Costanzo II: differenze tra le versioni
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[[File:Obelisk-Lateran.jpg|thumb|L'[[Obelisco Lateranense]] di [[Roma]], eretto da Costanzo II nel [[Circo Massimo]] durante la sua visita nel [[357]], in occasione dei propri ''vicennalia'', reca una iscrizione celebrante la vittoria su [[Magnenzio]].]]
Nel [[357]] Costanzo celebrò i propri ''[[vicennalia]]'' (venti anni di regno) inaugurando il primo nucleo (un ''atelier'' di calligrafi) della [[Biblioteca di Costantinopoli|biblioteca pubblica a Costantinopoli]] al fine di salvaguardare le opere degli autori greci.<ref>Horst Blanck, ''Il libro nel mondo antico'', a cura di Rosa Otranto, Edizioni Dedalo, Bari 2008, p. 242</ref> Compì inoltre la sua prima ed unica visita all'antica capitale del suo impero, [[Roma]]. L'imperatore giunse nell'Urbe nell'aprile del 357 con tutta la sua corte, con la seconda moglie [[Eusebia]] (sposata nel 353) e la sorella Elena. Fece un [[Adventus|ingresso trionfale]] nella città, tra ali di ''[[clibanarii]]'', immobile sul proprio cocchio d'oro. L'evento è ricordato con grandezza da [[Ammiano Marcellino]] e in quest'occasione [[Temistio]], rappresentante del [[Senato]] di Costantinopoli, tenne un'orazione davanti all'imperatore.<ref>Cfr. Amm., XVII, 4; Temistio, ''Orazioni'', III, 5</ref> La Città Eterna ebbe un notevole effetto su di lui, che ammirò le costruzioni dell'antica capitale, dai templi all'[[colosseo|anfiteatro flavio]], dal [[Pantheon (Roma)|Pantheon]] fino al [[Foro di Traiano]], rimanendo stupito per la sua statua equestre. Il suo stupore trasformò in questa visita l'atteggiamento del sovrano assoluto, che nelle province si faceva chiamare ''Dominus Noster'' ("Nostro Signore") e viveva distaccato dai suoi sudditi, in quello un ''princeps'': recò omaggio infatti ai [[senato romano|senatori]] recandosi in udienza nella [[Curia
{{citazione|L'opera del padre e il [suo] dono a te Roma dedicò Costanzo Augusto, una volta sottomesso [tutto] il globo, e ciò che nessuna terra portò, né alcuna età aveva visto (a te) eresse perché i doni fossero pari ai famosi trionfi. Volendo [[Costantino I|il genitore]] che questo ornamento fosse decoro della [[Costantinopoli|città che porta il suo nome]], lo tolse dalla rupe tagliata a [[Tebe (Egitto)|Tebe]]. Ma la preoccupazione del trasporto affliggeva grandemente il divo, poiché da nessun ingegno e sforzo e mano sarebbe stata mossa la caucasea mole: (così) ammoniva la fama che si spandeva qua e là. Invece il signore del mondo, Costanzo, convinto che tutto ceda al valore, comandò che si muovesse sulle terre la non piccola parte di monte e ripose la sua fiducia nel mare rigonfio e le acque, con placida onda, condussero la nave alle spiagge d'Occidente, con meraviglia del [Tevere]. Nel mentre che (te) Roma devastava un [[Magnenzio|tetro tiranno]], rimase a giacere il dono così come la preoccupazione dell'Augusto per la sua collocazione: non per orgoglioso disprezzo, ma perché nessuno credeva che un'opera di tanta mole potesse levarsi alle aure celesti. Ora, come di nuovo strappata alle cave rosseggianti questa gloria a lungo conservata brillò e tocca i cieli; una volta morto il tiranno viene restituita al suo committente e, trovato con il valore l'accesso a Roma, il vincitore esultante [affida al tempo stesso l'altissimo] trofeo del principe alla città e [per sempre il (suo)] dono ai trionfi di pari dignità.|Traduzione di Paolo Liverani, in ''[https://www.academia.edu/21561275/Costanzo_II_e_l_obelisco_del_Circo_Massimo_a_Roma Costanzo II e l’obelisco del Circo Massimo a Roma]'', 2012.}}
=== Nemici esterni ed interni; morte di Costanzo (357-361) ===
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