Papa Giovanni XXIII: differenze tra le versioni

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Nel dicembre [[1958]] papa Giovanni XXIII provvide a integrare il [[Collegio cardinalizio]], che a causa dei rari [[concistoro|concistori]] di [[papa Pio XII]] si era molto ridotto. In quattro anni e mezzo creò cinquantadue nuovi [[cardinale|cardinali]], superando il tetto massimo di settanta, fissato nel XVI secolo da [[papa Sisto V]]. Nel [[concistoro]] del 28 marzo [[1960]] nominò il primo cardinale di colore, l'africano [[Laurean Rugambwa]], il primo cardinale giapponese, [[Peter Tatsuo Doi]], e il primo cardinale filippino, [[Rufino Jiao Santos]]. Il 6 maggio [[1962]], elevò agli altari anche il primo santo di colore, [[Martino de Porres|Martín de Porres]], il cui iter canonico era iniziato nel 1660 e poi interrotto<ref>Gino Lubich, ''Il primo santo di colore: Martín de Porres'', Città Nuova, 1967</ref>.
 
Il suo pontificato fu segnato da episodi ricordati dalla memoria popolare e da una vasta e celebre aneddotica. I suoi «fuori programma», talvolta coinvolgenti, riempirono il vuoto di contatto con il popolo che i precedenti pontefici avevano preservato come modo di comunicazione distante e immanentista del "Vicario di Cristo in Terra", ruolo dogmatico del Papa. Per il primo Natale da papa visitò e benedisse i bambini malati dell'ospedale romano Bambin Gesù, alcuni dei quali lo avevano scambiato per [[Babbo Natale]].
 
Il giorno successivo, memoria liturgica di santo Stefano, visitò i carcerati nella prigione romana di [[Carcere di Regina Coeli|Regina Coeli]], dicendo loro: «Non potete venire da me, così io vengo da voi... Dunque eccomi qua, sono venuto, m'avete visto; io ho fissato i miei occhi nei vostri, ho messo il cuor mio vicino al vostro cuore... La prima lettera che scriverete a casa deve portare la notizia che il papa è stato da voi e si impegna a pregare per i vostri familiari». Accarezzò quindi il capo di un recluso che gli si inginocchiò davanti, domandandogli se «le parole di speranza che lei ha pronunciato valgono anche per me»<ref>Marco Roncalli, ''op. cit.'', p. 444</ref>.