Italia libera: differenze tra le versioni
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==Storia==
'''Italia Libera''' sorse a [[Roma]] nel giugno [[1923]] per iniziativa dell'[[avvocato]] repubblicano [[Randolfo Pacciardi]], [[bersagliere]] nella [[prima guerra mondiale]]<ref>Luciano Zani, ''Italia libera, il primo movimento antifascista clandestino (1923-1925)'', Laterza, Bari, 1975, p. 3</ref> decorato con due medaglie d'argento, una medaglia di bronzo e con la [[Military Cross]] dell'esercito britannico.
Il progetto, sostenuto dall'intero [[Partito Repubblicano Italiano|Partito Repubblicano]] ma, in particolare, dal deputato [[Giovanni Conti]], si proponeva di riunire tutti gli gli ex combattenti della [[prima guerra mondiale|grande guerra]] che si riconoscevano negli ideali dell'[[Interventismo di sinistra|interventismo democratico]] e disapprovavano la posizione filofascista assunta dall'[[Associazione nazionale combattenti]] (ANC).
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Di questa insofferenza nei confronti dell'ANC si rese portavoce anche la [[Medaglia d'oro al valor militare|Medaglia d'oro]] [[Raffaele Rossetti]], autore dell'affondamento della corazzata ''[[SMS Viribus Unitis|Viribus Unitis]]''<ref>[http://www.marina.difesa.it/storia/galleria/viribus.asp Fotografie con commenti della Marina Militare]</ref>, ammiraglia della Marina austriaca<ref>[http://www.worldwar1.com/sfvu.htm Assault on the Viribus Unitis (in inglese)]</ref>, nel porto di [[Pola]]<ref>Luciano Zani, ''cit.'', p. 4</ref>. Rossetti dopo essere entrato nel Partito Repubblicano, aderì subito con entusiasmo al progetto.
All'associazione, furono cooptati tutti gli ex-combattenti iscritti al [[Partito Repubblicano Italiano]]. Tra costoro, oltre a Pacciardi, Conti e Rossetti, i maggiori esponenti furono [[Fernando Schiavetti]], [[Cino Macrelli]], [[Mario Bergamo|Mario]] e [[Guido Bergamo]], [[Gigino Battisti]], [[Vincenzo Baldazzi]] e [[Alfredo Morea]]. Aderì in blocco anche la federazione sarda dell'ANC, controllata da [[Emilio Lussu]] e il gruppo fiorentino dei liberalsocialisti comprendenti [[Carlo Rosselli]], [[Piero Calamandrei]], [[Ernesto Rossi]] e [[Nello Traquandi]]. Membri di prestigio dell'associazione furono anche i nipoti di [[Giuseppe Garibaldi]], [[Peppino Garibaldi|Peppino]], [[Ricciotti Garibaldi jr|Ricciotti]] e [[Sante Garibaldi|Sante]].
L'associazione si dotò quasi subito di una testata giornalistica quindicinale: [[L'Italia libera]]. Dopo una serie di numeri unici, il periodico uscì regolarmente a partire dal 1° ottobre 1923 <ref>Luciano Zani, ''cit.'', p. 6</ref>.
Il programma di ''Italia libera'', inizialmente, riproponeva quello approvato dall'ANC nel congresso costitutivo del 1919. L'intento era di ribadire l'avvicinamento dell'ANC al [[fascismo]] con il progressivo distacco da quegli ideali che invece ''Italia Libera'' avrebbe continuato a perseguire. Si chiedeva, cioè, un riesame dello [[Statuto albertino]] (naturalmente, in senso repubblicano, pur senza esprimerlo esplicitamente), l'abolizione del [[Senato del Regno d'Italia|Regio Senato]], il decentramento amministrativo, la libertà delle varie categorie di lavoratori di organizzarsi sindacalmente, la difesa della piccola proprietà e l'abbattimento delle rendite<ref name=carnaro>Luciano Zani, ''cit.'', pp. 14-15</ref>.
Nello stesso tempo ''Italia Libera'' volle riconoscersi nei concetti della [[Gabriele d'Annunzio|dannunziana]] [[Carta del Carnaro]], con particolare riguardo alla forma repubblicana e a quello della collaborazione tra le classi. Inoltre, si espresse in forma decisamente contraria al [[bolscevismo]], ritenendolo una forma totalitaria, al pari del fascismo<ref name=carnaro></ref>.
L'allineamento dell'ANC al fascismo, in effetti, era ormai reale, tanto che, il 21 gennaio [[1924]], essa decretò l'espulsione di tutti i combattenti iscritti anche ad ''Italia Libera''.
[[File:RaffaeleRossetti.jpg|thumb|upright=1.2|Raffaele Rossetti]]
Il 24 gennaio 1924, ''Italia Libera'' convocò il suo primo Convegno nazionale. In esso si stabilì di non ammettere tutti coloro che avevano collaborato con il fascismo né i comunisti, né i [[Massimalismo (politica)|socialisti massimalisti]]<ref name=conv>Luciano Zani, ''cit.'', pp. 39-48</ref>. Al Convegno, peraltro, emersero pienamente le due anime spirituali del gruppo, quella di Randolfo Pacciardi e quella di Raffaele Rossetti.
Rossetti, infatti, secondo un'interpretazione spirituale dell'[[mazzinianesimo|ideologia mazziniana]], riteneva che l'associazione si doveva porre in una posizione di serena attesa della coscienza popolare che, dietro l'esempio dei migliori, spazzasse via autonomamente il fascismo<ref name=conv></ref>.
Pacciardi, invece, propugnava un'opposizione attiva al fascismo, essendo del parere che, in qualsiasi caso, un atteggiamento passivo avrebbe immancabilmente portato alla sconfitta. Un'ulteriore fonte di imbarazzo era l'innegabile dipendenza dal PRI dei vertici dell'associazione; il ché rendeva difficoltoso il reclutamento di potenziali soci aventi una differente collocazione politica<ref name=conv></ref>.
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I suoi gruppi territoriali toccarono il numero di 150, gli iscritti a 15.000, oltre ad alcune migliaia di militanti non iscritti. Il 1° settembre 1924 la testata “L'Italia Libera” divenne settimanale e toccò le 20.000 copie<ref name=sec></ref>.
Tra il mese di luglio e di agosto del 1924, un settore di ''Italia Libera'' ([[Alfredo Morea]], [[Peppino Garibaldi]] e suo nipote Decio Canzio) si
Canzio fu costretto a dimettersi ma le sue dimissioni furono respinte all'unanimità dal gruppo milanese dell'associazione. Così, nella seconda metà di agosto, i dirigenti di ''Italia Libera'' concordarono di trasformare l'associazione in una specie di “braccio armato” della secessione aventiniana. L'operatività di tale linea fu segnalata al Ministero dell'Interno dai prefetti di [[Napoli]] <ref>ACS, Min. Interno, Dir. Gen. PS, Div. Affari gen. Ris. (1925), b. 84b, fasc. Napoli</ref>e di [[Verona]]<ref>ACS, ''Min. Interno, Dir. Gen. PS, Div. Affari gen. Ris.''' (1925), b. 84b, fasc. ''Verona''</ref>.
Inizialmente, la linea insurrezionale a carattere militare fu condivisa dal leader dell'Aventino [[Giovanni Amendola]] che, tra l'agosto e l'ottobre 1924 costituì clandestinamente a Roma un primo nucleo armato denominato “Amici del Popolo” composto da alcune migliaia di uomini<ref>Luciano Zani, ''cit.'', pp. 93-94</ref>. In una relazione al Comitato esecutivo dell'[[Internazionale Comunista]], l'8 ottobre 1924
[[File:Tito_Zaniboni.jpg|thumb|upright=1.2|Tito Zaniboni]]
Non tutti, però, all'interno dell'Aventino, condivisero questa scelta. In particolare, il deputato del PSU [[Tito Zaniboni]], Peppino, Sante e Ricciotti Garibaldi. Gli ultimi tre, come detto, erano personalità di spicco di Italia Libera<ref>Luciano Zani, ''cit.'', pp. 96-100</ref>.
Zaniboni, pur diffidato dagli aventiniani, organizzò in nuclei armati i gruppi di Italia Libera dell'Italia settentrionale. Sante Garibaldi vi provvide nell'Italia centrale e Peppino in quella meridionale. Ricciotti si occupò di organizzarne altri in [[Francia]], pronti a intervenire. In particolare quest'ultimo costituì oltralpe delle [[Garibaldino|Legioni garibaldine]], allestendo – sembra - dei depositi di armi vicino alla frontiera e piani di spedizione in [[Italia]], comprensivi di lanci di manifestini da aerei<ref>Luciano Zani, ''cit.'', pp. 96-100</ref>.
A tale scopo, Ricciotti Garibaldi ottenne finanziamenti da parte della [[massoneria]] internazionale e dal Partito socialista cecoslovacco. I collegamenti tra le Legioni garibaldine francesi e i gruppi di ''Italia Libera'' è dimostrata da un rapporto del capo della polizia fascista, secondo cui Zaniboni, nell'estate del 1924, si sarebbe recato a [[Parigi]] per incassare un finanziamento di 300.000 franchi a nome del Partito socialista cecoslovacco<ref>ACS, ''Min. Interno, Dir. Gen. PS, Div. Affari gen. Ris''. (1925), b. 109, fasc. ''Avanguardie garibaldine''</ref>.
Tuttavia, la circostanza che la quasi totalità dei combattenti di ''Italia Libera'' fosse di orientamento repubblicano portava in sé una contraddizione: il progetto insurrezionale armato, qualora fosse riuscito a rovesciare il fascismo si sarebbe dovuto rivolgere al re perché riportasse l'ordine democratico secondo l'ordinamento costituzionale vigente (monarchico). Diversamente, avrebbe dovuto investire la stessa [[Casa Savoia|monarchia]] alla quale erano fedeli le [[Forze armate italiane|Forze armate]]. Il ché era improponibile per gli impari rapporti di forza tra i contendenti.
Per questo, anche il gruppo dirigente di ''Italia Libera'', negli ultimi mesi del 1924, decise di appoggiare la linea attendista della secessione aventiniana, limitandosi a porre come obiettivo della propria azione l'approvazione di una nuova [[costituzione]] da parte di un'Assemblea eletta a suffragio universale, senza precisare la forma istituzionale da perseguire<ref>Luciano Zani, ''cit.'', p. 103</ref>.
L'adesione a tale linea della maggior parte degli iscritti fu palese il 4 novembre 1924, in occasione delle celebrazioni della [[Vittoria (Italia)|Vittoria]]. ''Italia Libera'' partecipò autonomamente alle manifestazioni e subì l'attacco degli squadristi senza
Il timore che [[Vittorio Emanuele III]] potesse prendere in considerazione il suo licenziamento, spinse [[Benito Mussolini|Mussolini]] a pronunciare il [[Discorso di Benito Mussolini del 3 gennaio 1925|Discorso del 3 gennaio 1925]]<ref>Luciano Zani, ''cit.'', p. 111</ref>..
''Italia Libera'' fu tra le primissime organizzazioni ad essere sciolta. Già il 6 gennaio successivo, il Ministro dell'Interno poté dichiarare che 120 gruppi di ''Italia Libera'' erano stati sciolti, 111 suoi aderenti erano stati arrestati ed erano state effettuate 625 perquisizioni domiciliari<ref>A. Aquarone, ''L'organizzazione dello Stato totalitario'', Torino, 1965, p. 48 e ss.</ref>. L'ultimo numero della testata “L'Italia Libera” era stato pubblicato il 28 dicembre 1924<ref>Luciano Zani, ''cit.'', p. 109</ref>.
== Pubblicazioni omonime ==
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