Giuseppe Garibaldi: differenze tra le versioni

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Giunto a [[Rio de Janeiro]] nella fine del 1835 o nel gennaio del 1836, venne accolto dalla piccola comunità di italiani aderenti alla [[Giovine Italia]], avvisati da Canessa poco prima; avviò quindi un piccolo commercio di paste alimentari nei porti vicini. La sua prima lettera venne spedita il 25 gennaio [[1836]].<ref>{{cita libro|Giuseppe |Garibaldi |Edizione nazionale degli scritti di Giuseppe Garibaldi: Epistolario, vol. 1, 1834-1848, pag 6|1932|L. Cappelli|}}</ref> Cercò di instaurare un rapporto con [[Giuseppe Stefano Grondona]], il «genio quasi infernale» come lo definirà lui stesso,<ref>{{Cita|Sacerdote|p. 118}}.</ref> senza però riuscirci, anche cedendogli la presidenza dell'associazione locale della Giovine Italia. Fondò una società con l'amico [[Luigi Rossetti]],<ref>Luigi Rossetti, esule che dal 1827 si trovava a Rio divenne amico di Garibaldi al primo sguardo, quasi un fratello. Come lui stesso ricorda citato in {{Cita|Dumas|p. 38}}</ref> chiamato Olgiati.
 
Scrisse direttamente a Mazzini il 27 gennaio, in una lettera mai giunta a destinazione, chiedendo che rilasciasse «lettere di marca», un'autorizzazione ad avviare una guerra corsara contro i nemici austriaci e piemontesi, una richiesta impossibile da esaudire,<ref>Si trattava di una richiesta impossibile in quanto potevano rilasciarla solo gli Stati di diritto, si veda anche {{cita libro|Mino |Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 125|1982 |Mursia|}}</ref> ma senza le quali le sue azioni sarebbero state solo atti di [[pirateria]].<ref>Corsaro era chi al servizio del governo cedeva parte del ''bottino'' conquistato, ufficialmente riconosciuto dalle leggi internazionali, tale figura venne poi abolita dal [[congresso di Parigi]] del 1956, si veda: {{Cita|Possieri|p. 113}}</ref> ParlaParlò apertamente contro Carlo Alberto sul [[Paquete du Rio]],<ref>{{cita libro|Domus |mazziniana|Bollettino della Domus mazziniana, Volumi 14-15 , pag 10|1968 |Domus Mazziniana|}}</ref> curacurò le stampe della lettera mazziniana a Carlo Alberto e gli furono aperte le porte della loggia irregolare Asilo di Vertud.<ref>Asil della Vertud, irregolare in quanto non era riconosciuta da quelle principali, si veda {{cita libro|Lauro |Rossi|Garibaldi: vita, pensiero, interpretazioni: dizionario critico , pag 193|2008 |Gangemi||isbn = 978-88-492-1481-9}}</ref>
 
==== Nella Repubblica del Rio Grande del Sud ====
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Erano rimasti 1.500 uomini, che in pochi giorni si ridussero a qualche centinaio. Lungo la strada pernottarono due notti presso Todi: i soldati alloggiati presso il convento dei Cappuccini; Garibaldi e Anita, incinta, ospiti invece a Palazzaccio nella casa di Antonio Valentini, fervente Garibaldino. Il 30 luglio si ritrova a passare la notte a [[Montecopiolo]] nella parte più alta del Montefeltro per proseguire la marcia attraverso sentieri impervi e macchie fitte di vegetazione in direzione della [[San Marino|Repubblica di San Marino]], dove arriva con circa 300 superstiti il 31 luglio per ricevere l'asilo concesso dalla Repubblica di San Marino.<ref>{{Cita|Smith|p. 55}}.</ref> Contemporaneamente Garibaldi con un ordine del giorno sciolse la compagnia. I coniugi erano alloggiati presso Lorenzo Simoncini.<ref>{{cita libro|Gustavo |Sacerdote|La vita di Garibaldi (Volume I), pag 394|1957|Rizzoli|}}</ref> Gli austriaci, guidati da [[Konstantin d'Aspre|d'Aspre]], che comandava il corpo di occupazione [[Impero austriaco|austriaco]] in [[Invasione austriaca della Toscana|Toscana]] volevano che Garibaldi fosse imbarcato a forza per gli Stati Uniti, ma lui fugge da San Marino di notte con circa 250 uomini al seguito<ref>Denis Mack Smith "Garibaldi" Ed. Il Giornale p. 55</ref>, mentre alcuni, tra cui [[Gustav Hoffstetter]], abbandonano.<ref>Dopo aver venduto i cavalli ritornerà a Zurigo e scriverà un libro sulle vicende, si veda {{cita libro|Mino|Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), p. 209|1982 |Mursia|}}</ref>
[[File:Anita_Garibaldi_morenteAnita Garibaldi morente.jpg|thumb|left|Garibaldi ed Anita, colpita dalla malaria, vengono ospitati in una fattoria]]
Continuano gli aiuti trovati per strada: vengono guidati dall'[[operaio]] Nicola Zani con Anita sempre più febbricitante, fino a [[Cesenatico]] dove si imbarcano 13 bragozzi (barche da pesca),<ref>{{cita libro|Mino|Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 210|1982 |Mursia|}}</ref> alla volta di Venezia, il 2 agosto. Arsi dalla sete a circa 80&nbsp;km dall'obiettivo, all'altezza della punta di [[Goro]], vengono avvistati e attaccati da un brigantino austriaco, l<nowiki>'</nowiki>''Oreste'', che con rinforzi li insegue catturando gli equipaggi di 8 bragozzi, più di 160 prigionieri che verranno condotti a Pola. Garibaldi, con Anita in braccio, guada per circa 400 metri<ref>{{Cita|Scirocco|p. 173}}.</ref> giungendo infine sulla spiaggia, saluta i rimasti fra cui il barnabita [[Ugo Bassi]] e [[Giovanni Livraghi]], che saranno fucilati a Bologna l'8 agosto, e [[Angelo Brunetti]] e i due figli, fucilati in seguito anch'essi. Garibaldi arriva a [[Porto Garibaldi|Magnavacca]] nelle [[Valli di Comacchio]], con Anita agonizzante e [[Giovanni Battista Culiolo]] detto ''Leggero''. Aiutati dall'umile Battista Barillari riescono a dissetare la moglie dell'eroe. Il 4 agosto ripartono e salgono sul biroccino guidato da Battista Manelli; arrivano alle [[Mandriole]] dove si fermano alla fattoria Ravaglia con Anita che muore, nonostante gli sforzi del medico Nannini, appositamente convocato.