'Ala' al-Din II di Delhi: differenze tra le versioni

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{{Monarca
|nome = ʿAlāʾ al-ud-dīnDīn II
|immagine = Portrait of Sultan 'Ala-ud-Din, Padshah of Delhi.jpg
|legenda = Un dipinto del [[XVII secolo]] di ʿAlāʾ al-ud-dīnDīn II.
|stemma =
|titolo = [[Sultanato di Delhi|Sultano di Delhi]]
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|incoronazione =
|investitura =
|predecessore = [[Rukn al-ud-dinDin II di Delhi|Rukn al-ud-dīnDīn II]]
|erede =
|successore = [[Shihab al-ud-dinDin di Delhi|Shihāb al-ud-dīnDīn]]
|nome completo = ʿAli Gurshap ʿAlāʾ al-ud-dīnDīn [[Khalji|Khaljī]] Sikandar Sānī Muḥammad [[Scià|Shāh]]
|altrititoli =
|data di nascita = [[1266]]
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|casa reale =
|dinastia = [[Khalji]]
|padre = [[Shihab al-ud-dinDin Mas'ud Khalji|Shihāb al-ud-dīnDīn Masʿūd]]
|madre =
|consorte =
|consortedi =
|coniuge 1 = una figlia di [[Jalal al-ud-dinDin di Delhi|Jalāl al-ud-dīnDīn]]
|coniuge 2 = Mahru (regina)
|coniuge 3 = Kamala Devi (favorita)
|coniuge 4 =
|coniuge 5 =
|figli = [[Shihab al-ud-dinDin di Delhi|Shihāb al-ud-dīnDīn]]<br />[[Qutb al-ud-dinDin Mubarak|Quṭb al-ud-dīnDīn]]
|religione = [[Islam]] [[sunnismo|sunnita]]
}}
{{Bio
|Nome = ʿAlāʾ al-ud-dīnDīn II
|Cognome = Khaljī
|PostCognomeVirgola = nato col nome di ʿAlī Gurshap e autosoprannominatosi Sikander Sānī, "[[Alessandro Magno|Alessandro]] secondo"
|ForzaOrdinamento = 'Ala al-ud-dinDin 02
|Sesso = M
|LuogoNascita = Delhi
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== Inizi ==
ʿAlāʾ-ud'Ala al-dīnDin nacque nel 1266 circa con il nome di ʿAlī Gurshap da [[Shihab al-ud-dinDin Mas'ud|Shihāb al-ud-dīnDīn Masʿūd]], fratello maggiore del sultano [[Jalal al-ud-dinDin di Delhi|Jalāl al-ud-dīnDīn]], e fu cresciuto dallo zio a causa della morte prematura del padre<ref name=M137>Mehta, [http://books.google.it/books?id=iUk5k5AN54sC&pg=PA137&cd=4# p. 137].</ref>
Durante il regno di Jalāl al-Dīn-ud-dīn fu ''muqṭī'' ("governatore") di [[Manikpur (Uttar Pradesh)|Kara]], vicino ad [[Allahabad]], e come tale si pose alla testa di un esercito, compiendo alcune incursioni nei territori a sud dei monti [[Vindhya]]: nel 1292 razziò il [[Malwa]] e due anni dopo invase il regno [[yadava]] di [[Daulatabad|Devagiri]] con qualche migliaio di cavalieri, saccheggiandolo e costringendolo al pagamento di un tributo annuo. Dopo l'uccisione dello zio, della quale ʿAlāʾ'Ala al-ud-dīnDin fu responsabile, nonostante ne fosse il nipote prediletto e il genero, usò le ingenti ricchezze razziate a Devagiri per spianarsi la strada verso il trono e nel 1296 fu proclamato sultano di Delhi.<ref>a) Wolpert, p. 109; b) Torri, p. 203.</ref>
 
== La politica economica ==
ʿAlaʾ-ud-dīn pose mano all'amministrazione dello Stato riformandola in senso centralista per rendere più sicura l'autorità del sultano ed evitare che venisse posta in discussione dai nobili; al contempo varò delle riforme volte ad assicurare allo Stato ingenti entrate finanziarie.
 
ʿAlāʾ'Ala al-ud-dīnDin esautorò infatti i membri dell'aristocrazia terriera confiscando i ''jagir'' (tenute fondiarie esentasse) precedentemente loro assegnati, ottenendo contemporaneamente una risorsa finanziaria per stipendiare direttamente l'esercito. Inoltre aumentò la pressione fiscale con l'istituzione di nuove tasse (sulla casa e sul bestiame da latte) e l'aumento dell'imposta fondiaria fino all'equivalente di metà del raccolto; l'esazione fiscale fu più severa e fatta rispettare grazie ad una rete di spie e cortigiani così come venne messo sotto controllo il reddito dei mercanti; sia l'oro che l'argento non vennero più accantonati da parte dei privati e fu proibita l'incetta di frumento; venne calmierato il prezzo dei generi di prima necessità (cereali, altre cibarie, stoffe); fu introdotta una licenza per l'esercizio del commercio; la vendita del frumento fu permessa solo a prezzo fisso e nei mercati autorizzati a questo tipo di vendita. Il beneficio di queste riforme fu di consentire alla popolazione civile e ai militari di condurre una vita decente, mentre i limiti furono da una parte la scarsa efficacia dei controlli nelle zone via via più lontane da Delhi e dall'altra l'ostilità di contadini e mercanti che si consideravano colpiti dalle riforme economiche di ʿAlaʾ-ud-dīn.<ref>Wolpert, p. 111.</ref>
 
== La minaccia mongola ==
[[File:MongolCavalrymen.jpg|thumb|Cavalleria mongola agli inizi del [[XIV secolo]].]]
Le riforme varate da ʿAlāʾ-ud'Ala al-dīnDin avevano lo scopo di permettere il mantenimento di un grande esercito permanente che potesse fronteggiare efficacemente la minaccia mongola: per circa un secolo infatti (dal [[1221]] al [[1329]]) i [[mongoliMongoli]] tentarono più volte di attraversare i passi [[Afghanistan|afghani]] per irrompere nella [[pianura indo-gangetica]] e portare la devastazione in tutto il nord dell'India.
 
Durante il regno di ʿAlāʾ'Ala al-ud-dīnDin ci furono cinque tentativi di invasione: nel 1296 (giusto pochi mesi dopo l'ascesa al trono), nel 1297, nel 1299, nel 1303-1304, nel 1307-1308. Di queste, la terza e la quarta invasione furono le più gravi perché arrivarono a minacciare direttamente Delhi. In tutte queste occasioni però gli invasori furono sconfitti, subendo perdite anche molto gravi: poco dopo la terza invasione, quella del 1299, ʿAlāʾ'Ala al-ud-dīnDin si liberò dei cosiddetti "nuovi musulmani", una grossa comunità di Mongoli che avevano fatto parte di un precedente corpo d'invasione arrivato nel 1292 durante il regno di Jalāl-ud-dīn: questi sconfitti e catturati si erano convertiti all'Islam ed erano stati insediati nella regione attorno a Delhi; il loro comportamento però era stato ambiguo, se non addirittura infido, e ʿAlāʾ'Ala al-ud-dīnDin, non fidandosi più e ritenendo la loro presenza un pericolo, semplicemente li fece sterminare dal suo esercito (fra i {{formatnum:20000}} e i {{formatnum:30000}} morti in un giorno solo).
 
Durante le ultime due invasioni ʿAlāʾ-ud'Ala al-dīnDin adottò un'usanza degli stessi Mongoli: elevòfece elevare piramidi di teste tagliate ai nemici; nell'ultima, quella del 1308, lo stesso capo spedizione, Iqbalmand, fu ucciso durante il combattimento e i suoi generali catturati e giustiziati.
 
Le pesanti perdite subite e l'eccessiva durezza con cui ʿAlāʾ'Ala al-ud-dīnDin trattò i prigionieri (di solito sterminati) fecero desistere per sempre i Mongoli dal tentare altre invasioni (solo nel 1328-1329 ci fu una breve incursione approfittando del fatto che il sultano era occupato in una campagna militare nel sud).<ref>a) Wolpert, p. 112; b) Torri, pp. 191, 193 e 194.</ref>
 
== Le guerre nel sud ==
[[File:DaulatabadFort.JPG|thumb|Il forte di [[Daulatabad|Devagiri]].]]
Con la sconfitta di Iqbalmand cessò il pericolo proveniente da nord; a quel punto le forze del sultanato poterono essere rivolte in direzione opposta per depredare i ricchi Stati del sud. La politica espansionista di ʿAlāʾ-ud'Ala al-dīnDin seguì due linee guida: inviare dei comandanti fidati alla testa delle spedizioni e imporre dei tributi anziché tentare direttamente l'annessione. Il sultano si rese conto infatti che guidare le spedizioni in prima persona avrebbe significato abbandonare le ricche regioni di Delhi e del [[Doab|Doāb]] che assicuravano la sopravvivenza dello Stato e il potere dello stesso Sultano; inoltre voler imporre il dominio diretto sugli Stati a sud della barriera geografica costituita dai monti [[Vindhya]] e dal fiume [[Narmada]] avrebbe significato guerre lunghe e dispendiose, perciò preferì imporre ai territori invasi un grosso riscatto per ottenere la fine dell'occupazione e un tributo annuale.
 
Già nel 1294 ʿAlāʾ-ud'Ala al-dīnDin aveva saccheggiato Devagiri, mentre nel 1297 aveva conquistato e annesso il [[Gujarat]]. Nel 1307 attaccò nuovamente Devagiri, il cui sovrano [[Shankaradeva]] si era rifiutato di pagare il tributo imposto in precedenza, e il regno fu conquistato definitivamente divenendo la base operativa per le successive spedizioni nel [[Deccan]]; da qui partì per sconfiggere i [[Rajput]], nel 1309 occupò il regno dei [[Kakatiya]] e infine nel 1310 l'esercito di ʿAlāʾ-ud'Ala al-dīnDin razziò il regno [[Pandya]] nell'estremo sud del [[subcontinente indiano]]. Quando ʿAlāʾ-ud-dīn morì, gran parte del Deccan fu posto sotto tributo da parte di Delhi ma significativamente soltanto Devagiri fu annessa direttamente al Sultanato, mentre solo l'[[Orissa]] e il regno Pandya rimasero completamente indipendenti.<ref>a) Wolpert, p. 112; Torri, p. 204.</ref>
 
== Relazioni familiari ==
ʿAlāʾ'Ala al-DīnDin sposò due donne in epoca imprecisata ma comunque molti anni prima del 1290: una era figlia di Jalāl al-Dīn, l'altra era Mahru, sorella di uno dei suoi migliori amici, Malik Sanjār, in seguito noto come Alp Khān. La relazione con le due donne fu molto diversa: Mahru era la favorita tanto che fu creata regina (''Malik-i Jahān'', "regina del mondo"), mentre la figlia di Jalāl al-Dīn, rósa dalla gelosia, mantenne sempre un comportamento arrogante verso ʿAlāʾ al-Dīn e aggressivo verso Mahru.<ref name=M137/>
 
La situazione cambiò nel 1297 quando, dopo la spedizione in Gujarāt, vennero portati ad ʿAlāʾ al-Dīn due prigionieri speciali: una era Kamala Devi, regina del Gujarat, l'altro era [[Malik Kafur|Kāfūr]], uno schiavo eunuco. Kamala Devi divenne la nuova moglie favorita, mentre Kāfūr divenne l'amante di ʿAlāʾ al-Din, tanto da ricevere da lui incarichi importanti, fino a diventarne il vice.<ref>a) Wolpert, p. 111; b) Torri, p. 220.</ref>