Walter Tobagi: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Arturo.c (discussione | contributi)
Nessun oggetto della modifica
Riga 2:
'''Walter Tobagi''' ([[Spoleto]], [[18 marzo]] [[1947]] - [[Milano]], [[28 maggio]] [[1980]]), giornalista, fu assassinato in un attentato terroristico perpetrato dalla [[Brigata XXVIII marzo]], gruppo terrorista di estrema sinistra.
 
==BiografiaLe origini==
Walter Tobagi <ref>Le informazioni sopra riportate si basano in parte sull'ampio profilo biografico contenuto nel volume ''Testimone scomodo. Walter Tobagi - Scritti scelti 1975-80'', a cura di Aldo Forbice, Franco Angeli, Milano 1989.
</ref> nacque il [[18 marzo]] [[1947]] a San Brizio, una frazione a sette chilometri da [[Spoleto]], in [[Umbria]]. All'età di otto anni la famiglia si trasferì a [[Bresso]], vicino [[Milano]] (il padre Ulderico era un ferroviere). La sua carriera di giornalista cominciò al ginnasio, come redattore della ''Zanzara'', il celebre giornale del «Parini».
 
==Dall’''[[l'Avanti|Avanti]]'' ad ''[[Avvenire]]''==
Dopo il liceo, Tobagi entrò giovanissimo all' ''[[Avanti!]]'' di Milano, ma vi rimase solo pochi mesi per poi passare al quotidiano cattolico ''[[Avvenire]]''. Il direttore, [[Leonardo Valente]], disse di lui:
 
{{quote|Nel 1969, quando lo assunsi, mi accorsi di essere davanti a un ragazzo preparatissimo, acuto e leale. Di lui ricordo le lunghe e piacevolissime chiacchierate notturne alla chiusura del giornale. Non c'era argomento che non lo interessasse, dalla politica allo sport, dalla filosofia alla sociologia, alle tematiche, allora di moda, della contestazione giovanile. Affrontava qualsiasi argomento con la pacatezza del ragionatore, cercando sempre di analizzare i fenomeni senza passionalità. Della contestazione condivideva i presupposti, ma respingeva le intemperanze.|}}
Riga 18 ⟶ 19:
Tuttavia, l'impegno maggiore Tobagi lo dedicò alle vicende del terrorismo, a cominciare dalla morte di [[Giangiacomo Feltrinelli]] e dall'assassinio del [[commissario Calabresi]]. Si interessò, inoltre, alle prime iniziative militari delle Br, ai «covi» terroristici scoperti a Milano, al rapporto del questore Allitto Bonanno, alla guerriglia urbana che provocava tumulti (e morti) per le strade di Milano, organizzata dai gruppuscoli estremisti di [[Lotta continua]], [[Potere operaio]], [[Avanguardia operaia]].
 
==La carriera nel ''Corriere''==
Quelli trascorsi all' ''Avanti!'' e all' ''Avvenire'' furono anni di iniziazione e di pratica alla scuola di «cronista sul campo», un praticantato lungo e faticoso che doveva portarlo al ''Corriere d'Informazione'' e, in seguito, al ''[[Corriere della Sera]]'', dove poté esprimere pienamente le sue potenzialità di inviato sul fronte del terrorismo e di cronista politico e sindacale.
 
Riga 28 ⟶ 30:
{{quote|Tobagi sul tema del terrorismo non ha mai strillato. Però, pur nello sforzo di capire le retrovie e di non confondere i capi con i gregari era un avversario rigoroso. Il terrorismo era tutto il contrario della sua cristianità e del suo socialismo. Aveva capito che si trattava del tarlo più pericoloso per questo paese. E aveva capito che i terroristi giocavano per il re di Prussia. Tobagi sapeva che il terrorismo poteva annientare la nostra democrazia. Dunque, egli aveva capito più degli altri: era divenuto un obiettivo, soprattutto perché era stato capace di mettere la mano nella nuvola nera|}}
 
==Un giornalista in prima linea==
Al ''[[Corriere della Sera]]'' Tobagi seguì sistematicamente tutte le vicende relative agli «[[anni di piombo]]»: dai tempi degli autoriduttori che disturbavano le Feste dell'Unità agli episodi di sangue più efferati con protagoniste le Br, [[Prima Linea]] e le altre bande armate. Analizzando le vicende luttuose del terrorismo risaliva alle origini di Potop, con la galassia delle storie politiche e individuali sfociate in mille gruppi, di cui molti approdati alle bande armate.
 
Riga 47 ⟶ 50:
 
Il motivo di tanta ostilità era evidentemente {{citazione necessaria|la sua adesione, mai nascosta, al socialismo riformista}}. A un certo punto, durante qel dibattito, Tobagi, riferendosi alla lunga serie di attentati terroristici, disse: «Chissà a chi toccherà la prossima volta». Dieci ore più tardi era caduto sull'asfalto sotto i colpi dei suoi assassini. Lasciava la moglie, Maristella, e due figli, Luca e Benedetta. <ref>Per farsi un'idea del clima politico-culturale all'interno del quale è maturata l'impresa criminale che ha posto fine alla vita di Tobagi si veda il già citato [http://www.quaderniradicali.it/tobagi.pdf articolo] di L.O. Rintallo (''Quaderni Radicali''). L'articolo rende conto anche di quanto emerse dal processo ai responsabili dell'attentato, nonché di quanto non è mai stato chiarito. Fa sicuramente riflettere, ad esempio, quanto il generale [[Carlo Alberto Dalla Chiesa]] disse a ''Panorama'' a proposito dei "sostenitori" che la [[Brigata XXVIII marzo]] avrebbe avuto "tra i giornalisti."
Durante il processo, tra l'altro, emersero alcune testimonianze relative all'omicidio di [[AntonioAntonino CustraCustrà]]. </ref>
 
==L'assassinio==
Tobagi venne ucciso alle 11 di mattina con cinque colpi di pistola da un "commando" di terroristi, buona parte dei quali figli di famiglie della borghesia milanese. A sparare sono [[Mario Marano]] e [[Marco Barbone]]. È quest'ultimo a dargli il colpo di grazia, quando Tobagi si accascia per terra. Nel giro di pochi mesi dal suo omicidio, le indagini di Carabinieri e Magistratura, portano all’identificazione degli assassini ed in particolare, a quella del leader della neonata "Brigata 28 marzo", lo stesso Marco Barbone. Subito dopo il suo arresto, nel settembre del 1980, Barbone decide di collaborare con gli inquirenti; Grazie alle sue rivelazioni l'intera Brigata 28 marzo finisce in carcere, insieme a più di un centinaio di sospetti terroristi di sinistra, con cui Barbone è venuto in contatto nel corso della sua breve ma intensa carriera da terrorista.
 
Le indagini non chiariranno mai il ruolo svolto dalla fidanzata di Marco Barbone, una ragazza di nome [[Caterina Rosenzweig]], appartenente ad una ricca famiglia milanese. Nel [[1978]], cioé ben due anni prima dell'omicidio, Caterina Rosenzweig aveva lungamente pedinato Tobagi, che era anche suo docente di storia moderna all'Università Statale di Milano. Anche se nel settembre 1980 viene arrestata insieme con gli altri, Caterina verrà misteriosamente assolta per insufficienza di prove, nonostante nel corso del processo venga accertato che il gruppo di terroristi si riuniva a casa sua in via Solferino, a poca distanza dagli uffici dove lavorava Tobagi. Dopo il processo si trasferirà in Brasile, dove si perdono le sue tracce.
 
==La memoria==
Tobagi teneva un diario, ma la discrezione di una famiglia simile a lui lo ha sottratto al tritacarne dei ''mass media''. Come ha scritto [[Gaspare Barbiellini Amidei]], però, «sarebbe un giorno lezione civile poterlo leggere sui banchi della scuola. Molti ragazzi dicono di voler fare da grandi i giornalisti. Lo diventino come lui fu».
 
Riga 55 ⟶ 63:
 
{{quote|L'Italia repubblicana non ha fatto, sotto i colpi del terrorismo, la stessa fine dell'Italia liberale sotto i colpi dello squadrismo. I politici, i sindacalisti, i magistrati, i poliziotti ed i carabinieri, i giornalisti, e le grandi masse del paese, hanno imparato qualche cosa dall'amara esperienza del primo dopoguerra. Se hanno saputo difendere la repubblica, lo si deve anche ad uomini come Tobagi ed al loro sacrificio. Buono, generoso quale era, se fosse rimasto in vita, Tobagi non se ne vanterebbe. Ma noi gli dobbiamo sempre un accorato omaggio|}}
 
 
In via Salaino, a Milano, all'angolo con via Solari, cioè nei pressi del luogo dell'omicidio, il 28 maggio 2005 è stata posta una targa in memoria di Walter Tobagi. Così la Giunta comunale di Milano, accogliendo la richiesta dell'Associazione Lombarda Giornalisti, di cui Tobagi era presidente, e dell'Ordine del Giornalisti della Lombardia, ha deciso di ricordare l'inviato del ''Corriere della Sera'' nel venticinquesimo anniversario della morte. Nella targa è riportato un passo di una lettera che Tobagi scrisse nel dicembre del 1978 alla moglie: