Clitocybe nebularis: differenze tra le versioni

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'''''Clitocybe nebularis''''' <small>([[August Johann Georg Karl Batsch|Batsch]]) [[Paul Kummer|P. Kumm]], 1871</small>,<ref>{{indexfungorum|specie|164796}}</ref> comunemente noto come '''fungo delle nebbie''', è un fungo di controversa commestibilitàtossico; lo stesso viene purtroppo ancora consumato da molti per la sua carne dal sapore aromatico ed intenso, anche se non da tutti gradito perché piuttosto forte.
 
Tuttavia questo fungo dacontiene crudotossine presentache traccesi diaccumulano unanell' tossinaorganismo. scopertapresenta abbastanzatracce di recenteuna tossina denominata [[nebularina]], {{Citazione necessaria|con proprietà mutagene molto blande (nei [[Mus musculus|topi]] di laboratorio ne occorrono concentrazioni elevatissime per osservare la mutagenesi)}}.
 
Come per il ''[[Lyophyllum connatum]]'', tuttavia, ci si basa su test effettuati in vitro e pertanto non esiste alcuna prova concreta che questo fungo possa provocare mutazioni genetiche negli individui che lo consumano, anche perché la nebularina è idrosolubile e pertanto una prebollitura prolungata dovrebbe far svanire quasi completamente questa molecola.
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Questa specie contiene anche altre tossine, fra cui:
* alcune di tipo "termolabile", ovvero rese inerti dopo l'esposizione del fungo ad alte temperature
* altre "termostabili" che non vengono metabolizzate dal nostro organismo e, in caso di consumi eccessivi,che si accumulano nel [[fegato]] che non ha il tempo di smaltirle.
 
Inoltre la ''C. nebularis'', durante la cottura, sprigiona un vapore che sembra possa scatenare improvvisi attacchi di mal di testa nelle persone che si trovano nelle vicinanze, in quanto le tossine termolabili vaporizzate vengono accidentalmente inalate. Il micologo [[Riccardo Mazza]], nel libro ''I funghi dal vero'', sostiene che questi vapori possano risultare addirittura pericolosi; è comunque sufficiente aerare il locale.
Nebularis è stato inserito, a livello ministeriale, tra i funghi tossici, non commercializzabili nel 1998.
 
[[Meinhard Moser|Moser]], Bon ed altri autori avevano collocato questo fungo nel genere ''[[Lepista]]'' anziché nel genere ''[[Clitocybe]]'' poiché le spore, pur essendo color crema e cianofile, presentano, al microscopio elettronico, una parete sottilmente verrucosa.