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== Il contesto storico ==
Nel [[1918]] con la fine della [[Prima Guerra Mondiale]] l’Italia include nei suoi confini nuovi territori, inglobandone la popolazione in gran parte slovena e croata. L’annessione è ritenuta fin da subito insufficiente, e negli [[Anni Venti]] matura il sentimento [[nazionalista]] di rivincita sulla "[[vittoria mutilata|vittoria mutilata"]] affiancato alla crescita delle ambizioni imperialiste sul [[mare Adriatico]]. Il [[regime fascista]] non ha – e non avrà – una politica chiara e univoca nei confronti della [[Jugoslavia]]; nel tentativo di indebolirla stringe alleanze con paesi confinanti ad essa ostili ([[Ungheria]] e [[Bulgaria]]) e con movimenti estremisti e terroristici interni al paese come gli ustascia croati, facendo anche leva sui conflitti preesistenti tra le componenti [[Serbia|serba]] e croata
Negli [[anni Trenta]] il regime fascista stabilisce un rapporto privilegiato con gli ustascia e il loro leader [[Ante Pavelic]], accogliendoli in basi di addestramento in [[Italia]].
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L’avanzata partigiana sottrae molte aree all'esercito di occupazione e in Slovenia, sotto l’egida del Fronte di liberazione, la lotta armata si diffonde nella provincia di Lubiana. <ref>Gobetti, ''Alleati del nemico'' pp. 33-38 </ref>
Per contrastarla Roatta emana nel marzo [[1942]] la circolare 3C, rimasta in vigore fino all’[[Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943|armistizio dell’ 8 settembre 1943]]. La circolare ufficializza quanto era già emerso dalle disposizioni del gennaio 1942, ovvero il passaggio dalla condizione di occupazione alla condizione di guerra in cui il nemico è costituito
== Il campo ==
[[File:Inmate_children_at_the_Rab_concenctration_camp.jpg|link=https://it.wikipedia.org/wiki/File:Inmate_children_at_the_Rab_concenctration_camp.jpg|miniatura|Bambini internati ad Arbe]]
Il campo di Arbe, divenuto il più noto tra quelli italiani in Jugoslavia per il suo alto tasso di mortalità, aveva una capienza di circa 10.000 persone. Nelle intenzioni del [[Mario Robotti|generale Mario Robotti]] Arbe doveva essere “Arbissima”, il modello del campo di concentramento al suo massimo livello di rigore.<ref> Tone Ferenc, ''Rab - Arbe - Arbissima Confinamenti - rastrellamenti - internamenti nella provincia di Lubiana 1941 - 1943: documenti'', Ljubjana, Institut za novejso zgodovino Drustvo piscev zgodovine NOB, 2000, p.3 </ref> Come gli altri campi per slavi, situati in Jugoslavia e nel nord-est italiano, era gestito dal Regio Esercito e, a differenza dei campi di internamento dipendenti dal Ministero degli Interni, era ''extra legem'', svincolata dalla normativa ufficiale e sottratta al controllo della [[Croce Rossa Internazionale]], in aperta violazione della IV Convenzione dell’Aja del [[1909]] e della [[Convenzione di Ginevra]].<ref> Capogreco, pp.14; 137; 153-54; 156-58 </ref>
Secondo lo storico [[Tone Ferenc]] la necessità di allestire un grande campo di concentramento sull'isola di Arbe si era già fatta sentire nel maggio 1942 a seguito della saturazione dei campi di [[Laurana]] (Lovran), [[Buccari]] (Bakar) e [[Porto Re|Porto Re (Kraljevica)]].<ref> Tone Ferenc, p. 20 </ref> Nell'estate 1942, per far fronte alla necessità di provvedere all'internamento dei numerosi rastrellati nel corso delle operazioni estive in Slovenia, le autorità militari italiane della Seconda Armata costruiscono in gran fretta ad Arbe (più esattamente nella località di [[Campora]]), un campo di concentramento per i civili slavi delle zone occupate della Slovenia in cui vengono internati anche alcuni civili della vicina [[Venezia Giulia]].
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A causa della precarietà in cui versa il campo l'inverno del 1942 è molto duro per gli internati, che hanno le tende come unico riparo e spesso sono privi del vestiario adeguato. Peculiarità del campo è anche, riportano i sopravvissuti, il sadismo del comandante, [[Vincenzo Cuiuli|il colonnello dei carabinieri Vincenzo Cuiuli]], il quale, nonostante ciò violasse le norme italiane, faceva incatenare a dei pali gli internati in punizione. L'alimentazione insufficiente rende gli internati particolarmente deperiti e soggetti a diverse malattie, tra cui la [[tubercolosi]] e le infezioni intestinali che contribuiscono all'elevato tasso di mortalità.<ref> Gobetti, Alleati del nemico, p. 88-89; Cattaruzza pp.230 - 231; Gianni Oliva p.132; campifascisti.it </ref>
Nel novembre del 1942 il vescovo di Lubiana Gregorij Rožman si è già recato presso [[papa Pio XII]] per chiedergli di intervenire per evitare che il campo di Arbe diventasse un "campo di morte". La Croce Rossa jugoslava il 10 dicembre 1942 denuncia la scarsezza alimentare dei campi gestiti dagli italiani in Jugoslavia con particolar riferimento a quello di Arbe. Il [[Vaticano]] pertanto interviene presso le autorità italiane affinché si provveda alla liberazione della maggior parte delle donne e dei bambini. Il generale Mario Roatta invia al campo il generale [[Giuseppe Gianni]], che relaziona minimizzando l'alto tasso di mortalità attribuendolo alle precarie condizioni fisiche degli internati in gran parte anziani. Ciononostante tutti i bambini e quasi tutte le donne vengono evacuati verso altri campi in Italia. Il generale Umberto Giglio ancora il 19 gennaio 1943 scrive un resoconto sulla situazione interna del campo segnalando la necessità di migliorare le condizioni fisiche degli internati, pur attribuendo la causa del grave deperimento fisico alle "privazioni precedenti all'arresto sia al trauma psichico dell'arresto stesso ed alle aggressioni da parte dei ribelli subite durante il viaggio di trasferimento". A partire da gennaio 1943 le condizioni migliorano sensibilmente, con la costruzione di baracche in muratura e l’aumento delle razioni alimentari <ref> Oliva, p.133; Cattaruzza, p.231; Rossi e Giusti, p.486 </ref>.
Il vescovo della [[diocesi di Veglia]], Josip Srebrnič, il 5 agosto 1943 riferisce a [[papa Pio XII]] che secondo i testimoni, che avevano partecipato alle sepolture, il numero dei morti avrebbe superato le 3500 unità (tra cui circa 100 bambini di età inferiore ai 10 anni. Le fonti slovene stimano che al suo interno avrebbero perso la vita circa 1400 internati slavi tra cui anche donne e bambini. Gli storici sloveni e croati, quali [[Tone Ferenc]], Ivan Kovačić e Božidar Jezernik, indicano in un numero compreso tra i 1447 e i 1167 i decessi avvenuti al campo. <ref> Cresciani, Italian Historical Society Journal, Vol.12, No.2, p.7; ''Italijanska koncentracijska taborišča za slovence med 2. svetovno vojno, Božidar Jezernik, Revija Borec - Društvo za preučevanje zgodovine, literaure in antropologije'', Rossi Giusti, p. 62 e p. 486 </ref>
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L'istituzione dei campi protettivi in Jugoslavia nasce originariamente dalla volontà di proteggere dalle rappresaglie elementi ostili alla resistenza partigiana, delatori e collaborazionisti. Ad Arbe vennero anche internati a scopo protettivo alcune migliaia di ebrei.
Nell'area occupata dall'Italia si trovavano alcune centinaia di ebrei concentrati soprattutto nella città di [[Mostar]]
La tragedia che avrebbe colpito gli ebrei in caso di consegna, inizialmente ipotizzata, fa sì che il Regio Esercito escogiti pretesti e opponga una serie di rinvii per non procedere ad alcuna consegna degli ebrei internati anche ad Arbe. <ref> Steinberg, p. 85 </ref>
Si ipotizza in un primo tempo di internare gli ebrei in locande e alberghi dismessi nella città di [[Grado (Italia)|Grado]], poi si preferisce la soluzione del campo di Arbe, dove viene allestita appositamente un'area in cui sono fatti confluire complessivamente gli oltre 3.500 nuovi internati. Qui gli ebrei vivono in una condizione sicuramente migliore degli internati slavi potendo ricevere visite esterne e svolgere attività ricreativa. <ref> Gobetti, p. 131; Cattaruzza, p. 214; Romano, ''Jevreji u logoru na Rabu i njihovo uklucivanje u Narodnooslobodilacki rat'', in: "Zbornik" 1973 n. 2 p. 70</ref> Insieme ai numerosi ebrei vengono internati ad Arbe a scopo "protettivo" anche molti serbi sfuggiti alle persecuzioni croate. Ancora nell'agosto 1943 le autorità italiane si preoccupano dell'incolumità degli internati ebrei immaginando, in caso di ritirata delle truppe italiane, di mantenere un presidio armato affinché gli internati protettivi non cadano "in mani straniere"
A contribuire almeno in parte alla salvezza degli ebrei jugoslavi, il bando emanato nel 1941 dal [[Vittorio Ambrosio|generale della II Armata Ambrosio]] prometteva salva la vita a tutti coloro che indipendentemente da religione e nazionalità si fossero sottomessi
Il
<br />[[File:Arbe_laboratorio_calzolai.jpg|link=https://it.wikipedia.org/wiki/File:Arbe_laboratorio_calzolai.jpg|destra|miniatura|Baracca adibita al lavoro dei calzolai]]
=== La chiusura del campo ===
Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 il campo viene temporaneamente occupato dalle forze partigiane di Tito. Gli internati ebrei - liberati - raggiungono in massima parte la terraferma. Di costoro circa 240 giovani atti alle armi sono radunati in un battaglione ebraico<ref>Per una foto del reparto si veda http://emperors-clothes.com/croatia/rab.jpg</ref> che combatte nell'[[Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia|EPLJ]] contro l'Asse; 200 persone rimangono sull'isola e vengono catturate dai tedeschi durante la successiva occupazione nazista; infine, circa 200 persone raggiungono via mare l'Italia<ref>Menachem Shelah, ''Un debito di gratitudine. Storia dei rapporti tra Esercito Italiano e gli ebrei in Dalmazia (1941-1943)'', USSME, 1991, pp. 156-168.</ref>. Sulla sorte del comandante del campo, il colonnello [[Vincenzo Cujuli]], le fonti sono discordanti: rimasto di presidio al campo in base all'ordine giuntogli dal comando della Seconda Armata di collaborare con i [[partigiani jugoslavi]]<sup>[[Campo di concentramento di Arbe#cite%20note-autogenerato12-36|[36]]]</sup> e preso prigioniero, secondo alcune fonti viene seviziato e ucciso<sup>[[Campo di concentramento di Arbe#cite%20note-autogenerato12-36|[36]]]</sup>, secondo altre muore suicida in prigionia<sup>[[Campo di concentramento di Arbe#cite%20note-37|[37]]]</sup>.
Negli [[Anni 1950|anni cinquanta]] viene eretto un monumento commemorativo ad opera dell'architetto sloveno [[Edvard Ravnikar]].
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