Matteo Ferchio: differenze tra le versioni
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Rimase a Padova fino alla sua morte, avvenuta l'8 settembre 1669, insegnando teologia fino al 1665. Figura influente e di grande prestigio, si distinse in una dura polemica con [[Bartolomeo Mastri]] e [[Bonaventura Belluto]], suoi confratelli, circa l'interpretazione di alcuni punti della dottrina di Duns Scoto.
Il ''De caelesti substantia et eius ortu ac motu in sententia Anaxagorae, philosophi celeberrimi'', edito a Venezia nel 1646, rappresenta «un tentativo originale di superamento di alcune difficoltà epistemologiche, sempre più evidenti e gravi, inerenti al mondo della «naturalis philosophia» aristotelica, mediante il ricorso alle dottrine fisico-astronomiche e all'autorità dei [[presocratici]], nel caso nostro di [[Anassagora]]. [...] Tale aggiramento alle spalle della cosmologia aristotelico-tolemaica consentirà al Ferchio, pur rimanendo all'interno della visione biblica dell'immobilità della terra, l'accoglimento di una tesi fondamentale della nuova fisica, cioè la materialità e corruttibilità dei cieli i quali, pertanto, essendo non altro che un oceano immenso di fuoco, più denso negli astri e raro negli spazi interastrali, vengono omologati con gli altri elementi del [[mondo sublunare]], l'aria, l'acqua, la terra, tutti egualmente oggetto di creazione e di provvidenza governatrice da parte dell'intelletto unico trascendente (il ''nous'' anassagoreo), secondo la più genuina dogmatica cattolica del ''de Deo creante'': verità, queste, sovente messe in discussione o apertamente negate dalle interpretazioni paganeggianti di Aristotele, attribuenti ai cieli i caratteri della divinità stessa.» <ref>{{cita|Antonino Poppi (1992)|p. 23}}.</ref>
Il suo monumento funebre si trova nella [[Basilica di Sant'Antonio di Padova]], nei pressi della cappella di santa Rosa da Lima.
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