U-Boot 96: differenze tra le versioni
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== Trama ==
Ottobre 1941, [[La Rochelle]], [[Francia]]; il tenente Werner viene inviato come [[inviato|corrispondente di guerra]] a bordo del sommergibile ''U-96''. La sera prima della partenza, insieme
Il mattino seguente l'equipaggio
La vita del sommergibilista, come quella di qualunque altro soldato, è fatta per lo più di snervanti attese, sporcizia e promiscuità; i marinai, tra i mille espedienti per ingannare il tempo, usano anche cantare la [[Marcia militare|marcia]] inglese ''[[It's a Long, Long Way to Tipperary]]'', e Werner scopre così di non essere più molto a suo agio, forse perché comincia a capire che gli atteggiamenti dei marinai sono solo una barriera psicologica per distrarsi dalla tremenda realtà in cui si trovano. Estraneo a tale atmosfera appare l'aspirante ufficiale Ullmann, in ansia per la fidanzata francese incinta e che rischia [[Rappresaglia|rappresaglie]] da parte dei [[Partigiano|partigiani]], in quanto sospettata di [[collaborazionismo]].
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La missione sembra al suo epilogo e il rientro in Francia imminente, ma il sommergibile riceve nuovi ordini: dovrà dirigersi verso la base di [[La Spezia]], in [[Italia]], dopo aver fatto una sosta per approvvigionarsi nel porto di [[Vigo (Spagna)|Vigo]], in [[Spagna]], dove una nave di rifornimenti tedesca lasciatasi internare lì attende l'arrivo del sommergibile. Per giungere in Italia sarà necessario forzare lo [[stretto di Gibilterra]], presidiato dalla [[flotta]] britannica; di conseguenza il comandante, rendendosi conto del pericolo dell'impresa, tenta di fare sbarcare Werner e il capo ingegnere a Vigo, in modo da salvare loro la vita: ma la richiesta viene rifiutata dall'alto comando tedesco, e la navigazione riprende.
Avvistata [[Gibilterra]], il sommergibile, che secondo i piani avrebbe dovuto immergersi e a motori spenti lasciarsi trasportare dalla [[Corrente oceanica|corrente]] di là dallo stretto, viene individuato da un aereo e colpito da una bomba che lo danneggia e ferisce gravemente il capo timoniere Kriechbaum. Il comandante, non avendo altre alternative, dà ordine di dirigere verso le coste africane alla massima velocità consentita e, con la base in allarme e la notte rischiarata dai razzi di segnalazione e due cacciatorpediniere inglesi che iniziano a inquadrarlo coi loro cannoni, tenta la fuga, ma questa non ha successo e viene ordinata l'immersione: il colpo ricevuto, oltre ad aver divelto e scaraventato a mare il cannone prodiero ha danneggiato gli strumenti per regolare l'immersione e l'assetto longitudinale del sommergibile che continua la sua discesa senza più controllo. Ma, quando tutto sembra perduto, un [[banco di sabbia]] arresta la mortale corsa; la profondità è molto oltre il livello di tenuta del natante (270 m), e la pressione dell'acqua provoca il cedimento dei [[rivetto|rivetti]] e delle flange di collegamento di parte della tubolatura comunicante con l'esterno, che cede aprendo vie d'acqua e falle libere che inondano il sommergibile. I marinai, in una corsa contro il tempo, riescono fortunatamente a chiudere le falle e a rimettere il sommergibile in condizione di emergere, dopo aver riparato anche quegli impianti necessari e fondamentali e aver recuperato, con fortunoso ingegno, parte dell'energia elettrica dagli elementi non danneggiati delle batterie: dopo oltre 24 ore d'immersione e praticamente senza più ossigeno, l<nowiki>'</nowiki>''U-96'' riesce a tornare in superficie. A causa dei danni, il comandante rinuncia a passare lo stretto di Gibilterra e dà invece l'ordine di fare rotta per la
Il sommergibile riesce infine a raggiungere il porto e fa il suo ingresso nella base: accolti dalla banda e da una folla plaudente, gli uomini dell'equipaggio sbarcano il ferito Kriechbaum e si preparano a qualche giorno di meritato riposo. All'improvviso però la base subisce un bombardamento aereo nel corso del quale Johann, Ullman e il secondo ufficiale muoiono, mentre il comandante, ferito alla schiena, fissa impietrito l<nowiki>'</nowiki>''U-96'' che affonda, esalando l'ultimo respiro solo dopo l'inabissamento nella solitudine disperata della sconfitta.
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