso dei {{nihongo|'''jūji-jime'''|十字絞|jūji-jime|strangolamento a croce}}; mentre invece, per i [[Kansetsu-waza]] è possibile riconoscere due sottogruppi principali, il primo indicante le leve di distensione dette {{nihongo|'''hishigi-gatame'''|挫固|hishigi-gatame|controllo distorsivo}}, e il secondo le leve di torsione degli arti dette {{nihongo|'''garami'''|緘|garami|torsione}}.
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==== Atemi-waza (tecniche di colpo) ====
* L'ultimo gruppo di tecniche è chiamato {{nihongo|'''atemi-waza'''|当て身技|atemi-waza|extra = tecniche di colpo}} e si divide in: {{nihongo|'''ude-ate'''|腕当て|ude-ate|extra = colpi con gli arti superiori}} e {{nihongo|'''ashi-ate'''|足当て|ashi-ate|extra = colpi con gli arti inferiori}}.<ref name="Kano2005b-53" />
** Gli [[Atemi#Ude-ate|ude-ate]] a loro volta si suddividono in: {{nihongo|'''yubisaki-ate'''|指先当て|yubisaki-ate|extra = colpi inferti con la punta delle dita}}, {{nihongo|'''kobushi-ate'''|拳当て|kobushi-ate|extra = colpi inferti con il pugno}}, {{nihongo|'''tegatana-ate'''|手刀当て|tegatana-ate|extra = colpi inferti col taglio della mano}}, ed {{nihongo|'''hiji-ate'''|肘当て|hiji-ate|extra = colpi inferti con il gomito}}.<ref name="Kano2005b-56">{{cita|Kano 2005 b|pag. 56}}.</ref>
** Gli [[Atemi#Ashi-ate|ashi-ate]] a loro volta si suddividono in: {{nihongo|'''hiza-gashira-ate'''|膝頭当て|hiza-gashira-ate|extra = colpi inferti con il ginocchio}}, {{nihongo|'''sekitō-ate'''|石塔当て|sekitō-ate|extra = colpi inferti con l'avampiede}}, e {{nihongo|'''kakato-ate'''|踵当て|kakato-ate|extra = colpi inferti con il tallone}}.<ref name="Kano2005b-56" />
 
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=== Ukemi ===
È molto importante per un jūdōka saper cadere senza farsi male, ed infatti le {{nihongo|'''ukemi'''|受身|ukemi|extra = cadute}} sono le prime nozioni che vengono insegnate ai nuovi praticanti. Esistono quattro diversi tipi di [[ukemi]]:<ref name="Kano2005b-43">{{cita|Kano 2005 b|pag. 43}}.</ref>
* {{nihongo|'''Mae-ukemi'''|前受身|mae-ukemi|extra = caduta in avanti frontale}}.
* {{nihongo|'''Zempō-kaiten-ukemi'''|前方回転受身|zempō-kaiten-ukemi|extra = caduta in avanti frontale con rotolamento}},<ref>Conosciuta anche come ''mae-kaiten-ukemi''.</ref> applicabile in due forme: {{nihongo|'''migi'''|右|migi|extra = destra}} e {{nihongo|'''hidari'''|左|hidari|extra = sinistra}}.
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==== Kuzushi ====
La possibilità di eseguire con successo una tecnica di proiezione è fondata sull'ottenimento di uno [[equilibrio meccanico|squilibrio]] {{nihongo|'''kuzushi'''|くずし|kuzushi|squilibrio, obliquo}} dell'avversario mediante azioni di spinta o trazione, ovvero tramite azioni ben calibrate atte al raggiungimento dello {{nihongo|'''tsukuri'''|作り|tsukuri|costruzione}}.
{{Citazione|I movimenti base di ''kuzushi'' sono la spinta e la trazione, che vengono eseguiti con tutto il corpo, e non solo con le braccia. L'azione di sbilanciamento può essere eseguita lungo una linea retta o curva, e in ogni direzione. Per neutralizzare ogni tentativo dell'avversario di farci perdere l'equilibrio, bisogna dapprima cedere alla sua azione, e poi applicare il nostro ''kuzushi''.<ref name=Kano2005b-40-41>{{cita|Kano 2005 b|pagg. 40-41}}.</ref>|Jigorō Kanō}}
Viene definito {{nihongo|'''happō-no-kuzushi'''|八方のくずし|happō-no-kuzushi|extra = 8 direzioni di squilibrio}} il sistema di classificazione delle direzioni di squilibrio per il quale è possibile spostare il [[Centro di massa|baricentro]] del corpo dell'avversario rispetto allo {{nihongo|'''shizen-tai'''|自然体|shizen-tai|extra = posizione naturale}} nelle 8 direzioni principali disposte idealmente a mo' di [[rosa dei venti]], ossia verso l'avanti, indietro, laterale (destra e sinistra) e in diagonale (destra e sinistra).
 
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互いに、精力善用・自他共栄の根本原理に即した作りと掛けを競い合う間に、自然とこの根本原理を理解し、体得して、社会百般の実生活に生かそうとしています。
「技から道に入る」わけです。<ref>Kōdōkan Jūdō Institute, Waza [http://www.kodokan.org/j_basic/waza_j.html 技の原理] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20100412133150/http://www.kodokan.org/j_basic/waza_j.html |data=12 aprile 2010 }}.</ref>|lingua = ja}}
I concetti di [[tsukuri]] e di [[kake]] sono di fondamentale importanza nell'esecuzione delle tecniche. Il primo quindi si esplicita quando si è nella corretta posizione per effettuare la tecnica<ref name="Kano2005b-42">{{cita|Kano 2005 b|pag. 42}}.</ref> impiegando meno energia possibile, seguendo il principio del {{nihongo|'''seiryoku-zen'yō'''|精力善用|seiryoku-zen'yō|extra = miglior impiego dell'energia}}, mentre invece il secondo è traducibile come la realizzazione materiale del gesto tecnico, o talvolta, anche solo come la proiezione.<ref name="Kano2005b-42" />
 
Il maestro [[Kyūzō Mifune]] spiega così entrambi i principî:
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''Synchronization of arm, leg and hips''<br />
Before executing a technique, it is essential to move your body into the correct position after having broken your opponent's balance. –This is called ''tsukuri''. The execution of the technique itself is known as ''kake''.
Because immediate intent and simultaneous action are taught from the beginning, sometimes people understand these to mean that there is a sequence for the actions of the arm, leg, and hips. As a rule, ''tsukuri'' precedes ''kake''. Also, the fundamental element to understand is to use the power of your mind to control the arms, legs, and hips, to act in perfect synchronization. –This is essential.<ref name=Mifune2004-44>{{cita|Mifune|pag. 44}}.</ref>|lingua = en}}
 
=== Princìpi di esecuzione del waza ===
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{{Citazione|"''Sen-no-sen''" è un principio d'azione riservato a jūdōisti molto abili, che fonde i due precedenti e che richiede intuizione. Non si può allenare ''sen-no-sen'' con esercizi educativi, ma lo si comprende solo con la pratica spinta. Per fare un esempio supponiamo che l'avversario abbia una buona posizione tanto che risulta difficile affrontarlo con il principio ''sen''; tuttavia c'è un attimo in cui il suo atteggiamento mentale di difesa si rilascia per lasciare posto a quello di attacco: naturalmente non si è ancora mosso per attaccare, ha solo cambiato l'atteggiamento mentale; allora si attacca trovandolo scoperto.
''Sen-no-sen'' appare esteriormente come un attacco ''sen'', ma nel mondo interiore è come un ''go-no-sen''.<ref name=Barioli1988-111>{{cita|Barioli 1988|pag. 111}}.</ref>|Cesare Barioli}}
 
=== Esercizi d'allenamento ===
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{{Citazione|Prima dell'era Meiji, molti maestri di jū-jutsu insegnavano solo i kata. Ma io ho studiato sia il Tenshin Shin'yō jū-jutsu che il Kitō jū-jutsu, ed entrambi gli stili includono la pratica sia dei kata che del randori. Se dovessi paragonare il jū-jutsu ad una lingua, allora direi che lo studio dei kata può essere associato allo studio della grammatica, mentre la pratica del randori può essere associata alla scrittura. [...] Agli studenti avanzati piace cambiare spesso il compagno di allenamento durante il randori, e molti di loro tendono a trascurare lo studio dei kata.
Nell'esecuzione dei kata, tori indietreggia quando viene attaccato da uke, per poi rivolgere la forza dell'avversario contro lui stesso. Questa è la flessibilità del jūdō: una cedevolezza iniziale prima della vittoria finale.<ref name=Watson2005-56-57>{{cita|Watson 2005|pagg. 56-57}}.</ref>|Jigorō Kanō}}
 
Scrive inoltre [[Cesare Barioli|Barioli]]: «Il signor Kanō riteneva di utilizzare le "forme" per conservare la purezza del jūdō attraverso il tempo e le interpretazioni personali. Ma il barone [[Kanetaka Ōura|Ōura]], primo presidente del [[Dai Nippon Butoku Kai|Butokukai]], ci vedeva la possibilità (1895) di proporre una base comune alle principali scuole di jū-jutsu, per presentare al mondo la tradizione di lotta del grande Giappone.»<ref name="Barioli2008-53">{{cita pubblicazione
|cognome = Barioli|nome = Cesare|anno = 2008|mese = ottobre|rivista = Athlon|titolo = Il judo educazione|editore = FIJLKAM|città = Roma|numero = 10|p = 53|url = http://venus.unive.it/venescus/judo/athlon%20rivista/ATHLON_10_2008.pdf}}</ref>
Ed infatti, come lo stesso Kanō scrive nelle sue memorie, sia il ''kime-no-kata'' che il ''katame-no-kata'' ed il ''nage-no-kata'' furono formalizzati dal Kōdōkan e ratificati (con qualche modifica) dal [[Dai Nippon Butoku Kai|Dai Nippon Butokukai]] per un utilizzo su scala nazionale,<ref name="Watson2008-80">{{cita|Watson 2008|pag. 80}}.</ref> ed attualmente, su scala mondiale.
 
Il [[Kōdōkan|Kōdōkan Jūdō Institute]] riconosce come ufficiali i seguenti [[kata]]:<ref>Kōdōkan Jūdō Institute, Kata [http://www.kodokan.org/j_basic/kata_j.html 形と乱取について] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20100403095610/http://www.kodokan.org/j_basic/kata_j.html |data=3 aprile 2010 }}.</ref>
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Il luogo dove si pratica il jūdō si chiama {{nihongo|'''[[Dojo]]'''|道場|dōjō|extra = luogo (di studio) della via}}, termine usato anche nel [[buddhismo giapponese]] ad indicare la camera adibita alla pratica della meditazione {{nihongo|'''[[zazen]]'''|坐禅|zazen|posizione dello zen}}, e per estensione, indica un luogo ove il {{nihongo|''reihō''|礼法|reihō|extra = etichetta}} è requisito fondamentale.
{{Citazione|Quando si visita un dōjō per la prima volta, generalmente si rimane colpiti dalla sua pulizia e dall'atmosfera solenne che lo pervade. Dovremmo ricordarci che la parola "''dōjō''" deriva da un termine buddhista che fa riferimento al "luogo dell'illuminazione". Come un monastero, il dōjō è un luogo sacro visitato dalla persone che desiderano perfezionare il loro corpo e la loro mente.<br />
La pratica del randori e dei kata viene eseguita nel dōjō, che è anche il luogo in cui si disputano le gare di combattimento.<ref name=Kano2005b-24>{{cita|Kano 2005 b|pag. 24}}.</ref>|Jigorō Kanō}}
Nel [[Dojo]], il jūdō viene praticato su un materassino chiamato {{nihongo|'''[[tatami]]'''|畳|tatami}}.
Il tatami in Giappone è fatto di paglia di riso, ed è la normale pavimentazione delle abitazioni in stile tradizionale. Fino agli anni settanta circa si è usato anche per la pratica del jūdō, ma oggi, per fini igienici ed ergonomici, si usano materiali sintetici: infatti per la regolare manutenzione del dōjō è importante che i tatami siano facili da pulire, e per consentire ai jūdōka di allenarsi confortevolmente, devono essere sufficientemente rigidi da potervi camminare sopra senza sprofondare ed adeguatamente elastici da poter attutire la caduta.