Papa Urbano V: differenze tra le versioni

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Segno distintivo del pontificato di Urbano V fu lo sforzo di riportare la [[Santa Sede]] in [[Italia]] e sopprimere i potenti rivali alla sovranità temporale che vi si trovavano. Deciso a sottrarre la Santa Sede alle ingerenze del [[re di Francia]], aspettò che il cardinale [[Egidio Albornoz]] riuscisse a completare il recupero dei possedimenti dello Stato della Chiesa.
 
Anche se l'Albornoz aveva fatto un buon lavoro nel Centro Italia, in [[Toscana]] e nelle terre dell'ex [[Esarcato di Ravenna|Esarcato]], altrove la situazione era più difficile e complessa. Nonostante fosse riuscito a farsi molti alleati ([[Este (famiglia)|Este]], [[Gonzaga]], ecc.), Urbano trovava un ostacolo nei [[Visconti]], che spadroneggiavano a [[Milano]] e imperversavano nel Modenese, nel Bresciano e nel Bolognese. Essi, inoltre, rappresentando l'ultimo baluardo [[ghibellini|ghibellino]] in Italia, non riconoscevano la sovranità temporale del Papa e, armi in mano, avevano incamerato i beni ecclesiastici di cui erano venuti in possesso.
 
Già il predecessore [[papa Innocenzo VI|Innocenzo VI]] aveva fatto dei tentativi di conciliazione, e uno dei due ambasciatori inviati dal pontefice a [[Bernabò Visconti]] a Milano era proprio Guglielmo de Grimoard, latore di due lettere pontificie. Guglielmo e il suo compagno incontrarono il potente signore milanese sul fiume [[Lambro]]; quando terminarono la lettura delle lettere, questi, in modo sprezzante, chiese loro se volessero mangiare e, alla risposta affermativa, fece loro mangiare le due lettere papali. Sarebbe bastato questo episodio per giustificare e spiegare i sentimenti poco favorevoli che Urbano V nutriva per Bernabò.