Terza guerra servile: differenze tra le versioni

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|Parte_di = delle [[guerre servili]]
|Data = [[73 a.C.|73]] - [[71 a.C.]]
|Luogo = [[Italia (provincia romana)|Italia]]
|Esito = Vittoria romana
|Schieramento1 = [[Repubblica romana]]
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}}
 
La '''terza guerra servile''', anche nota come '''rivolta''' o '''guerra di [[Spartaco]]''',<ref>La storiografia recente tende spesso a denominare con questo nome il conflitto. Si vedano, ad esempio, [[Luciano Canfora]], ''Giulio Cesare. Il dittatore democratico'', Laterza, Bari 1999, pp. 15 e 23; [[Antonio Spinosa]], ''Augusto. Il grande baro'', Mondadori, Milano 1996, p. 11; Yvon Thébert, ''Lo schiavo'', in [[Andrea Giardina]], ''L'uomo romano'', Laterza, Bari-Roma 1993, p. 162; Giulia Stampacchia, ''La rivolta di Spartaco come rivolta contadina'', in ''Index'', 1980, volume IX; Masaoki Doi, ''La rivolta di Spartaco e l'antica Tracia'', in AIGC, 1980-1981, volume XVII; Masaoki Doi, ''Le trattative tra Roma e Spartaco'', in IV Scritti Guarino; Roberto Orena ''Rivolta e rivoluzione. Il bellum di Spartaco nella crisi della repubblica e la riflessione storiografica moderna'', Milano 1984; Angelo Russi, ''Spartaco e M. Licinio Crasso nella Lucania e nel Bruzio'', in ''Studi in onore di [[Albino Garzetti]]''; Theresa Urbainczyk, ''Spartacus'', Londra 2004.</ref> fu una guerra combattuta tra la [[Repubblica romana]] e un esercito di schiavi ribelli tra il [[73 a.C.|73]] e il [[71 a.C.]] in [[Italia (epoca romana)|Italia]]; la guerra terminò con la vittoria dell'[[esercito romano]], comandato da [[Marco Licinio Crasso]].
 
Si trattò della terza e ultima delle [[guerre servili]], una serie di ribellioni di schiavi contro la [[Repubblica romana]], condotte in tempi diversi senza alcun legame tra loro e tutte destinate a risolversi in un insuccesso; a differenza delle precedenti, però, nella terza guerra servile, le bande di schiavi ribelli, rapidamente ingrossatesi, misero effettivamente in pericolo il controllo romano sull'Italia. Anche dopo la fine della guerra, infatti, il ricordo dello scontro continuò a condizionare almeno in parte la politica romana degli anni seguenti.
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==== Rivolta di Capua ====
[[File:Borghese gladiator 1 mosaic dn r2 c2.jpg|thumb|left|Il ''Mosaico del gladiatore'', alla [[Galleria Borghese]].]]
Nella [[Repubblica romana]] del [[I secolo a.C.]], i giochi [[gladiatore|gladiatorii]] erano una delle forme di intrattenimento più popolari. Allo scopo di garantire un numero sufficiente di combattenti per queste competizioni, furono costruite in tutta [[Italia (epoca romana)|Italia]] diverse scuole per gladiatori, dette ''ludi''.<ref>{{cita|Smith|p. 574}}.</ref> In queste scuole, i prigionieri di guerra e i criminali condannati (considerati degli schiavi) ricevevano un addestramento al termine del quale erano pronti al combattimento nell'[[Arena (architettura)|arena]].<ref>Mommsen, ''The History of Rome'', pp. 3233–3238.</ref>
 
Nel [[73 a.C.]], un gruppo di circa duecento gladiatori del ''ludus'' di [[Capua antica|Capua]], appartenente a Gneo Cornelio [[Lentulo Batiato]], progettò una fuga; quando il loro piano fu scoperto, settanta di loro si impossessarono di attrezzi da cucina, e con questi si aprirono le porte della scuola, appropriandosi in seguito di diversi carri contenenti armi e armature per gladiatori.<ref>Plutarco, ''Crasso'', [http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Plutarch/Lives/Crassus*.html#8 8:1–2], che riporta 78 fuggitivi; Appiano, i.116, che conferma la cifra in "circa settanta"; Tito Livio, ''Periochae'', [http://www.livius.org/li-ln/livy/periochae/periochae091.html#95 95:2], che riporta 74 fuggitivi; Floro, ''Epitome'', [[Wikisource:Epitome of Roman History/Book 2#8|2.8]], dove la stima è i "trenta o forse più uomini".</ref>
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[[File:Last battle.svg|thumb|left|upright=1.4|Gli ultimi eventi della guerra, quando l'esercito di [[Spartaco]] ruppe l'assedio delle forze di [[Marco Licinio Crasso|Crasso]] e si ritirò verso le montagne di Peteli; si notino gli scontri iniziali tra elementi dei due schieramenti, il rovesciamento del fronte delle forze di Spartaco per lo scontro finale e l'arrivo da nord delle legioni di [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]] che catturarono i sopravvissuti. {{legenda|#0055d4|Movimenti degli schiavi ribelli}}{{legenda|#d40055|Movimenti dell'esercito romano (Pompeo da nord, Crasso da sud)}}1: schermaglie<br />2: battaglia decisiva<br />x: sbarramenti romani]]
 
A questo punto, le legioni di [[Gneo Pompeo Magno]] erano di ritorno in [[Italia (provincia romana)|Italia]] dopo aver messo fine alla ribellione di [[Quinto Sertorio]] in [[Hispania]].
 
Le fonti sono discordi sul fatto che [[Marco Licinio Crasso|Crasso]] abbia richiesto rinforzi o che il [[Senato romano]] abbia approfittato del ritorno di Pompeo in Italia, ma al generale in arrivo fu detto di non passare da [[Roma]] e di raggiungere direttamente l'Italia meridionale e portare aiuto a Crasso.<ref>Si confronti Plutarco, ''Crasso'', xi.2 con Appiano, i.119.</ref> Il Senato inviò allora altri rinforzi al comando di un certo "Lucullo", che [[Appiano di Alessandria|Appiano]] confonde col generale [[Lucio Licinio Lucullo]], impegnato all'epoca nella [[terza guerra mitridatica]], ma che in realtà sarebbe stato il [[proconsole]] di [[Macedonia (provincia romana)|Macedonia]], [[Marco Terenzio Varrone Lucullo]], fratello del precedente. Con le legioni di Pompeo che scendevano da nord e quelle di Lucullo sbarcate a [[Brundisium]], Crasso si rese conto che se non avesse posto immediatamente fine alla rivolta, il merito di aver vinto la guerra sarebbe andato al generale che fosse arrivato con i rinforzi, e decise così di spronare le proprie truppe a concludere in fretta le ostilità.<ref name="appiano1_120">Appiano, i.120.</ref><ref name="plutarco_11_2">Plutarco, ''Crasso'', xi.2.</ref>