Francesco Guicciardini: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Riga 62:
Nel [[1509]], in occasione della guerra contro [[Pisa]], venne chiamato ''a pratica'' dalla signoria, ottenendo, grazie all'aiuto del Salviati, l'avvocatura del capitolo di Santa Liberata. Questi progressi portarono il Guicciardini anche ad una rapida ascesa nella politica internazionale, ricevendo dalla Repubblica Fiorentina l'incarico di ambasciatore in [[Spagna]] presso Ferdinando il Cattolico nel 1512. Da questa sua esperienza nell'attività diplomatica nacque la ''[[Relazione di Spagna]]'', una lucida analisi delle condizioni socio-politiche della [[Penisola Iberica]] e anche il "Discorso di Logrogno", un'opera di teoria politica in cui Guicciardini sostiene una riforma in senso aristocratico della Repubblica fiorentina.
 
[[File:Guicciardini - Storia d'Italia, 1929 - 1845433 Pagina 1.jpg|thumb|Incipit della ''Storia d'Italia'']]
Nel [[1513]] fece ritorno a Firenze, dove da circa un anno era stata restaurata la [[Signoria]] [[Medici|Medicea]] con l'appoggio dell'esercito ispano-pontificio. Dal [[1514]] fece parte degli [[Otto di Guardia e Balia]] e nel [[1515]] entrò a far parte della signoria, divenendo, grazie ai suoi servigi resi ai Medici, avvocato concistoriale e governatore di [[Modena]] nel [[1516]], con la salita al [[papa|soglio pontificio]] di Giovanni de' Medici, col nome di [[Leone X]]. Il suo ruolo di primo piano nella politica emiliano-romagnola si rinforzò notevolmente nel [[1517]], con la nomina a governatore di [[Reggio Emilia]] e di [[Parma]], proprio nel periodo del delicato conflitto franco-imperiale. Fu nominato nel [[1521]] commissario generale dell'esercito pontificio, alleato di [[Carlo V]] contro i francesi; in questo periodo maturò quell'esperienza che sarebbe stata cruciale nella redazione dei suoi ''[[Ricordi politici e civili|Ricordi]]'' e della ''[[Storia d'Italia (Guicciardini)|Storia d'Italia]]''.
 
Riga 90 ⟶ 89:
=== La critica secentesca ===
[[File:Anthonis van Dyck 030.jpg|thumb|right|[[Antoon van Dyck]], Ritratto equestre di Anton Giulio Brignole Sale, [[1627]]]]
«L’angolo di prospettiva dal quale si prese a considerare, nella prima metà del secolo XVII, l’opera guicciardiniana, la posizione di questa nel giudizio dei lettori secenteschi, sono bene indicati da uno spirito acuto dell’epoca, [[Anton Giulio Brignole Sale|A. G. Brignole Sale]] (1636): «quindi non per altro, a mio giudizio, porta pregio il Guicciardini sopra il [[Paolo Giovio|Giovio]], sol che questi, qual pittor gentile, de’ soggetti ch’egli ha per le mani colorisce agli occhi altrui con vivacissimi ritratti, senza inviscerarsi, la superficie, quegli per contrario, qual esperto notomista, trascurando anzi dilacerando la vaghezza della pelle, vien con l'acutezza della sua sagacità fino a mostrarci il cuore e il cervello de’ famosi personaggi ben penetrato»<ref>A. G. BRIGNOLE-SALE, ''Tacito abburatato'', Genova, 1643, Disc. IV, p. 133.</ref>. All’affiatamento con lo spirito dell’opera guicciardiniana si accompagnò, sul piano letterario, una migliore intelligenza del suo stile, di cui si cominciò ad ammirare, superando le pedanti riserve linguistiche, la scorrevolezza, l’intima misura e precisione pur nel tono sostenuto<ref>«Or chi non vede – scriveva il [[Alessandro Tassoni|Tassoni]] – che questo è uno stil maestoso e nobile, quale appunto conviensi alla grandezza delle cose proposte e alla prudenza politica dell'Istorico che le tratta? e che non ostante i periodi sien tutti numerosi e sostenuti, per esser ben collocate le parole fra loro, e però l'ordine, e 'l senso facile e piano in maniera che 'l lettore non trova scabrosità né intoppi, come nello stil del [[Giovanni Villani|Villani]], che va saltellando e intoppando a ogni passo etc... ». A. TASSONI, ''Pensieri diversi'', Venezia, 1665, libro IX, p. 324. Il legame del pensiero politico tassoniano con quello del G.Guicciardini (incluso, a differenza del Machiavelli, tra gli storici della «prima schiera» con [[Filippo de Commynes|Comines]] e [[Paolo Giovio|Giovio]], ossia considerato pari agli antichi; v. cap. XIII del libro X dei ''Pensieri'') e del Machiavelli è noto: i due fiorentini, come dice il Fassò, furono «i due poli» a cui si volse la sua riflessione politica. (Introduz. a TassoNITASSONI, ''Opere'', Milano-Roma, 1942, p. 49).</ref>. Tuttavia, proprio dal piú accreditato esponente letterario del tacitismo, [[Traiano Boccalini|T. Boccalini]] (1612), fu formulato un giudizio tra i meno benevoli alla Storia<ref>T. BOCCALINI, ''Ragguagli di Parnaso e Pietra del paragone politico'', I, Bari, 1910, Cent. I, ragg. VI.</ref>.»<ref>{{cita libro|titolo=I classici italiani nella storia della critica: Da Dante al Marino|autore=[[Walter Binni]]|editore=[[Nuova Italia]]|anno=1970|pp=493}}</ref>
 
=== Il giudizio di Francesco De Sanctis ===