Emilio Becuzzi: differenze tra le versioni

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Dal 25 febbraio di quell'anno assunse incarichi speciali al comando della [[2ª Armata (Regio Esercito)|2ª Armata]] (Supersloda) a [[Fiume (Croazia)|Fiume]], in [[Croazia]], per poi esser assegnato definitivamente, il 1º marzo, al comando della [[15ª Divisione fanteria "Bergamo"]], a [[Spalato]], in [[Dalmazia]].<ref name=T4p1085>{{Cita|Talpo 1994|p. 1085}}.</ref> Era ancora al suo comando a Spalato quando arrivò la notizia dell'[[Armistizio di Cassibile|armistizio, la sera dell'8 settembre 1943]].<ref group=N>Alle sue dipendenze vi erano tre generali di brigata Salvatore Pelligra, Angelo Policardi e Alfonso Cigala Fulgosi].</ref>
 
Gli alti gradi dell'esercito presenti in Dalmazia, primo fra tutti egli stesso, erano a conoscenza della "[[Memoria OP 44]]", emessa dal generale [[Mario Roatta]], ma non adottarono immediatamente alcun provvedimento significativo in chiave [[Germania|anti-tedesca]], capace di rallentare il processo di dissolvimento dei reparti italiani.<ref name=T4p1138-1140>{{Cita|Talpo 1994|p. 1138-1140}}.</ref> Recatosi personalmente a bordo di un [[idrovolante]] da Spalato a Zara per parlare personalmente col suo superiore, il generale [[Umberto Spigo]], appena l'apparecchio ammarò, riprese subito quota perché a Spalato era stata segnalata la presenza in città dei reparti tedeschi.<ref name="as">{{Cita|Arena di Pola||as}}.</ref> Messosi difficoltosamente in contatto a [[Zara]] con il comando del corpo d'armata, quest'ultimo gli confermò l'ordine già ricevuto dal comandante della 2ª Armata, generale [[Mario Robotti]], di assumere accordi con le formazioni partigiane per la difesa della città in vista di un eventuale attacco tedesco.<ref name="as"/>
 
Il 10 settembre ricevette presso il suo [[Quartier generale]] i rappresentanti del comando supremo partigiano, venuti appositamente da Jajce, tra cui l'[[avvocato]] Ivo Lola Ribar, rappresentante personale di [[Tito]], il generale Costantino Popovic e tre ufficiali alleati facenti parte della missione, tra cui il futuro storico inglese F.W. Deakin.<ref name="as"/>
Raggiunto un accordo di massima egli volle avere l'autorizzazione del generale Spigo, suo superiore diretto, e quando poté avere il contatto radio con Zara scoprì che gli ordini erano completamente cambiati.<ref name="as"/> Il generale Spigo gli ordinava la consegna del materiale militare italiano ai tedeschi non appena fossero giunti in città.<ref name="as"/> Malgrado le insistenze degli esponenti partigiani, e degli ufficiali alleati ed anche di alcuni di quelli italiani, affinché si continuassero le trattative per raggiungere a una diretta e fattiva collaborazione italo-slava, tutto fu inutiliinutile.<ref name="as"/> Egli rispose che avrebbe obbedito all'ordine diretto del suo superiore, anche se quest'ultimo era stato impartito sotto palese costrizione.<ref name="as"/> Allora a Spalato successe il caos, e l'intera [[Divisione (unità militare)|Divisione]] "[[Bergamo]]", priva di ordini chiari anche a causa delle sue incertezze,<ref>{{cita web|url=http://www.anpi.it/storia/125/la-divisione-bergamo-spalato-croazia|titolo=La divisione Bergamo: Spalato, Croazia|accesso=24 febbraio 2019}}</ref><ref name=d4p7>{{Cita|de Bernart 1974|p. 7}}.</ref> fu facilmente disarmata dai [[Partigiani jugoslavi|partigiani]].<ref name=A1p15>{{Cita|Aga--Rossi, Giusti 2011|p. 15}}.</ref>
 
Il generale Becuzzi in seguitò affermò che la maggioranza dei soldati e degli ufficiali non fosse intenzionata a proseguire la [[guerra]] e quindi non avrebbe aperto il fuoco né contro i tedeschi né contro i partigiani<ref name=A1p144>{{Cita|Aga--Rossi, Giusti 2011|p. 144}}.</ref>. Circostanza smentita però dalle testimonianze di numerosi superstiti che sottolinearono che i [[Soldato|soldati]] protestarono rumorosamente e che moltissimo armamento individuale fu reso inservibile o gettato in mare pur di non essere consegnato, e come molti automezzi furono ribaltati e quasi tutti i [[Cannone|cannoni]] resi inservibili<ref name=A1p144-145>{{Cita|Aga--Rossi, Giusti 2011|p. 144-145}}.</ref>. Soltanto il giorno 16 egli si decise a sottoscrivere l'accordo con i partigiani e gli [[Alleati della seconda guerra mondiale|ufficiali alleati]],<ref group=N>L'accordo fu sottoscritto dall'avvocato Ribar, del generale Popovic, del maggiore inglere Deakin, dal capitano inglese Burke, del capitano statunitense Benson.</ref> in cui risultava che le armi e il materiale militare erano state cedute spontaneamente, in cambio della fornitura di viveri ai militari e civili italiani presenti.<ref name="as"/> Inoltre i partigiani si impegnavano a chiedere agli alleati, ormai presenti in [[Puglia]], i mezzi per il rimpatrio degli italiani, cui veniva assicurata l'incolumità personale, salvo qualche elemento da considerarsi un [[criminale di guerra]].<ref name="as"/> La reazione tedesca fu immediata, e dopo un lancio di [[Manifestino|manifestini]] diretti ai soldati della “Bergamo”"Bergamo" in cui si invitavano i militari ad arrendersi e, soprattutto, si imponeva di non consegnare nessuna arma ai partigiani, il giorno 19, verso mezzogiorno, si verificò un improvviso e violento bombardamento effettuato dai [[cacciabombardiere|cacciabombardieri]] [[Junkers Ju 87 Stuka]] sui campocampi italiani di Spinut e Cappuccini, posizionati a [[nord]] della [[città]], ai piedi del monte Mariano, che provocò la [[morte]] di quasi 300 soldati italiani, mentre altrettanti rimasero feriti.<ref name="as"/>
 
Imbarcatosi poi sulla [[torpediniera]] della [[Regia marina]] ''[[Aretusa (torpediniera)| Aretusa]]'' per [[Bari]], abbandonò la maggior parte delle truppe sotto il suo comando alla mercé dei [[Germania nazista|tedeschi]] che, appena entrati in città, si abbandonarono, con gli alleati [[ustascia]], a rastrellamenti e feroci rappresaglie, passando per le armi soldati e ufficiali dell'esercito italiano, tra cui i generali [[Alfonso Cigala Fulgosi]], [[Angelo Policardi]] e [[Salvatore Pelligra]]. L'episodio sarà ricordato come il [[massacro di Treglia]], a lungo dimenticato dalle autorità italiane e riportato alla luce dalla figlia di uno degli ufficiali scomparsi dopo la resa, Carlo Linetti, maggiore e comandante di uno dei battaglioni di fanteria della divisione<ref>''Vita e morte del soldato italiano nella guerra senza fortuna'' - Ed. Ferni Ginevra 1971 Vol. XII</ref>.