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All'associazione, furono cooptati tutti gli ex-combattenti iscritti al [[Partito Repubblicano Italiano]]. Tra costoro, oltre a Pacciardi, Conti e Rossetti, i maggiori esponenti furono [[Fernando Schiavetti]], [[Cino Macrelli]], [[Mario Bergamo|Mario]] e [[Guido Bergamo]], [[Gigino Battisti]], [[Vincenzo Baldazzi]] e [[Alfredo Morea]]. Aderì in blocco anche la federazione sarda dell'ANC, controllata da [[Emilio Lussu]] e il gruppo fiorentino dei liberalsocialisti comprendenti [[Carlo Rosselli]], [[Piero Calamandrei]], [[Ernesto Rossi]] e [[Nello Traquandi]]. Membri di prestigio dell'associazione furono anche i nipoti di [[Giuseppe Garibaldi]], [[Peppino Garibaldi|Peppino]], [[Ricciotti Garibaldi jr|Ricciotti]] e [[Sante Garibaldi|Sante]].
 
L'associazione si dotò quasi subito di una testata giornalistica quindicinale: [[L'Italia libera]]. Dopo una serie di numeri unici, il periodico uscì regolarmente a partire dal 1°º ottobre 1923<ref>Luciano Zani, ''cit.'', p. 6</ref>.
 
Il programma di ''Italia libera'', inizialmente, riproponeva quello approvato dall'ANC nel congresso costitutivo del 1919. L'intento era di ribadire l'avvicinamento dell'ANC al [[fascismo]] con il progressivo distacco da quegli ideali che invece ''Italia Libera'' avrebbe continuato a perseguire. Si chiedeva, cioè, un riesame dello [[Statuto albertino]] (naturalmente, in senso repubblicano, pur senza esprimerlo esplicitamente), l'abolizione del [[Senato del Regno d'Italia|Regio Senato]], il decentramento amministrativo, la libertà delle varie categorie di lavoratori di organizzarsi sindacalmente, la difesa della piccola proprietà e l'abbattimento delle rendite<ref name=carnaro>Luciano Zani, ''cit.'', pp. 14-15</ref>.
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Dopo il [[delitto Matteotti]], nel giugno 1924, l'associazione, in accordo con il partito repubblicano, fece la precisa scelta di aderire e sostenere attivamente la [[Secessione dell'Aventino]]. ''Italia Libera'' si pose quindi all'avanguardia dello schieramento di opposizione e, nella seconda metà del 1924, raggiunse la sua massima espansione e il maggior peso politico. All'associazione si accostarono anche chi non rivestiva formalmente la qualifica di ex-combattente. Furono ammessi anche i socialisti massimalisti e vi si infiltrarono elementi del [[Partito Comunista d'Italia]]<ref name=sec>Luciano Zani, ''cit.'', pp. 63-68</ref>.
 
I suoi gruppi territoriali toccarono il numero di 150, gli iscritti a 15.000, oltre ad alcune migliaia di militanti non iscritti. Il 1°º settembre 1924 la testata “L'Italia Libera” divenne settimanale e toccò le 20.000 copie<ref name=sec/>.
 
Tra il mese di luglio e di agosto del 1924, un settore di ''Italia Libera'' ([[Alfredo Morea]], [[Peppino Garibaldi]] e suo nipote Decio Canzio) si batté per imprimere ai gruppi territoriali dell'associazione un'organizzazione militare capace di preparare e guidare un'azione insurrezionale contro il fascismo. Una circolare interna in tal senso fu distribuita da Decio Canzio. Essa cadde nelle mani della polizia fascista e fu pubblicata dal periodico [[Nazionalismo italiano|nazionalista]] ''[[L'Idea Nazionale]]'' che accusò ''Italia Libera'' di sovversivismo<ref>Luciano Zani, ''cit.'', pp. 87-90</ref>.
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== Avvenimenti successivi ==
[[File:Rosselli 2.jpg|thumb|Alcuni componenti del gruppo fiorentino di ''Italia libera'' nel [[1925]]: [[Nello Traquandi]], [[Tommaso Ramorino]], [[Carlo Rosselli]], [[Ernesto Rossi]], [[Luigi Emery]], [[Nello Rosselli]].]]
Con l'adozione delle [[leggi fascistissime|leggi eccezionali]] che sancirono l'introduzione della dittatura (1926), Pacciardi fu assegnato al confino per cinque anni<ref>Commissione di Roma, ordinanza del 16.12.1926 contro Randolfo Pacciardi e altri ("Noti antifascisti, militanti del Partito repubblicano"). In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, ''L'Italia al confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943'', Milano 1983 (ANPPIA/La Pietra), vol. IV, p. 1325-1326</ref>. Per sfuggire all'arresto espatriò prima in Svizzera, poi in Francia. Con lo scoppio della [[Guerra civile spagnola]] guidò il [[Battaglione Garibaldi]], formato da volontari italiani antifascisti, a sostegno della [[Seconda repubblica spagnola|repubblica spagnola]] contro i [[Franchismo|franchisti]] (1936-1937). Rientrato in Francia, fu costretto a emigrare nuovamente, negli [[Stati Uniti]], a seguito dell'occupazione tedesca (1940). Fu autorizzato a tornare in Italia soltanto dopo la [[liberazione di Roma]] (giugno 1944). E'È stato quattro volte segretario politico del PRI, Ministro della difesa per cinque anni (1947-1953) e Vicepresidente del Consiglio.
 
Raffaele Rossetti subì l'aggressione da parte delle [[squadre d'azione]] fasciste (13 giugno 1925) e poi espatriò in Francia. E'È stato segretario del PRI in esilio tra il 1932 e il 1933. Durante la [[guerra civile spagnola]] si trasferì a [[Barcellona]] e collaborò con la radio locale lanciando proclami antifascisti. Per tale motivo, il governo italiano gli revocò la medaglia d'oro conseguita nella prima Guerra Mondiale. Con l'avvento della Repubblica, tale provvedimento fu annullato.
 
Anche Fernando Schiavetti fu esule prima a [[Marsiglia]] (1926) e poi a [[Zurigo]]. Già segretario del PRI (1920-1922), durante l'esilio si avvicinò a [[Giustizia e Libertà]] di Carlo Rosselli. Nel dopoguerra entrò nel [[Partito d'Azione]], come la maggior parte dei GL, e fu eletto deputato. Alla dissoluzione del PdAz entrò nel [[Partito Socialista Italiano]]. Giovanni Conti, invece, restò in Italia - sorvegliato speciale - ed ebbe più volte il suo studio legale distrutto dai fascisti.
 
Il gruppo fiorentino proseguì nella sua attività di propaganda antifascista con il foglio ''[[Non Mollare]]'', fino a ottobre 1925. Carlo Rosselli fu arrestato alla fine del 1926 per aver favorito l'espatrio in Svizzera del leader socialista [[Filippo Turati]]. Fu detenuto nelle carceri di [[Como]] e poi inviato al confino<ref>Cfr. Commissione di Milano, ordinanza del 15.12.1926 contro Carlo Rosselli (“Intensa attività antifascista; tra gli ideatori del giornale clandestino ''[[Non Mollare]]'' uscito a Firenze nel 1925; favoreggiamento nell'espatrio di Turati e Pertini”). In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, ''L'Italia al confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943'', Milano 1983 (ANPPIA/La Pietra), vol. III, p. 238</ref> di [[Isola di Lipari|Lipari]]. Il 27 luglio [[1929]] Rosselli evase dall'isola, insieme con [[Francesco Fausto Nitti]] ed [[Emilio Lussu]], con un motoscafo diretto in [[Tunisia]], da cui poi raggiunse la [[Francia]].<ref>Cfr. ''La storia sotto inchiesta: Fuga da Lipari, un esilio per la liberta'' trasmesso da [[Rai Storia]] il 3 gennaio 2012.</ref>. Giunto a [[Parigi]] fondò il movimento [[Giustizia e Libertà]], di orientamento repubblicano, antifascista e liberalsocialista. Allo scoppio della [[Guerra civile spagnola]], Rosselli fu subito attivo nel sostegno alle forze repubblicane, combattendo in prima persona a [[Huelva]]. Il 17 agosto 1936, nell'ambito delle [[Brigate Internazionali]], costituì la prima formazione composta da volontari italiani, la [[Colonna Italiana]]. Successivamente propose a Pacciardi di porsi al comando di una legione antifascista italiana sotto il patronato politico dei partiti socialista, comunista e repubblicano (Battaglione Garibaldi). Nel giugno [[1937]] lasciò la Spagna per recarsi a [[Bagnoles-de-l'Orne]] per delle cure termali, dove fu raggiunto dal fratello [[Nello Rosselli|Nello]]. Il 9 dello stesso mese i due fratelli furono uccisi da una squadra di "cagoulards", miliziani della "[[Cagoule]]", formazione eversiva di destra francese, su mandato, forse, dei [[servizio segreto|servizi segreti]] fascisti.
 
Ernesto Rossi fu dirigente del nucleo clandestino milanese di "[[Giustizia e Libertà]]". Fu arrestato solo il 30 ottobre 1930.<ref name=":0">{{Cita news|nome2=|autore=Antonio Carioto|titolo=Ada, l’altra metà di Ernesto Rossi Un amore consacrato dalla galera|pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|data=4 febbraio 2016|p=39}}</ref> Gli furono inflitti venti anni di carcere dal [[Tribunale Speciale]], dei quali nove scontati nelle "patrie galere" e quattro al confino<ref>Commissione di Roma, ordinanza del 6.11.1939 contro Ernesto Rossi e altri (“Dirigenti di "Giustizia e Libertà", dopo aver scontata la condanna inflitta loro dal TS, vengono confinati”). In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, ''L'Italia al confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943'', Milano 1983 (ANPPIA/La Pietra), vol. IV, p. 1437</ref> nell'isola di [[Ventotene]]. Nell'isola tirrenica, con [[Altiero Spinelli]] ed [[Eugenio Colorni]] si fece portatore delle idee federaliste europee che nel 1941 furono raccolte nel [[Manifesto di Ventotene]]. Entrato nel [[Partito d'Azione]], fu sottosegretario alla Ricostruzione (1945). Fu poi tra i fondatori del [[Partito Radicale (Italia)|Partito Radicale]] ma rifiutando di occupare incarichi di direzione.