Arbegnuoc: differenze tra le versioni

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La guerriglia alla vigilia della seconda guerra mondiale: non è che gli hanno puntato una pistola alla testa per fargli dar l'ordine di usare il gas
La guerriglia alla vigilia della seconda guerra mondiale: La frase intendeva solo evidenziare il rapporto causa-effetto tra mancato incontro e ripresa delle operazioni
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Le operazioni di repressione del 1938 non ottennero quindi risultati decisivi; inoltre in questo periodo si accentuarono i contrasti tra il Duca d'Aosta, convinto della necessità di ridurre la violenza e la brutalità della lotta contro la guerriglia, e il generale Cavallero deciso a mantenere il controllo operativo della guerra contro gli ''arbegnuoc''; a Roma Mussolini manifestò il suo scontento per la situazione in Africa orientale. All'inizio del 1939 il comandante superiore in Africa orientale riprese quindi le grandi operazioni militari contro la resistenza organizzando un'ambiziosa operazione contro gli ''arbegnuoc'' di Abebe Aregai; il generale Cavallero affidò al colonnello [[Orlando Lorenzini]] cospicue forze coloniali per rastrellare il Menz; i risultati tuttavia non furono conclusivi; i principali capi della guerriglia sfuggirono al rastrellamento che si prolungò fino alla fine di marzo 1939<ref>{{cita|Dominioni|pp. 206-209}}.</ref>. Inoltre il 9-11 aprile 1939 le truppe italo-eritree furono protagoniste di un nuovo episodio di brutale violenza contro i civili, vecchi, donne e bambini, che seguivano le bande ''arbegnuoc'' in fuga; nella [[strage di Gaia-Zeret]] vennero uccisi con l'impiego di gas o con il fuoco delle mitragliatrici circa 1.200-1.500 etiopi in grande maggioranza civili rifugiati in una grotta<ref>{{cita|Dominioni|pp. 209-215}}.</ref>. A causa dell'insuccesso della sua strategia globale alla fine il generale Cavallero il 10 aprile 1939 venne richiamato in Italia e sostituito dal generale [[Luigi De Biase]], mentre il generale Nasi, fautore di una politica severa ma corretta verso la popolazione indigena, divenne vicegovernatore generale<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 325-326}}.</ref>.
 
Durante il 1939, mentre la situazione politica internazionale degenerava rapidamente verso la guerra generale, in Africa orientale si alternarono fasi di recrudescenza della guerriglia degli ''arbegnuoc'' e della repressione, con fasi di trattative per ottenere la sottomissione pacifica dei capi della guerriglia<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 326-327}}.</ref>. I tentativi del Duca d'Aosta e del generale Nasi di ottenere la sottomissione dei capi della guerriglia per mezzo di trattative ottennero alcuni risultati: Zaudiè Asfau e Olonà Dinkel si accordarono con le autorità italiane e rinunciarono alla ribellione<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, p. 331}}.</ref>. Non raggiunsero il successo invece i lunghi e complessi tentativi per convincere a rinunciare alla lotta ras Abebe Aregai che ormai era divenuto il vero capo degli ''arbegnuoc'' e manteneva rapporti con i francesi di Gibuti. Sembra che in alcune circostante egli abbia accettato di intavolare trattative soprattutto per guadagnare tempo e ottenere armi e vettovaglie; tutti i contatti con Abebe Aregai ricercati da inviati italiani di alto rango, compreso il generale De Biase terminarono nel nulla; il capo etiope non si presentò all'incontro al vertice programmato per il 14 marzo 1940 ecosicché Mussolini ordinò la ripresa delle operazioni di repressione contro i suoi guerriglieri con "azione militare, immediata, dura... non esclusi i gas"<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 327-331}}.</ref>.
 
Nonostante il fallimento delle trattative con Abebe Aregai, gli italiani ottennero alcuni successi anche nel Goggiam dove furono indebolite le bande di Negasc Bezabè e Mangascià Giamberiè; il viceré nel 1939 manifestò fiducia e ottimismo riguardo alla situazione in Africa orientale<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 332-333}}.</ref>. In realtà l'evoluzione della politica internazionale stava già influendo negativamente sul dominio italiano; dal 1938 la [[Francia]] e la [[Regno Unito|Gran Bretagna]] avevano iniziato a supportare concretamente la guerriglia etiopica per minare dall'interno la precaria autorità dell'occupante. In Francia il governo approvò un programma di "guerra sovversiva" e prese contatti con Abebe Aregai e Gherarsù Duchì; ufficiali superiori francesi e britannici nel giugno 1939 si incontrarono ad [[Aden]] e stabilirono un preciso programma militare contro l'Italia in Africa orientale che prevedeva tra l'altro il "sostegno ad una rivolta generale in Etiopia" fornendo armi e munizioni e sviluppando la propaganda<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 333-334}}.</ref>.
 
[[File:Ilio Barontini e arbegnuoc.jpg|thumb|left|upright=1.3|L'esponente del [[Partito Comunista Italiano d'Italia]] [[Ilio Barontini]], quarto da sinistra, insieme a guerriglieri ''arbegnuoc'' nel Goggiam nel 1939-40.]]
 
In precedenza, nel mese di dicembre del 1938, il [[Partito Comunista Italiano]], aveva già inviato una sua missione in Etiopia per valutare la situazione, prendere contatti con gli ''arbegnuoc'' e iniziare un programma di addestramento dei guerriglieri. [[Giuseppe di Vittorio]] ne parlò per la prima volta con [[Anton Ukmar]] nell'inverno del 1937 e la decisione venne presa l'8 dicembre 1938; il primo a partire ed a raggiungere l'Etiopia passando per [[Khartoum]] fu [[Ilio Barontini]] che a febbraio 1939 poté già mandare un rapporto fiducioso sulle qualità e la determinazione dei combattenti abissini<ref>{{cita|Dominioni|pp. 286-289}}.</ref>. A primavera partirono anche Uckmar e [[Domenico Rolla]], accompagnati dall'agente segreto francese colonnello Paul Robert Monnier e dall'inviato del Negus Lorenzo Taezaz<ref>{{cita|Dominioni|p. 289}}.</ref>. Dopo essersi incontrati a maggio 1939 in territorio abissino, Uckmar e Barontini si divisero per iniziare i loro progetti di collaborazione e addestramento; la missione di Uckmar si stabilì nel Goggiam e nella zona di Gondar, mentre Barontini, che agiva con lo pseudonimo di "Paul Langlois" o di "Paolo De Bargili", entrò in collegamento con Mangascià Giamberiè e i suoi guerriglieri<ref>{{cita|Dominioni|pp. 289-292}}.</ref>.