Locri Epizefiri: differenze tra le versioni

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Dal [[V secolo a.C.]] Locri Epizefiri stabilì alleanze con la [[Siracusa (città antica)|Siracusa]] dei [[Dinomenidi]] prima e di [[Dionisio I]] e del figlio [[Dionisio II]] poi, entrando così nell'orbita dei tiranni della ''polis'' siceliota. [[Erodoto]] riporta di un arrivo nel [[493 a.C.]] di profughi samii a Locri.<ref>Erodoto, ''Storie'', VI, 23 ([http://dariosoldani.interfree.it/erodoto/storieVI.html traduzione] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20080327084123/http://dariosoldani.interfree.it/erodoto/storieVI.html |data=27 marzo 2008 }}).</ref> Nel [[477 a.C.]] [[Anassila di Reggio]] durante la sua campagna espansionistica attaccò Locri, che si rivolse al tiranno [[Ierone di Siracusa]]. Successivamente, quando [[Atene]] organizzò la spedizione in [[Sicilia]], Locri Epizefiri si schierò dalla parte di Siracusa nella sua personale guerra contro Reggio (alleata di Atene).
 
L'alleanza tra Locri e Siracusa venne ulteriormente rafforzata dal matrimonio tra Dionigi e la locrese Doride. Quando nel [[389 a.C.]] il tiranno siracusano sconfisse la [[Lega Italiota]], donò a Locri Epizefiri le terre di [[Kaulonia]] (presso [[Monasterace|Monasterace marina]] e di ''[[Scolacium]]'' (nei pressi di [[Squillace]]), che delimitavano il confine nord con Crotone, mentre a sud il confine con Reggio era delimitato dal fiume ''Halex'' (presso [[Palizzi]]). Il [[IV secolo a.C.]] fu per Locri Epizefiri un periodo di grande splendore artistico, economico e, soprattutto, culturale. In particolare, di questo periodo storico, vanno ricordate le figure della poetessa [[Nosside]] e dei filosofi [[Echecrate]], [[Timeo di Locri|Timeo]] ed [[ArioneAcrione]], fondatori di una fiorente scuola pitagorica (introdotto a Locri all'epoca di Dionisio I): lo stesso [[Platone]], secondo quanto attesta Cicerone, si sarebbe recato di persona a Locri per apprenderne i fondamenti.<ref>Cicerone, ''De finibus bonorum et malorum'', V, 29, 87.</ref>
 
Dopo la morte di Dionigi I, Locri Epizefiri ospitò fra le proprie mura [[Dionigi II di Siracusa|Dionigi II]] il quale, esiliato da Siracusa, instaurò tra il [[357 a.C.|357]] e il [[347 a.C.]] la tirannide nella ''polis'' italiota. Ma la sua politica contro gli aristocratici locali mirava solo al ritorno in patria e dunque, una volta che ebbe svuotate le casse della cittadina calabra, il popolo insorse uccidendo tutta la sua famiglia e cacciandolo ancora.
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Secondo una versione più antica della leggenda che riguarda le cicale sul fiume Halex (forse l'odierna ''fiumara Galati''), quelle che dimoravano sulla sponda locrese erano canore, mentre quelle sulla sponda rhegina quasi mute.
Già Timeo<ref>FGrH 566 F 43</ref> era a conoscenza di tale storia e, a suo parere, alludeva a una contesa poetica tra [[Aristone]] di ''Reghion'' ed Eunomo di Locri, vinta peraltro da quest'ultimo. [[Claudio Eliano|Eliano]]<ref>Nat. an. V, 9.</ref> parla di una controversia tra gli abitanti di ''Reghion'' e quelli di Locri a proposito del diritto di transitare o lavorare i campi appartenenti al territorio di confine. A questa leggenda potrebbe riferirsi quanto riporta [[Aristotele]]<ref>Rhet. II, 22, 8; III, 2, 6</ref> che dice di rifarsi a [[Stesicoro]] circa un [[proverbio]], noto ai locresi, che raccomandava di temere il canto delle cavallette, volendo alludere con questo al pericolo di un'invasione dei ''Reghini''. Va ricordato che la notizia del silenzio delle cicale reggine, che si contrapponeva al canto di quelle di Locri, compare pure in [[Gaio Plinio Secondo|Plinio]].<ref>Nat. Hist., XI, 95.</ref>
 
[[Strabone]] dà una spiegazione del fenomeno in termini razionalistici sostenendo che, siccome le cicale locresi si trovavano al sole, le loro membrane potevano asciugarsi dalla rugiada e quindi permettere il canto, mentre quelle reggine, poste in una zona d'ombra, avevano sempre le membrane umide.<ref>Strab. VI, 1, 6.</ref>