Combustibile solido secondario: differenze tra le versioni

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Secondo le normative italiane vigenti (in particolare il D.Lgs. n. 22/1997 e successive modifiche e integrazioni), il CDR viene ottenuto tramite processi volti a eliminare i materiali non combustibili ([[vetro]], [[metalli]], [[inerti]]) e la frazione umida (la materia organica come gli scarti alimentari, agricoli, etc.). I rifiuti adatti (in genere soprattutto plastiche che - come derivati del [[petrolio]] - hanno un buon [[rendimento energetico]]), così selezionati, vengono in seguito, triturati e aggregati in grossi blocchi (chiusi con vari strati di pellicola plastica). La produzione deve avvenire in impianti idonei al contenimento delle emissioni di polveri e al deposito dei rifiuti nelle diverse fasi di trattamento.
 
'''La parte organica dei rifiuti''', eliminata dall'"ecoballa", può essere utilizzata per estrarre [[biogas]], [[combustibili]] solidi e liquidi, per un riutilizzo come [[compost]] fertilizzante o come materia prima per determinati cicli produttivi industriali (ad esempio il [[bioetanolo]]), oppure conferita direttamente in discarica (quest'ultima opzione andrebbe evitatataevitata).
 
Al termine del processo di selezione '''il residuo secco combustibile''' dei rifiuti (cioè carta plastica ecc.) viene triturato e trasformato in combustibile (CDR) per la [[termovalorizzazione]] in appositi impianti [[inceneritore|inceneritori]] dotati di sistemi di recupero dell'[[energia]] prodotta dalla combustione producendo [[energia elettrica|elettricità]] o elettricità e calore ([[cogenerazione]]). Il CDR può essere bruciato anche in forni industriali di diverso genere non specificamente progettati a questo scopo, come quelli dei cementifici,<ref name=toz>Mario Tozzi, ''L'Italia a secco: la fine del petrolio e la nuova era dell'energia naturale'', Rizzoli, 2006.</ref> per i quali può essere un combustibile economicamente vantaggioso.