Giuseppe Garibaldi: differenze tra le versioni

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Nel 1814 la casa dei Garibaldi fu demolita per ampliare il porto e la famiglia traslocò. Nizza fu restituita al Regno di Sardegna per decisione del [[Congresso di Vienna]] e restò sotto il governo dei Savoia fino al 1860. I genitori avrebbero voluto avviarlo alla carriera di avvocato, medico o sacerdote, ma Giuseppe non amava gli studi, prediligendo gli esercizi fisici e la vita di mare. Egli stesso ebbe a dire che era più amico del divertimento che dello studio.<ref>«Essendo io più disposto a giuocare ed a vagabondare che a lavorare», si veda {{Cita|Dumas|p. 15}}</ref> Vedendosi ostacolato dal padre nella sua vocazione marinara, durante le vacanze tentò di fuggire per mare verso [[Genova]] con tre suoi compagni: Cesare Parodi, Celestino Bernord e Raffaello de Andrè.<ref>{{Cita|Dumas|p. 5}}.</ref> Scoperto da un sacerdote che avvisò la famiglia della fuga,<ref>{{Cita|Possieri|p. 48}}.</ref> fu fermato appena giunto alle alture di Monaco e ricondotto a casa; è forse da ricondursi a questo episodio l'inizio della sua antipatia verso il clero.<ref>{{Cita|Dumas|p. 15}}.</ref>
 
Tuttavia, si appassionò alle materie insegnategli dai suoi primi precettori, padre Giaume e il "signor Arena". Quest'ultimo, reduce delle campagne napoleoniche, gli impartì lezioni d'[[Lingua italiana|italiano]] e di [[storia antica]] (rimase affascinato soprattutto dalla [[Roma antica]]). Alla fine riuscì a persuadere il padre a lasciargli intraprendere la vita di mare e venne iscritto nel registro dei mozzi a Genova il 12 novembre [[1821]].<ref>{{cita libro|Antonella |Grignola|Paolo Ceccoli|Garibaldi, pag 10|2004|Giunti||isbn=978-88-440-2848-0}}</ref> Dall'iscrizione in quel registro, si rileva che l'altezza del quattordicenne Garibaldi era di 39 once e 3/4<ref>Romano Ugolini, ''Garibaldi: genesi di un mito'', Istituto per la storia del Risorgimento italiano. Comitato di Roma, Edizioni dell'Ateneo, Roma, 1982</ref>, pari a circa 170&nbsp;cm<ref>Tavole di ragguaglio dei pesi e delle misure già in uso nelle varie province del Regno colcon il sistema metrico decimale. Approvate con decreto 20 maggio 1877, n. 3846, Roma, Stamperia Reale, 1877</ref>, considerevole in rapporto all'età e all'altezza media dell'epoca.
 
Anche se la datazione del primo imbarco è incerta,<ref>Si ipotizzano precedenti imbarchi come passeggero. {{Cita|Possieri|pag 57-58 e 75}}</ref> risulta che il 13 gennaio [[1824]]<ref name="sciro7">{{Cita|Scirocco|p. 7}}.</ref> si imbarcò sedicenne sulla ''Costanza'', comandata da Angelo Pesante di [[Sanremo]], che Garibaldi avrebbe in seguito descritto come ''il migliore capitano di mare''.<ref>«il migliore capitano che io abbia conosciuto» In {{cita libro|Albano|Comeli|Comitato pro Casa di Garibaldi in Montevideo|Giuseppe Garibaldi nell'Uruguay: e la sua casa, in Montevideo, Museo Garibaldino d'America . Note storiche e cronaca, pag 14|1951|Comitato pro Casa di Garibaldi in Montevideo|}}</ref> Nel suo primo viaggio, su un [[brigantino]] con bandiera russa,<ref name="smith7"/> si spinse fino a [[Odessa]] nel [[mar Nero]] e a [[Taganrog]] nel [[mar d'Azov]] (entrambe ex colonie [[Repubblica di Genova|genovesi]]). Vi si recherà nuovamente nel [[1833]], incontrando un patriota [[Mazzinianesimo|mazziniano]] che lo sensibilizzerà alla causa dell'[[Risorgimento|unità d'Italia]]. Rientrò a Nizza in luglio.<ref name="sciro7" />
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Iniziarono i numerosi viaggi marittimi di Garibaldi; fra quelli che rimasero più impressi al condottiero vi fu quello sul brigantino l'''Enea'', al cui comando vi era il capitano [[Giuseppe Gervino]], durante il quale, in una tempesta, vide una [[Feluca (imbarcazione)|feluca]] catalana, a cui non poterono prestare soccorso, sprofondare travolta dalle onde.<ref>{{Cita|Dumas|p. 19}}.</ref> Nel [[1827]], navigando con la ''Coromandel'', raggiunse le [[Isole Canarie]] e nello stesso anno, a settembre, salpò da [[Nizza]] con la ''Cortese'', comandata dal capitano [[Carlo Semeria]], per il [[mar Nero]] ma durante il viaggio il bastimento fu assalito per tre volte dai [[Corsaro|corsari]] [[greci]]<ref>Era il tempo dell'insurrezione dei greci contro il potere turco ed erano frequenti gli avvistamenti dei pirati in quelle acque, da {{Cita|Scirocco|p. 8}}</ref> che depredarono la nave, rubando persino i vestiti dei marinai, mentre il comandante non oppose la minima resistenza.<ref name="sciro8" /> In questo viaggio subì la sua prima lieve ferita in battaglia,<ref name="smith8" /> evento forse ingigantito dalle fonti con il tempo.<ref>{{Cita|Possieri|p. 60}}.</ref>
 
Il viaggio comunque continuò e nell'agosto del [[1828]] Garibaldi sbarcò dalla ''Cortese'' a [[Costantinopoli]] dove, ammalato, rimase per circa tre anni; in quel periodo per sostenersi economicamente faceva l'istitutore,<ref name="smith8">{{Cita|Smith|p. 8}}.</ref> insegnando [[Lingua italiana|italiano]], [[Lingua francese|francese]] e [[matematica]]. Fra i motivi che lo fecero indugiare vi fu la [[Guerra russo-turca (1828-1829)|guerra turco-russa]], che chiuse le vie commerciali marittime; nel frattempo si integrò nella comunità italiana, grazie anche alla presenza di una sua concittadina, la signora Luisa Sauvaigo.<ref>{{Cita|Dumas|p. 20}}.</ref> Secondo le ricerche compiute dalla sua bisnipote diretta Annita Garibaldi,<ref>Conferenza svolta nella primavera del 2007 presso l'[[Istituto per l'Oriente Carlo Alfonso Nallino|Istituto per l'Oriente]] di Roma.</ref> probabilmente frequentò la casa di Calosso&nbsp;– comandante della cavalleria del [[Sultano]] colcon il nome di Rustem Bey&nbsp;– e l'ambiente dei genovesi, che storicamente erano insediati nel quartiere di [[Galata (Istanbul)|Galata]] e [[Beyoğlu|Pera]]. Ritornò a Nizza nella primavera del 1831.<ref name="sciro8" /> Appena giunto in città ripartì subito, imbarcandosi sulla ''Nostra Signora delle Grazie'' comandata dal capitano [[Antonio Casabona]], prima come secondo: poi l'anziano capitano gli cedette il comando.<ref>{{cita libro|Giuseppe |Guerzoni |Garibaldi, pag 11|2010|BiblioLife||isbn = 978-1-149-38210-3}}</ref> Il 20 febbraio del [[1832]]<ref>{{cita libro|Mino |Milani |Giuseppe Garibaldi, seconda edizione pag 10|1982|Mursia|}}</ref> gli fu rilasciata la patente di capitano di mare di seconda classe.
 
Nello stesso mese si reimbarcò con la ''Clorinda'' per il mar Nero; si contavano venti uomini a bordo e la paga di Giuseppe fu di 50 lire piemontesi al mese<ref>{{Cita|Scirocco|p. 9}}.</ref> mentre 100 toccarono al comandante, [[Simone Clary]]. Ancora una volta la nave fu presa di mira dai corsari ma questa volta l'equipaggio accolse gli aggressori a fucilate. Garibaldi fu ferito alla mano destra: avrebbe poi ricordato l'accaduto come il suo primo combattimento.<ref name="sciro8" /> Proprio sulla ''Clorinda'' conobbe [[Edoardo Mutru]], suo compagno d'armi in futuro.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 10}}.</ref> Nel 1833 si contarono sui registri navali 72 mesi di navigazione effettiva.<ref name="sciro8" /> L'importanza dello ''spirito marinaro'' in Garibaldi è stato più volte sottolineato, gli scritti di [[Augusto Vittorio Vecchi]], più noto con il nome di [[Jack la Bolina]] influenzarono i successivi studiosi sull'argomento, egli che definiva il [[Mar Mediterraneo]] un ottimo insegnante, vedeva nell'eroe l'ingenuità degli uomini di mare in contrasto con la furbizia degli uomini di terra.<ref>Si veda: A. V. Vecchi, Memorie di un luogo tenente di vascello, Roma, Voghera, 1896 pag 163, riportato anche in: {{Cita|Possieri|pp. 61-62}}</ref> Di parere simile era [[Pino Fortini]], il quale affermò che il mare lo aveva formato, educato moralmente.<ref>{{cita libro|Pino|Fortini|Giuseppe Garibaldi marinaio mercantile pp. 31-32|1950|C. Corvo|Roma}}</ref>
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Intanto [[Ferdinando II delle Due Sicilie|Ferdinando II]], re delle [[Regno delle Due Sicilie|Due Sicilie]], inviò i suoi uomini, guidati dal generale [[Ferdinando Lanza]] e dal colonnello Novi, che giunsero verso le 12<ref>{{cita libro|Piero |Pieri |Storia militare del Risorgimento, (seconda edizione, Vol 71) p. 423|1962 |Einaudi|}}</ref> del 9 maggio a [[Battaglia di Palestrina|Palestrina]]; a respingerli furono il nizzardo e [[Luciano Manara]]; dopo un combattimento di tre ore, i borbonici si ritirarono, perdendo 50 dei loro uomini.
 
Il 19 maggio, [[Battaglia di Velletri (1849)|nei pressi di Velletri]], Garibaldi disobbedì agli ordini, in realtà ormai superati dagli eventi, di [[Pietro Roselli]]<ref>Nominato a capo dell'esercito al di sopra di Garibaldi stesso, si veda per approfondimento {{Cita|Smith|pp. 46-47}}</ref>; nell'occasione Garibaldi venne travolto dai cavalieri, cadde a terra dove fu alla mercé di cavalli e nemici, ma venne salvato per intervento del patriota [[Achille Cantoni]]:<ref>"Cantoni pel primo [...] gittossi tra me ed un nemico che mi travagliava da vicino, e contro cui io difficilmente mi difendevo essendo rotto dalle contusioni, e mentre il borbonico mi feriva, forse con un colpo sulla testa, la sciabola liberatrice lo colpiva e bestemmiando si ritirava colcon il braccio penzolone", così riferisce il fatto Giuseppe Garibaldi in ''Cantoni il volontario'', cap. XLI. Velletri.</ref> seguirono aspre critiche al suo operato.<ref>Come quelle di [[Carlo Pisacane]], si veda: {{Cita|Possieri|pp. 124-125}} I contrasti furono evidenti in seguito, si pensi che pochi giorni dopo, il 26 maggio, quando Mazzini chiese consiglio a Garibaldi su come difendere Roma egli rispose o di dargli poteri di «dittatore illimitatissimo» o di retrocederlo a soldato semplice, per la lettera si veda {{cita libro|Giuseppe |Garibaldi |Epistolario di Giuseppe Garibaldi, Volumi 1-2, pag 37|1885 |A. Brigola e comp|}}</ref> Il 26 maggio [[1849]] Giuseppe Garibaldi giungeva a [[Ceprano]], ordinando a [[Luciano Manara]] di entrare con i suoi bersaglieri nel [[Regno di Napoli]], per combattere i borbonici che si erano attestati nella Rocca d'Arce. Mazzini voleva però concentrarsi sulla difesa dell'Urbe e, anche perché era giunta notizia dell'arrivo di forze spagnole a Gaeta e di un esercito austriaco, richiamò Garibaldi.<ref>{{cita libro|Garibaldi|pag 47|1993|Denis Mack Smith|}}</ref>
 
La notte fra il 2 e il 3 giugno 1849 Oudinot guidò i suoi verso Roma e conquistò, dopo continui capovolgimenti, i punti chiave di Villa Corsini e Villa Valentini; rimase in mano ai difensori Villa Giacometti. Morirono 1.000 persone, fra cui [[Francesco Daverio]], [[Enrico Dandolo (patriota)|Enrico Dandolo]] e [[Goffredo Mameli]] che, ferito, morirà in seguito per [[gangrena]]; verrà incolpato Garibaldi della sconfitta; i francesi potevano contare su circa 16.000 uomini Garibaldi su circa 6.000.<ref>Nell'occasione verrà ricordato da Gustav Hoffstetter come uomo impassibile che non fugge davanti al pericolo, si veda per la testimonianza tratta da ''Giornale delle cose di Roma nel 1849'', Gustav von Hoffstetter, 1850 e i dati numerici {{Cita|Scirocco|p. 163}}</ref> Il 28 giugno [[1849]] i legionari di Garibaldi tornarono a indossare le loro tuniche rosse di lana.<ref>La richiesta fu fatta tempo prima, dopo la battaglia di Palestrina, come in {{cita libro|Ermanno |Loevinson |Giuseppe Garibaldi e la sua legione nello Stato romano 1848-49 (Volume 2 di Giuseppe Garibaldi e la sua legione nello Stato romano 1848-49), p. 126|1904 |Società editrice Dante Alighieri|}}</ref>
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Dopo le votazioni per il [[Plebisciti risorgimentali|plebiscito]] che si tennero il 21 ottobre,<ref>I sì furono 1.302.064 e i no 10.312, nella Sicilia 432.053 i sì contro 677. Si veda {{cita libro|Romeo|Rosario |Vita di Cavour, pag 483|1984 |Laterza||isbn = 978-88-420-2523-8}}</ref> Garibaldi approfittò della vittoria di [[Enrico Cialdini]] sul generale borbonico [[Luigi Scotti Douglas|Scotti Douglas]] per superare il [[Volturno]] il 25 ottobre; incontrò Vittorio Emanuele II il 26 ottobre [[1860]], lungo la strada che portava a [[Teano]],<ref>Al quadrivio di Taverna della Catena presso [[Vairano Patenora|Vairano]], dove si incrociano le strade di Cassino-Calvi e Venfaro-Teano, si veda: {{Cita|Possieri|p. 182}}. Venne definito come l'incontro fra i due re, si veda Punch, Volume 38, p. 199</ref> e gli consegnò la sovranità sul [[Regno delle Due Sicilie]]. Garibaldi accompagnò poi il re a Napoli il 7 novembre e, il 9 novembre si ritirò nell'isola di [[Caprera]], partendo con il piroscafo americano ''Washington'', dopo aver ringraziato l'ammiraglio [[George Mundy]].<ref>Rifiutò un castello e un piroscafo come ricompensa da parte del re. Si veda {{Cita|Mino|p. 362}}</ref>
 
Desideroso di presentare il progetto di istituzione di una guardia nazionale mobile, dove sarebbero confluiti i volontari dai 18 ai 35 anni, si recò nella capitale. Il 18 aprile [[1861]] giunto alla camera, nel suo discorso,<ref>Alle sue parole Fanti e Cavour si risentirono, [[Urbano Rattazzi]] sospese per pochi minuti per il tumulto suscitato si veda {{Cita|Scirocco|p. 309}} e {{Cita|Mino|pp. 370-371}}</ref> affermò che il brigantaggio nel mezzogiorno era dovuto in parte allo scioglimento dell'esercito meridionale, avvenuto poco tempo prima, e ne chiedeva la ricostituzione. Inoltre Garibaldi ravvisava nel brigantaggio «una questione sociale, la quale non si poteva risolvere colcon il ferro e colcon il fuoco»,<ref name="Luigi Palomba">Ricordo di Francesco Crispi in onore di Garibaldi, in ''Nuova Antologia'' del 15 giugno 1882. Luigi Palomba, ''Vita di Giuseppe Garibaldi'', E. Perino, 1882, p. 796</ref> individuandone i responsabili nel governo e nella borghesia. Secondo una testimonianza di Crispi, Garibaldi, amareggiato da questa guerra fratricida, quando gli riferirono che i briganti non accennavano ad arrendersi nonostante le misure drastiche del governo, avrebbe esclamato: «quanto eroismo miseramente sciupato! cotesti uomini, traviati dal delitto, sarebbero stati soldati valorosi all'appello della patria!»;<ref name="Luigi Palomba" /> ritornò quindi a Caprera.
 
=== Guerra di secessione americana ===
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[[File:La Maddalena, compendio garibaldino di Caprera (35).jpg|thumb|La tomba di Garibaldi, a Caprera]]
Le sue [[ultime parole]], secondo quanto assicurato in seguito da Francesca Armosino, furono: «Muoio colcon il dolore di non vedere redente Trento e Trieste».<ref>Indro Montanelli e Marco Nozza, ''Garibaldi'', Rizzoli, 1966, p. 606.</ref> Garibaldi, massone e anticlericale convinto, [[deismo|deista]] ma non [[ateo]]<ref name="Bonanni2008" /> inserì nel proprio testamento anche alcuni passaggi tesi a sventare eventuali tentativi di conversione alla religione cattolica negli ultimi attimi della vita: {{citazione|Siccome negli ultimi momenti della creatura umana, il prete, profittando dello stato spossato in cui si trova il moribondo, e della confusione che sovente vi succede, s'inoltra, e mettendo in opera ogni turpe stratagemma, propaga coll'impostura in cui è maestro, che il defunto compì, pentendosi delle sue credenze passate, ai doveri di cattolico: in conseguenza io dichiaro, che trovandomi in piena [[ragione]] oggi, non voglio accettare, in nessun tempo, il ministero odioso, disprezzevole e scellerato d'un prete, che considero atroce nemico del genere umano e dell'Italia in particolare. E che solo in stato di pazzia o di ben crassa ignoranza, io credo possa un individuo raccomandarsi ad un discendente di [[Tomás de Torquemada|Torquemada]]<ref>{{cita libro|Giuseppe |Garibaldi|Giuseppe Armani|Memorie: con una appendice di scritti politici, pag 390|1982|Biblioteca universale Rizzoli|}}</ref>}}
 
La [[religione|concezione religiosa]] di Garibaldi non è mai stata chiara ed omogenea, e la storiografia tende ad escluderlo dalle tradizionali ortodossie religiose. Nemico del clero e della Chiesa, Garibaldi non è tuttavia mai stato miscredente, ma sempre profondamente religioso. Più volte il generale si dichiarò [[cristianesimo|cristiano]], pur rimanendo un nemico giurato della Chiesa e del Papa<ref>V. Maxime Du Camp, La spedizione delle due Sicilie, Cappelli, Bologna, 1963, pp. 374-375</ref>, mentre alla fine della sua vita si avvicinò come già detto al [[deismo]] [[Massoneria|massonico]]<ref>V. Garibaldi: cultura e ideali Atti del LXIII congresso di storia del Risorgimento italiano, p.511</ref>. In generale, comunque, la sua non chiara dimensione religiosa viene comunemente intesa come una personale sintesi de "l’[[ateismo]], lo [[spiritismo]], il [[deismo]], un vago [[cristianesimo liberale]]"<ref>V. Massimo Introvigne, Risorgimento e massoneria: camicie rosse & grembiulini, Avvenire, 29 ottobre 2010</ref>.
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L'appellativo di "[[duce]]" era stato dato dai garibaldini al loro comandante, Garibaldi. La parola deriva dal latino ''[[Duce (storia romana)|dux]]'' "condottiero" o "guida", della [[storia romana]] (dal verbo ''ducere'', "condurre"), e com'è noto, sarà mutuata da [[Gabriele D'Annunzio]] per l'[[impresa di Fiume]] e infine da [[Benito Mussolini]], al quale è ormai legata nella storiografia politica e nell'immaginario.<ref>[http://www.lamaddalena.info/curiosita.html#.VE5ThFdMC_I Isola La Maddalena - Curiosità] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150216074521/http://lamaddalena.info/curiosita.html |data=16 febbraio 2015 }}</ref>
 
Il soprannome ''eroe dei due mondi'' lo condivide colcon il generale francese eroe della [[Guerra di indipendenza americana]] [[Gilbert du Motier de La Fayette]].<ref>[http://www.treccani.it/scuola/tesine/garibaldi/tobia.html ''Garibaldi, eroe dei due mondi''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20141027233008/http://www.treccani.it/scuola/tesine/garibaldi/tobia.html |data=27 ottobre 2014 }}</ref>
 
Garibaldi venne appellato dalla storiografia successiva anche come "braccio del Risorgimento", così come Mazzini ne era la "mente".<ref>[http://www.garibaldini.org/wp/wp-content/uploads/2010/12/pag.-14-15-16-172.pdf ''Cronaca della Repubblica Romana del '49'', dal sito garibaldini.org] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20141027151511/http://www.garibaldini.org/wp/wp-content/uploads/2010/12/pag.-14-15-16-172.pdf |data=27 ottobre 2014 }}</ref>
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=== Immagine di Garibaldi ===
Giuseppe Garibaldi, in particolare durante gli anni della [[seconda guerra d'indipendenza]] venne spesso raffigurato con la caratteristica uniforme rossa dei garibaldini, il corpo di cui era generale e colcon il quale aveva agito per gran parte delle campagne militari in Italia.
 
Negli anni della maturità, invece, lasciata l'uniforme, preferì abbinare un [[berretto da fumo]] (il classico cappello "alla Garibaldi") con un [[poncho]] che lo rimandava alle prime esperienze in [[Sudamerica]].