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Essi dirigevano il ''Consiglio'' cartaginese, spesso descritto come un [[senato]]. Ne assumevano la presidenza e avevano diritto di prendere la parola in Consiglio, avevano diritto di convocarlo e di sottoporgli delle proposte. Avevano un ruolo decisivo anche nel legiferare. Con tutta probabilità avevano anche diritto convocare l'Assemblea del popolo; peraltro, non si ha conoscenza di alcun'altra carica dello stato che avesse questa facoltà. Anche le finanze dello Stato sembra fossero in ultima istanza sotto il loro controllo, con l'ausilio di un funzionario paragonabile al ''[[questore (storia romana)|quaestor]]'' romano.
Gli interessi dello Stato venivano imposti mediante forze di polizia, di cui sembra che essi fossero anche le massime autorità. Come già lascia intendere il nome ''špṭ'' ("giudice") o ''[[meddix tuticus]]'', anche il potere giudiziario era sostanzialmente sotto il loro controllo. Non di rado essi avevano anche il comando supremo in occasione delle guerre. Il grande rilievo della loro posizione può essere compreso se si pensa che è ad essi, in qualità di "grandi" (''rb''), che spettava, nella Cartagine repubblicana, la funzione, che ai tempi degli antichi Fenici in oriente veniva attribuita al re, di ''mqm 'lm'', vale a dire suscitatori del dio [[Melqart]] (''mlqrt'').
== Bibliografia ==
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