Monologo: differenze tra le versioni

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Il '''monologo''' è una [[scena|composizione scenica]], o parte di una composizione scenica, teatrale o di altro tipo, pensata per essere recitata da un solo [[attore (spettacolo)|attore]], che è da solo in scena nel momento in cui parla.
 
Per esempio sono monologhi : l' ''Essere o non essere'' nell'[[Amleto]] di [[William Shakespeare]], o i dialoghi di [[Eduardo De Filippo]] con il professore sul set di ''Questi fantasmi'', ma anche composizioni sceniche complete, che prevedono diversi gradi di partecipazione del pubblico, come ''[[Novecento (Baricco)|Novecento]]'' di [[Alessandro Baricco]], o il ''[[Mistero Buffo]]'' di [[Dario Fo]].
 
Talvolta un monologo può essere un [[prologo]] o un [[epilogo]], quando l'attore, si ritrova da solo a recitare, all'apertura o alla conclusione della messa in scena, con intento esplicativo. In alcuni casi la funzione introduttiva o conclusiva di tali monologhi è esplicitata, come nel caso in cui l'attore impersona direttamente un personaggio che ha funzione narrativa, chiamato direttamente ''Prologo'', come nelle commedie di [[Pietro Aretino]]. In altri casi la funzione è implicita alla scena, ad esempio quando, nel ''[[Riccardo III (Shakespeare)|Riccardo III]]'', è egli stesso, un personaggio della storia, ache introduce lo introdurcispettatore nelle vicende, con esplicazione degli antecedenti e dichiarazione degli intenti futuri.
 
In altri casi ancora è tutte e due le cose, contemporaneamente, in modo non chiaramente distinguibile, come nel caso del monologo finale di ''[[Puck (Shakespeare)|Puck]]'' nel ''[[Sogno di una notte di mezza estate (Shakespeare)|Sogno di una notte di mezza estate]]'', che chiama in causa sia il suo personaggio di [[folletto]], sia la figura dell'attore, che dà corpo all'ombra del personaggio, sia la visione del teatro come [[sogno]].
 
Il monologo rientra nella categoria delle convenzioni teatrali, ossia dei "trucchi" realizzati dal [[drammaturgo]] per rendere partecipe lo [[spettatore]] di un evento che non ha visto rappresentato (ad esempio un episodio avvenuto nel passato di uno dei personaggi o il resoconto di una morte avvenuta fuori scena) o ancora per esplicitare i pensieri interiori di un personaggio (riflessioni su un avvenimento): in molti casi, quindi, ha funzione didascalico-narrativa o illustrativa di episodi extradiegetici. Ciò che lo rende un artificio scenico è dunque il carattere di estraneità alle convenzioni dialogiche della realtà sensibile, dove difficilmente si potrebbe esporre un argomento interiore a voce alta, se fossimo sicuri di non essere ascoltati.
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Proprio per il suo carattere di innaturalità, il monologo venne quasi totalmente soppresso nei testi
esemplificativi del teatro borghese, che tendeva a restituire in scena la dimensione della realtà sensibile: [[Anton Čechov|Čechov]] lo reintrodusse, forzando i caratteri propri del [[Naturalismo (letteratura)|naturalismo]] borghese, per sottolineare il tumulto interiore dei suoi personaggi.
 
Sempre l'innaturalità dello stesso lo porta spesso ad essere definito [[soliloquio]], ossia il pensare ad alta voce rivolgendosi ad un pubblico immaginario: il monologo ha invece una funzione di reale agente della vicenda narrata quando un altro partecipante alla scena, nascosto da colui che lo sta agendo, lo ascolta. In questo caso, il monologo perde la caratteristica dell'attore solo in scena ma ha la funzione drammatica ben precisa di fungere da veicolo di informazione per gli altri personaggi del [[dramma]].
 
Nel [[cinema]] il monologo può avere funzioni differenti: se la [[voce recitante]] agisce [[fuori campo]] può essere da supporto all'immagine filmica, alla quale spesso detrae la sua funzione narrativa. Al contrario, può ovviamente essere utilizzato anche come supporto della stessa o servire per giustificare un'[[ellissi temporale]]. Rientra, di norma, nel carattere della naturalità, quando il personaggio parla tra sé a voce alta, in funzione della necessità di rappresentazione. Molto frequente, nel caso di trasposizioni cinematografiche di opere teatrali, è la trasformazione del monologo in voce fuori campo, come nel caso del film ''[[Hamlet 2000]]'' di [[Michael Almereyda]], in cui il monologo dell<nowiki>'</nowiki>''[[Amleto]]'' si trasforma da voce fuori campo a voce recitante da parte del protagonista, mescolando quindi le diverse tecniche di rappresentazione cinematografica del monologo.
 
{{Portale|Teatro}}