Gaio Licinio Macro: differenze tra le versioni
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Plutarco nella ''Vita di Cicerone''<ref>Cap. 9.</ref> scrive:
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Da quanto scrive Plutarco si dovrebbe ricavare la vicinanza di Macro a Crasso, informazione che non è convalidata dalle altre fonti. Questa idea potrebbe confermare la descrizione di Cicerone, che presenta Macro come ''inimicus'' nella ''Pro Rabirio perduellionis reo'' (del 63 a.C.), orazione tenuta davanti al popolo in difesa di Rabirio, condannato a morte per l'uccisione del tribuno Saturnino nel 100 a.C., considerato delitto contro lo Statoː Cicerone ricorda che, per difendere dalle accuse il suo assistito, sarebbe sufficiente solo mezzora; poi intuisce che data la limitazione di tempo impostagli, le accuse secondarie lo distoglierebbero dalla confutazione principale, inducendolo a perdere tempo rispetto alla difesa. L'accusa secondaria è ripresa da una vecchia accusa di Macro del 66 a.C. (tre anni prima del presente processo), ossia aver violato luoghi sacri e boschi. Cicerone si stupisce della ripresa di questa infondata accusa e mette in luce che l'accusa di un avversario (“''inimicus''”) non può avere alcun valore e inoltre i giudici avevano non accettato le argomentazioni di Macro. [[Plutarco]] presenta Macro come convinto della sua assoluzione, per questo decide di indossare un abito bianco, simbolo della festa e della vittoria. [[Valerio Massimo]] invece riporta che Macro si sarebbe ucciso prima della condanna soffocandosi. [[Cicerone]] non pronunciò la sentenza ma questa descrizione è contestata dallo stesso Arpinate.
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