Nephesh: differenze tra le versioni

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== Nefeš come gola ==
 
   La bibbia ebraica non ha unaalcuna definizione sistematica dell’anima. La parola ebraica ''nefeš'' (נפש) è unafondamentale parola fondamentaleper dell’antropologial’antropologia biblica. Essa ricorre nelle Scritture ben 755 volte. La versione greca dei LXX la traduce per 600 volte con ''psyché'' [ψυχή (psyché)] e le restanti 155 con altri termini. Già da ciò ci è possibile comprendere che anche i 70 che, secondo la tradizione, tradussero la Bibbia dall’ebraico al greco avevano rivelato una diversità di significato in alcuni passi biblici. Il lettore italiano conosce nefeš con la traduzione di anima che si rifà, però, alla traduzione greca (LXX) e latina (Vulgata) delle Scritture e non all’originale ebraica. Nella Bibbia ebraica nefeš fu senza alcun dubbio ausiliata sin dall’inizio per riferirsi e descrivere l’essere umano. Essa compare per la prima volta in Genesi 2:7 ove si legge: “L’Eterno Dio formò l’uomo [הָאָדָם (haadàm), “il terroso”] dalla polvere della terra [אֲדָמָה (adamàh)], gli soffiò nelle narici un alito di vita [נִשְׁמַת חַיִּים (nishmàt khayìym), “soffio di vita”], e l’uomo [הָאָדָם (haadàm), “il terroso”] divenne un essere vivente [נֶפֶשׁ חַיָּה (nèfesh khayàh)]”. Nefeš è vista in stretta relazione con la forma complessiva dell’essere umano. Per questo possiamo dire che la persona non ha nefeš, ma che essa è nefeš e vive come tale. Ma la parola ebraica che i greci hanno tradotto con ψυχή (psyché) ed i latini con anima in realtà non vuol dire anima, bensì essa ha ben altri significati. Spesso la parola nefeš assume il significato di gola o bocca come accade in Isaia 5:14 ove si legge:
 
  Il lettore italiano conosce ''nefeš'' con la traduzione di anima che si rifà, però, alla traduzione greca (LXX) e latina (Vulgata) delle Scritture e non all’originale ebraica. Nella Bibbia ebraica ''nefeš'' fu senza alcun dubbio adoperata sin dall’inizio in riferimento all’essere umano e per descriverlo in lacune sue peculiarità. Essa compare per la prima volta in tal senso in ''Genesi'' 2:7, ove si legge:
“Pertanto gli inferi dilatano le loro nefeš, spalancano senza misura la loro bocca.”
<br /><blockquote>  L’Eterno Dio formò l’uomo [הָאָדָם (''haadâm''), “il terroso”]
 
  dalla polvere della terra [אֲדָמָה (''adamâh'')],
Il salmo 107 al v. 9 recita:
 
  gli soffiò nelle narici un alito di vita
“Egli ha restorato la nefeš assetata e ha colmato di beni la nefeš affamata.”
 
  [נִשְׁמַת חַיִּים (''nišmàt chayìym''), “soffio di vita”],
Qui si parla di nefeš affamata e assetata. È che non si tratti di una fame o sete, per così dire, spirituale e a dimostrarcelo è il v. 4 del medesimo salmo poiché:
 
  e l’uomo [הָאָדָם (''haadâm''), “il terroso”]
“Essi andavano errando nel deserto per vie desolate; non trovavano città da abitare.”
 
  divenne un essere vivente [חַיָּה נֶפֶשׁ (''nèfeš chayàh'')].</blockquote>
E, sempre per questo motivo:
 
“Affamati e assetati, la nefeš veniva meno in loro.” (v. 5) Non si tratta dunque di anima, ma di nefeš come gola o bocca. Essa fa pensare pensare all’organo che ha sempre bisogno di essere ristorata con nuovo cibo ed acqua. E per questo motivo viene presa come figura del bisogno e del desiderio umano. È precisamente nella sua nefeš che la persona sente che non può vivere con le sue sole risorse:
 
  ''Nefeš'' è vista in stretta relazione con la forma complessiva dell’essere umano. Per questo possiamo dire che la persona non ha ''nefeš'', ma che essa è ''nefeš'' e vive come tale.
“Il Signore non permette che la nefeš del giusto soffra la fame, ma respinge insoddisfatto l’avidità degli empi” (Proverbi 10:3)
 
  Ma la parola ebraica che i greci hanno tradotto con ''psyché'' [ψυχή] ed i latini con anima in realtà non vuol dire anima, bensì essa possiede ben altri e più estesi significati. Spesso la parola nefeš assume il significato di gola o bocca come accade in Isaia 5:14, ove si legge:
Anche questo passo indica chiaramente che nefeš ha il significato di gola alludendo contemporaneamente al bisogno umano. In Proverbi 28:25 si legge:
<br /><blockquote>  Pertanto gli inferi dilatano le loro nefeš,
 
  spalancano senza misura la loro bocca.</blockquote>
“Chi ha l’anima arrogante suscita contesa, ma chi confida sarà saziato dall’Eterno.”
 
Ciò che viene reso con “anima arrogante” è in ebraico rekhàv nefeš (רְחַב־נֶפֶשׁ) che vuol dire “gola spalancata”. È per questo che Abacuc 2:5 può definire l’uomo avido come:
 
  Invece il ''Salmo'' 107 al verso nove così recita:
“colui che ha reso la sua nefeš spaziosa proprio come lo Sheol, e che è come la morte e non si può saziare.”
<br /><blockquote>  Egli ha restorato la nefeš assetata
 
  e ha colmato di beni la nefeš affamata.</blockquote>
Infatti, Proverbi 13:25 ribadisce che:
 
“Il giusto mangia fino a saziare la sua nefeš, ma il ventre dei malvagi sarà vuoto.”
 
  Qui si parla di nefeš affamata e assetata. E che non si tratti di una fame o sete, per così dire, spirituale ce lo dimostra il quarto verso del medesimo salmo poiché:
Sete, acqua e nefeš sono spesso nella Bibbia tra loro correlati:
<br /><blockquote>  Essi andavano errando nel deserto per vie
 
  desolate; non trovavano città da abitare.</blockquote>
“Una bona notizia da un paese lontano è come acqua fresca per una nefeš stanca e assetata.” (Proverbi 25:25)
 
È sempre più chiaro che nefeš non significhi anima, ma gola o bocca. La nefeš nella primitiva anatomia ebraica non è considerata solo come organo del nutrimento, del guesto e, per estensione, del desiderio, ma anche come il condotto della respirazione. Così ci dimostra Geremia 15:9 ove si legge che:
 
  E, sempre per questo motivo:
“colei che aveva partorito sette figliuoli è languente; la sua nefeš ha ansimato.”
<br /><blockquote>  Affamati e assetati,
 
  la ''nefeš'' veniva meno in loro.
Ma ,anche in Genesi 35:18, mentre Rachele muore:
 
  (''Ibidem'', v. 4)</blockquote>
“la sua nefeš se ne usciva”
 
Qui non si tratta dello spirito o dell’anima che trasvola via dal corpo nel momento della morte o del parto, ma del respiro che, passando attraverso la gola, esce dalla bocca. Solo se si considera la nefeš come organo della respirazione sono comprensibili i passi biblici in cui la radice √nfsh (√נפש) viene usata con valore verbale:
 
  Non si tratta dunque di anima, ma di nefeš come gola o bocca. Essa fa pensare all’organo che ha sempre bisogno di essere ristorata con nuovi cibi ed acqua. E per questo motivo viene presa come figura del bisogno e del desiderio umano. È precisamente nella sua nefeš che la persona sente che non può vivere con le sue sole risorse:
“Alla fine il re e tutto il popolo che era con lui arrivarono stanchi. Là dunque si ristorarono [יִּנָּפֵשׁ (ynapèsh), “tirarono il fiato”] (2 Samuele 16:14)
<br /><blockquote>  Il Signore non permette che la ''nefeš'' del giusto
 
  soffra la fame, ma respinge insoddisfatto l’avidità
“Per sei giorni devi fare il tuo lavoro; ma il settimo giorno devi desistere, perché il tuo toro e il tuo asino si riposino e il figlio della tua schiava e il residente forestiero si ristorino [יִנָּפֵשׁ (ynapèsh), “tirino il fiato”] (Esodo 23:12)
 
  degli empi
“In sei giorni l’Eterno fece i cieli e la terra e il settimo giorno si riposò e si ristorava [יִּנָּפַשׁ (ynapàsh) “tirò il fiato”] (Esodo 31:17)
 
  (''Proverbi'', 10:3)</blockquote>
A dimostrare che nefeš vuol dire gola o bocca o respiro non vi è solo la radice verbale √nfsh (√נפש) che vuol dire “tirare il fiato (ynapèsh)”, ma anche l’accadico ed altre lingue semitiche. La forma accadica napashu significa “soffiare”, “sbuffare”, “respirare”. Ancora: in accadico la forma napishtu indica la “gola”, poi la “vita” e infine l’“essere vivente”. In ugaritico npsh (le stesse identiche consonanti usate nell’ebraico nefeš [la lettera pe/fe (פ) indica in ebraico sia la p che la f, esse sono la stessa lettera]) indica la “gola”, l’“appetito” e il “desiderio”. L’arabo nafsum può indicare il “fiato”, l’“appetito”, la “vita” e la “persona” intera.
 
== Nefeš come collo ==
 
  Anche questo passo indica chiaramente che nefeš ha il significato di gola alludendo contemporaneamente al bisogno umano.
Il collo non è altro che la parte esterna e visibile della gola. Dunque, se nefeš poteva designare la gola il passaggio al significato di collo è pressoché immediato. Nel Salmo 105:18 si pensa esclusivamente alla parte esterna e visibile della gola, cioè il collo:
 
  In ''Proverbi'' 28:25 si legge:
"Afflissero con i ceppi i suoi piedi, la sua nefeš entrò nei ferri"
<br /><blockquote>  Chi ha l’anima arrogante suscita contesa, ma chi
 
  confida sarà saziato dall’Eterno.</blockquote>
Che qui si tratti del collo e non dell'anima ce lo dice chiaramente l'analoga espressione riguardante i piedi ed il fatto che si parli di catene non metaforiche. Altra testimonianza e conferma della traduzione di nefeš come collo ci viene da Isaia 51:23
 
 
"Dicevano alla tua nefeš: 'Chinati affinché passiamo' e tu facevi del tuo dorso proprio come la terra, come una strada per i passanti."
  Ciò che viene reso con “anima arrogante” è in ebraico ''rekhàv nefeš'' (רְחַב־נֶפֶשׁ) che vuol dire “gola spalancata”.
 
  È per questo che ''Abacuc'' 2:5 può definire l’uomo avido come:
<br /><blockquote>  colui che ha reso la sua ''nefeš'' spaziosa proprio
 
  come lo Sheol, e che è come la morte e non si può
 
  saziare.</blockquote>
 
 
  Infatti, ''Proverbi'' 13:25 ribadisce che:
<br /><blockquote>  Il giusto mangia fino a saziare la sua ''nefeš'', ma il
 
  ventre dei malvagi sarà vuoto.</blockquote>
 
 
  Sete, acqua e ''nefeš'' sono spesso nella Bibbia tra loro correlati:
<br /><blockquote>  Una bona notizia da un paese lontano è come
 
  acqua fresca per una ''nefeš'' stanca e assetata.
 
  (''Proverbi'', 25:25)</blockquote>
 
 
  È sempre più chiaro che ''nefeš'' non significhi anima, ma gola o bocca. La ''nefeš'' nella primitiva anatomia ebraica non è considerata solo come organo del nutrimento, del gusto e, per estensione, del desiderio, ma anche come il condotto della respirazione. Così ci dimostra ''Geremia'' 15:9, ove si legge che:
<br /><blockquote>  colei che aveva partorito sette figliuoli è languente;
 
  la sua ''nefeš'' ha ansimato.</blockquote>
 
 
  Ma ,anche in Genesi 35:18, mentre Rachele muore si dice che:
<br /><blockquote>  la sua ''nefeš'' se ne usciva</blockquote>
 
 
  Qui non si tratta dello spirito o dell’anima che esala via dal corpo nel momento della morte o del parto, ma del respiro che, passando attraverso la gola, esce dalla bocca.
 
  Solo se si considera la ''nefeš'' come organo della respirazione sono comprensibili i passi biblici in cui la radice ''√nfsh'' (√נפש) viene usata con valore verbale. Si trovano di seguito alcuni esempi dell’utilizzo di tale radice:
<br /><blockquote>  Alla fine il re e tutto il popolo che era con lui
 
  arrivarono stanchi. Là dunque si ristorarono
 
  [יִּנָּפֵשׁ (''ynapèsh''), tirarono il fiato]
 
  (''Secondo Libro di Samuele'', 16:14)</blockquote><br /><blockquote>  Per sei giorni devi fare il tuo lavoro; ma il settimo
 
  giorno devi desistere, perché il tuo toro e il tuo
 
  asino si riposino e il figlio della tua schiava e il
 
 residente forestiero si ristorino [יִנָּפֵשׁ (''ynapèsh''),
 
  tirino il fiato]
 
  (''Esodo'', 23:12)
 
 
  In sei giorni l’Eterno fece i cieli e la terra e il
 
  settimo giorno si riposò e si ristorava [יִּנָּפַשׁ (''ynapàsh''),
 
  tirò il fiato]”
 
  (''Esodo'', 31:17)</blockquote>
 
 
  A dimostrare che ''nefeš'' vuol dire gola o bocca o respiro non vi è solo la radice verbale ''√nfsh'' (√נפש) che vuol dire “tirare il fiato (''ynapèsh'')”, ma anche l’accadico ed altre lingue semitiche. La forma accadica ''napashu'' significa “soffiare”, “sbuffare”, “respirare”. Ancora: in accadico la forma ''napishtu'' indica la “gola”, poi la “vita” e infine l’“essere vivente”. In ugaritico ''npsh'' (le stesse identiche consonanti usate nell’ebraico ''nefeš'' [la lettera ''pe''/''fe'' (פ) indica in ebraico sia la ''p'' che la ''f'']) indica la “gola”, l’“appetito” e il “desiderio”. L’arabo ''nafsum'' può indicare il “fiato”, l’“appetito”, la “vita” e la “persona” intera.
 
Il collo non è altro che la parte esterna e visibile della gola. Dunque, se ''nefeš'' poteva designare la gola il passaggio al significato di collo è pressoché immediato. Nel Salmo 105:18 si pensa esclusivamente alla parte esterna e visibile della gola, cioè il collo:
 
"Afflissero con i ceppi i suoi piedi, la sua ''nefeš'' entrò nei ferri"
 
Che qui si tratti del collo e non dell'anima ce lo dice chiaramente l'analoga espressione riguardante i piedi ed il fatto che si parli di catene non metaforiche. Altra testimonianza e conferma della traduzione di ''nefeš'' come collo ci viene da Isaia 51:23
 
"Dicevano alla tua ''nefeš'': 'Chinati affinché passiamo' e tu facevi del tuo dorso proprio come la terra, come una strada per i passanti."
 
Ciò avveniva secondo l'uso dei vincitori di porre i propri piedi sulla nuca dei vinti in segno di sconfitta. Ci soffermeremo adesso su questi passi confrontando svariate traduzioni:
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"Non colpiamo a morte alla sua nefeś" (Genesi 37:21)
 
"Sai tu che Baalis, re degli Ammoniti, ha mandato Ismael, figlio di Nethania, per colpire alla tua ''nefeš''" (Geremia 40:14)
 
Rileggiamo adesso invece i medesimi passi, ma con altrraltre traduzioni che non riproducono e non mantengono l'originale linguaggio concreto ebraico:
 
"Non togliamogli la vita" (Genesi 37:21)
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"[...] ha mandato Ismael, figlio di Nethania, per toglierti la vita?" (Geremia 40:14)
 
È, sì, vero che il messaggio e il significato non cambiano, anzi risulta più chiaro al lettore occidentale, ma la letteralità del testo ci mostra ancora una volta l'essenzialità del linguaggio concreto biblico e il significato di ''nefeš'' come collo. Questo sarebbe, infatti, il testo vero e letterale in tutta la sua freschezza:
 
"Non colpiamolo alla gola" (Genesi 37:21)
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Ancora: il seguente discorso vale anche per i ceppi che vengono messi intorno al collo in 1 Samuele 28:9 ove si dice:
 
"Perché agisci come uno che tende trappole contro la mia ''nefeš'' per farmi mettere a morte?"
 
Anche qui, per comodità del lettore preferisco aggiungere un'altra traduzione del medesimo passo:
 
"Perché dunque tendi un'insidia alla mia vita (''nefeš'') per farmi morire?" (1 Samuele 28:9)
 
Dietro la prolissità e la pomposità delle traduzioni l'ebraico dice letteralmente:
 
"Perché vuoi mettere un cappio intorno alla mia ''nefeš'' così da farmi morire?" (1 Samuele 28:9)
 
Qui l'immagine rimanda precisamente e in modo diretto al cappio che stringe il collo fino alla morte. La prima traduzione riportata, anche qui, gioca con cappio-trappole, mentre la seconda elide il linguaggio concreto biblico per giungere subitaneamente al dunque e rendere il testo più facilmente leggibile all'occidentale; ma la terza traduzione resta senza alcun dubbio comunque la più fedele e la più veritiera. Anche in altri passi è utilizzata la stessa metafora del cappio alla gola per indicare un pericolo mortale ed il testo è chiarissimo, ma le traduzioni un po' meno. Viediamo, anche in questo caso, diverse traduzioni del medesimo passo:
 
"La bocca dello stupido è la sua rovina, e le sue labbra sono il laccio per la sua ''nefeš''" (Proverbi 18:7)
 
"La bocca dello stupido è la sua rovina, e le sue labbra sono un laccio per l'anima sua" (Ibidem)