Italia libera: differenze tra le versioni

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Tra il mese di luglio e di agosto del 1924, un settore di ''Italia Libera'' ([[Alfredo Morea]], [[Peppino Garibaldi]] e suo nipote Decio Canzio) si batté per imprimere ai gruppi territoriali dell'associazione un'organizzazione militare capace di preparare e guidare un'azione insurrezionale contro il fascismo. Una circolare interna in tal senso fu distribuita da Decio Canzio. Essa cadde nelle mani della polizia fascista e fu pubblicata dal periodico nazionalista [[L'Idea Nazionale]] che accusò ''Italia Libera'' di sovversivismo<ref>Luciano Zani, ''cit.'', pp. 87-90</ref>.
 
Canzio fu costretto a dimettersi ma le sue dimissioni furono respinte all'unanimità dal gruppo milanese dell'associazione. Così, nella seconda metà di agosto, i dirigenti di ''Italia Libera'' concordarono di trasformare l'associazione in una specie di “braccio armato” della secessione aventiniana. L'operatività di tale linea fu segnalata al Ministero dell'Interno dai prefetti di [[Napoli]] <ref>ACS, ''Min. Interno, Dir. Gen. PS, Div. Affari gen. Ris.'' (1925), b. 84b, fasc. ''Napoli''</ref>e di [[Verona]]<ref>ACS, ''Min. Interno, Dir. Gen. PS, Div. Affari gen. Ris.''' (1925), b. 84b, fasc. ''Verona''</ref>.
 
Inizialmente, la linea insurrezionale a carattere militare fu condivisa dal leader dell'Aventino [[Giovanni Amendola]] che, tra l'agosto e l'ottobre 1924 costituì clandestinamente a Roma un primo nucleo armato denominato “Amici del Popolo” composto da alcune migliaia di uomini<ref>Luciano Zani, ''cit.'', pp. 93-94</ref>. In una relazione al Comitato esecutivo dell'[[Internazionale Comunista]], l'8 ottobre 1924, [[Palmiro Togliatti]] stimò in 7.000 uomini i componenti di tale nucleo romano, sostenendo che circa 4.000 fossero controllati dai comunisti<ref>Palmiro Togliatti, ''Opere'', vol. I, Roma, 1967, pp. 836-837</ref>. Negli ultimi due mesi del 1924, però, Amendola decise di abbandonare la linea insurrezionale.