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== Alcuni membri della famiglia Fontanot dopo la Liberazione ed il problema dei "Monfalconesi" ==
{{vedi anche|Esodo dei cantierini monfalconesi|Conflitto sovietico-jugoslavo}}
Dopo la seconda guerra mondiale<ref>[http://www.storiain.net/arret/num139/artic5.asp Tito Dice No a Stalin] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090106025321/http://www.storiain.net/arret/num139/artic5.asp |data=6 gennaio 2009 }} {{citazione| Liberati dalla paura e dall'arbitrio cui da decenni sottostavano in patria, gli esperti sovietici, che si insediarono in tutte le istituzioni statali, industriali e militari, si comportarono con poco criterio e molta arroganza [...], come se ognuno di loro avesse il diritto e il dovere di atteggiarsi a piccolo Stalin}} da scritti di [[Milovan Gilas]]{{citazione|Gli jugoslavi non titubarono nell'organizzare una difesa: all'interno del Paese venne repressa brutalmente qualsiasi voce di dissenso, la polizia segreta [[Ozna]] controllava ogni aspetto della vita sociale, alla ricerca dei "traditori"}}</ref> inizia la lotta portata avanti da [[Josip Broz Tito|Tito]] e [[Milovan Gilas]] per rendere indipendente la [[Jugoslavia]] dal dominio di [[Stalin]], la lotta è durissima e ci vanno di mezzo anche diversi [[comunisti]] operai di [[Monfalcone]] che dopo aver combattuto nella [[Brigata Proletaria]] e con le Brigate partigiane in Slovenia avevano deciso di emigrare in Jugoslavia considerata da loro una nazione organizzata in modo socialista. Secondo [[Arrigo Petacco]] tali operai costituivano, provenienti sia da [[Monfalcone]] che da [[Pola]], una «quinta colonna» fedele al [[Cominform]] a cui sarebbe stato assegnato il lavoro politico di riportare la [[Jugoslavia]] all'interno dell'orbita stabilita da [[Stalin]], e raggiunsero la [[Jugoslavia]] tramite lo strumento organizzativo per l'"espatrio" messo in campo da [[Vittorio Vidali]] ma su indicazioni di [[Palmiro Togliatti]]. Questo rappresentava un attacco diretto alla politica di Tito e di [[Milovan Gilas]] per cui si incominciarono a mandare i "monfalconesi" in campi di prigionia. [[La Brigata Proletaria|Ferdinando Marega]] riuscì a sfuggire dalla cattura ed a informare i dirigenti del [[Partito Comunista Italiano|Pci]] della situazione ma rimase inascoltato per motivi di ordine propagandistico nonché geopolitico. Dalla testimonianza di Armido Campo, riportata sotto, nipote di Vinicio Fontanot però non si evince una strategia preordinata come da ipotesi di [[Arrigo Petacco]] bensì più che altro una conseguenza dello scontro [[Stalin]]-[[Josip Broz Tito|Tito]].
Alcuni membri della famiglia Fontanot, come [[comunisti]] italiani, essendo il [[Partito Comunista Italiano|PCI]] in questa lotta schierato con [[Stalin]], vengono visti con sospetto ed anche imprigionati.
Ne dà testimonianza un nipote di Vinicio Fontanot:
{{citazione| Chi parla è Armido Campo, figlio di Ribella e nipote di Vinicio Fontanot, famoso comandante della [[Brigata Garibaldi Trieste]]. Ora vive alla Spezia e, dopo circa cinquant'anni, si è deciso per primo a rompere il silenzio che la sua famiglia si era imposta per disciplina di partito. Racconta Armido: eravamo tutti comunisti dello zoccolo duro. Mia madre, Ribella, vedova di un deportato in Germania, si era risposata con Sergio Mori, il mio secondo padre, che era allora un quadro del [[Partito Comunista Italiano|Pci]]. Lasciammo [[Monfalcone]] all'inizio del 1947 per andare a vivere in [[Jugoslavia]], dentro il [[comunismo]] reale, dal quale stavano fuggendo in massa gli italiani dell'[[Istria]]. Dopo la rottura fra Tito e [[Stalin]] la mia famiglia venne deportata a [[Zenica]] in [[Bosnia]]. C'erano con noi tre famiglie di monfalconesi: i Battilana, i Bressan, i Comar, i Babuder, i Gratton e Elsa Fontanot. In quel villaggio finimmo a contatto con i prigionieri tedeschi condannati ai lavori forzati. Ricordo la pietà di mia madre e di mia nonna Lisa le quali, dimenticando che i nazisti avevano ucciso i loro mariti, portavano tazze di brodo a quei prigionieri immersi nella neve. Anche noi, in verità, vivevamo come prigionieri, ma non portavamo le catene come i tedeschi. Restammo lì per più di un anno, completamente dimenticati dal [[Partito Comunista Italiano|Pci]] che non poteva ignorare quanto stava accadendo. [[Vittorio Vidali]], certamente, sapeva tutto, ma nessuno fece nulla per noi. Per questo, [[Sergio Mori]] decise un giorno di fuggire da [[Zenica]] e riuscì a raggiungere [[Zagabria]] dove si mise in contatto con il console italiano. Poco tempo dopo, grazie all'intervento del governo italiano, fummo liberati, tornammo in Italia e cademmo dalla padella nella brace. Le nostre case di [[Monfalcone]] erano state assegnate ai profughi dell'[[Istria]], i nostri posti di lavoro anche. Ci consideravano degli appestati.<ref>Da «L'esodo. Le tragedie negate degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia». (Mondadori Editore) [http://www.istrianet.org/istria/literature/critiques/petacco_esodo-tragedia.htm brani libro Arrigo Petacco] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20071213053126/http://www.istrianet.org/istria/literature/critiques/petacco_esodo-tragedia.htm |data=13 dicembre 2007 }}</ref>}}
La tesi di [[Arrigo Petacco]] è sostanzialmente ribaltata da Anna Di Gianantonio<ref>autrice fra gli altri di *''È bello vivere liberi. [[Ondina Peteani]]. Una vita tra lotta partigiana, deportazione ed impegno sociale'' [[Irsml]] Friuli-Venezia Giulia - 2007
*''Gorizia operaia. I lavoratori e le lavoratrici isontini tra storia e memoria 1920-1947'' [[Editrice Goriziana]] - 2000. Anna Di Gianantonio è professoressa ed ha l'incarico di ricercatrice per l<nowiki>'</nowiki>''Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia''. Fra le ricerche pubblicate vi sono i suoi studi sulla storia politico-sociale delle aree della regione, ricavati da interviste con le persone che hanno vissuto il regime fascista sia come semplici cittadini ed operai, sia di partigiani e partigiane, si è inoltre occupata in particolar modo del dopoguerra monfalconese, oltre i già citati articoli, ha anche curato i volumi ''L'immaginario imprigionato'' e il documentario ''Storie resistenti. Da [[Monfalcone]] a [[Salcano]].'' sempre per le edizioni dell<nowiki>'</nowiki>''Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia''</ref> presentando dei fatti secondo cui furono alcuni gruppi di "Monfalconesi", ormai ben integrati nel mondo del lavoro Jugoslavo che, rimasti fedeli al [[cominform]], presero contatti con [[Vittorio Vidali]] ed il [[Partito Comunista Italiano|Pci]] per costruire una lotta politica pro [[Stalin]] in opposizione a [[Josip Broz Tito|Tito]], essendo appoggiati dal [[Partito Comunista Italiano|Pci]] che, in quel periodo, era su posizioni coincidenti con quelle di [[Stalin]], soprattutto per quanto riguardava l'evoluzione del [[socialismo]] in [[Jugoslavia]]. La testimonianza di Mario Tonzar sembra infatti avvalorare maggiormente questa tesi.<ref>{{Cita web |url=http://www.monde-diplomatique.it/LeMonde-archivio/Settembre-2006/pagina.php?cosa=0609lm30.01.html |titolo=Tragico destino degli operai «cominformisti» Anna Di Gianantonio |accesso=28 gennaio 2009 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110610221820/http://www.monde-diplomatique.it/LeMonde-archivio/Settembre-2006/pagina.php?cosa=0609lm30.01.html |dataarchivio=10 giugno 2011 |urlmorto=sì }}</ref>. In ogni caso, le ipotesi sia di Petacco che della Gianantonio si possono ritenere convergenti sul piano dei risultati, indipendentemente se sia stato il [[Partito Comunista Italiano|PCI]] a formare la "quinta colonna" di comunisti fedeli al [[cominform]] o se siano stati i comunisti fedeli al [[cominform]] a chiedere aiuto al [[Partito Comunista Italiano|PCI]] per fare opposizione a Tito in difesa dello [[stalinismo]], ed è comprensibile che in un periodo storico così lacerante per i comunisti italiani in [[Jugoslavia]], non ha troppa importanza se vi era una tattica organizzata dietro al [[Partito Comunista Italiano|PCI]] o la tattica scaturì dalle loro posizioni riportate ai dirigenti del [[Partito Comunista Italiano|PCI]] da parte di gruppi dei suddetti comunisti espatriati in [[Jugoslavia]], probabilmente ogni fattore servì da rinforzo ed amplificazione dell'altro.
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== Voci correlate ==
* [[Battaglia di Gorizia (1943)]]
* [[La Brigata Proletaria]]
* [[Esodo dei cantierini monfalconesi]]
== Collegamenti esterni ==
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*{{cita web|url=http://www.monde-diplomatique.it/LeMonde-archivio/Settembre-2006/pagina.php?cosa=0609lm30.01.html|titolo=Tragico destino degli operai " cominformisti " di Anna Di Gianantonio|urlmorto=sì|accesso=28 gennaio 2009|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110610221820/http://www.monde-diplomatique.it/LeMonde-archivio/Settembre-2006/pagina.php?cosa=0609lm30.01.html|dataarchivio=10 giugno 2011}}
{{Questione adriatica}}
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