Waltharius: differenze tra le versioni

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Il ''Waltharius'' è un poema epico della [[letteratura latina medievale]] di area germanica, scritto in [[Esametro dattilico|esametri]].
 
{{Libro
|titolo = Waltharius
|didascalia = Walther (Gualtiero) che combatte in una miniatura di un manoscritto della Biblioteca di Heidelberg
|autore = Anonimo
|annoorig = Secolo IX
|periodo = Secolo IX
|editioprinceps =
|genere = Poema epico
|lingua = Latino
|ambientazione = Reggia di Attila in Pannonia; catena montuosa dei Vosgi
|protagonista = Walther d'Aquitania
|altri_personaggi = Hagen, Hiltgunt, Gunther, re Attila, regina Ospirin
}}
 
== Trama ==
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La “materia di Walther”<ref>Per maggiori dettagli a riguardo, si rimanda alla pagina Wikipedia relativa a [[Gualtiero di Aquitania]]. Gualtiero è la versione italianizzata dell’eroe Walther.</ref> è di origine germanica e la ricostruzione della “Waltharilied prototipica” è del tutto impossibile, in quanto le origini devono essere rintracciate nella cultura popolare trasmessa per via orale.
 
Possediamo tre versioni germaniche della saga di Walther, anche se con delle differenze significative con la trama del ''Waltharius'': la prima attestazione è un poema anglosassone, il ''[[Waldere]]'', che è quello cronologicamente più vicino al ''Waltharius'' (secoli IX-X); la seconda attestazione è il ''Walther'', un poema frammentario del secolo XIII, conservato a [[Graz]] e a [[Vienna]]; la terza attestazione germanica è la “Saga di Teodorico” ([[Langres|''[[þiðrekssaga'']]''), un poema nordico del secolo XIII che narra le gesta di Teodorico di Verona.
 
Accanto a testi specificamente dedicati a Walther, ci sono alcuni testi che citano Walther come personaggio secondario, sia in area germanica sia in area romanza. Questi testi sono: [[La canzone dei Nibelunghi|''la canzone dei Nibelunghi'']] del secolo XIII<ref>I passi in cui si allude a Walther sono le quartine 1752-1757; 1796-1797; 2344.</ref>, il ''Biterolf und Dieleib'', un anonimo poema eroico scritto in medio alto tedesco a metà del secolo XIII, il ''Kudrun'', un’altra epopea eroica anonima in medio alto tedesco, risalente al secolo XIII. Un testo è invece di area polacca: il ''Chronicon Poloniae,'' risalente probabilmente al secolo XII.
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Valtario della Novalesa ha alle spalle due importanti e precisi paralleli: il primo è Ogieri, protagonista di una monacazione in un racconto latino del secolo XI, il secondo è [[Guglielmo d'Aquitania|Guglielmo d’Orange]]<ref>Il personaggio ha un fondamento storico: noto anche come Guglielmo d’Aquitania o Guglielmo I di Tolosa (750-812) ed è stato il precettore di Ludovico il Pio. La sua monacazione è attestata in un poema in antico francese.</ref>, paladino di Carlo Magno che dopo essersi fatto monaco ha fondato un’abbazia.
 
La parte dedicata a Walther, l’ortolano dell’abbazia[12]<ref>La iniziaqualifica condi ortolano indica un personaggio che possiede una strofasolida cultura medica nella incomunità disticidi elegiaci:monaci.
 
</ref> inizia con una strofa in distici elegiaci:
{| class="wikitable"
|TESTO
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|}
 
Walther, dopo molte battaglie decide di farsi monaco in un monastero con regole molto rigide. Per testare quanto i monaci fossero rigorosi, decide di legare delle campanelle ad un bastone che agita durante i suoi pellegrinaggi. Egli, tuttavia, trova sempre monaci distratti che prestano più attenzione al tintinnio che alle Sacre Scritture, finché non arriva in Novalesa: come al solito, agita i campanellini, ma nessun monaco gli presta attenzione, tanto sono intenti nei loro doveri monacali. Solo un bambino si distrae, incuriosito dai campanellini, e per buona risposta un precettore gli assesta uno schiaffo. Walther decide così che la Novalesa è il posto giusto per lui.
[[File:Nardini big.jpg|miniatura|257x257px|Il ''[[Chronicon Novalicense]]'']]
A un certo punto, l’abate chiede a Walther di sostenere una missione di recupero presso alcuni predoni. L’abate sa benissimo che Walther è una persona coraggiosa e diplomatica e lo incoraggia a partire, senza però attaccare i predoni, cercando solo di contrattare con loro lo scambio del bottino<ref>Questo dettaglio ricalca molto la diplomazia con cui Walther, nel ''Waltharius'', si rivolge a Camalone di Metz prima degli scontri sui Vosgi.</ref>. A Walther viene raccomandato fortemente di non rispondere con la violenza, nemmeno se i predoni dovessero arrivare a umiliarlo.
 
Walther parte per la missione dopo aver recuperato il suo cavallo, l’unico che potesse soddisfarlo per intraprendere quel viaggio. Giunto dai predoni, viene umiliato come previsto: si deve spogliare e rimane quasi completamente nudo. Quando però i predoni lo intimano di togliersi anche le brache, Walther non riesce a sopportare una così forte umiliazione e attacca i predoni, contraddicendo così gli ordini del suo abate, colpendone alcuni con la coscia di un vitello che pascolava lì vicino<ref>La coscia dell’animale usata come arma è presente anche nella ''Saga di Teodorico'', quando Walther ferisce all’occhio Högni-Hagen. Il ''Chronicon'' innesta al motivo germanico il motivo tipicamente romanzo dell’eroe monaco, facendo intendere che la versione germanica fosse conosciuta nell’Italia del Nord, un crocevia di culture fra il mondo francese e quello germanico.</ref>. Al suo ritorno in Novalesa, viene fortemente rimproverato dall’abate. Dopo la morte e in seguito all’attacco dei [[saraceni]] del secolo X, si perdono le tracce della tomba di Walther e del nipote<ref>Il ''Chronicon'' parla di Rataldo, figlio di Raterio, figlio di Valtario e Ildegonda (cioè di Walther e Hiltgunt).</ref>, fino a che un’anziana vedova di nome Petronilla non rivela il sito preciso del sepolcro dell’eroe monaco.
Walther, dopo molte battaglie decide di farsi monaco in un monastero con regole molto rigide. Per testare quanto i monaci fossero rigorosi, decide di legare delle campanelle ad un bastane che agita durante i suoi pellegrinaggi. Egli, tuttavia, trova sempre monaci distratti che prestano più attenzione ad un tintinnio che alle Sacre Scritture, finché non arriva in Novalesa: come al solito, agita i campanellini, ma nessun monaco gli presta attenzione, tanto sono intenti nei loro doveri monacali. Solo un bambino si distrae, incuriosito dai campanellini, e per buona risposta un precettore gli assesta uno schiaffo. Walther decide così che la Novalesa è il posto giusto per lui.
 
A un certo punto, l’abate chiede a Walther di sostenere una missione di recupero presso alcuni predoni. L’abate sa benissimo che Walther è una persona coraggiosa e diplomatica e lo incoraggia a partire, senza però attaccare i predoni, cercando solo di contrattare con loro lo scambio del bottino[13]. A Walther viene raccomandato fortemente di non rispondere con la violenza, nemmeno se i predoni dovessero arrivare a umiliarlo.
 
Walther parte per la missione dopo aver recuperato il suo cavallo, l’unico che potesse soddisfarlo per intraprendere quel viaggio. Giunto dai predoni, viene umiliato come previsto: si deve spogliare e rimane quasi completamente nudo. Quando però i predoni lo intimano di togliersi anche le brache, Walther non riesce a sopportare una così forte umiliazione e attacca i predoni, contraddicendo così gli ordini del suo abate, colpendone alcuni con la coscia di un vitello che pascolava lì vicino[14]. Al suo ritorno in Novalesa, viene fortemente rimproverato dall’abate. Dopo la morte e in seguito all’attacco dei saraceni del secolo X, si perdono le tracce della tomba di Walther e del nipote[15], fino a che un’anziana vedova di nome Petronilla non rivela il sito preciso del sepolcro dell’eroe monaco.
 
== Il ''Waltharius'': un’opera enigmatica ==
Il ''Waltharius'' presenta somiglianze proprie della saga originale germanica (la “Waltharilied prototipica” ricostruita), ma anche elementi innovativi, attinenti alla tradizione romanza.
 
In linea generale, i punti in comune fra ''Waltharius'' e i testi della saga germanica di Walther sono così riassumibili:
 
·*        Walther è un guerriero dotato di un forte spirito religioso;
* Walther è lo sposo di Hiltgund e figlio di Alfere;
 
* Walther è il capo dell’esercito di Attila o ha rapporti cordiali con la corte unna.
·        Walther è lo sposo di Hiltgund e figlio di Alfere;
 
·        Walther è il capo dell’esercito di Attila o ha rapporti cordiali con la corte unna.
 
Due però sono gli elementi che collidono fortemente fra ''Waltharius'' e il resto dei testi:
 
·*        le modifiche sull’origine geografica dei personaggi (soprattuto per Gunther, che nei poemi germanici è burgundo, mentre nel ''Waltharius'' è franco);
* l’importanza significativa data dall’autore del ''Waltharius'' al tesoro.
 
·        l’importanza significativa data dall’autore del ''Waltharius'' al tesoro.
 
La critica si è interrogata sulle ragioni di questi cambiamenti, cercando di dare loro un significato coerente con l’opera e il contesto storico in cui è stata scritta.
 
Per lungo tempo, l’interpretazione complessiva del ''Waltharius'' è stata ostacolata da diversi fattori (primo fra tutti, l’anonimato) che rendono l’opera un caso eclatante per l’applicazione dei metodi di ricerca filologica sui testi latini del [[Medioevo]], ma allo stesso tempo ne evidenzia anche i limiti. Ogni recente interpretazione che è stata proposta, soprattutto a cavallo fra il secolo XX e XXI, integra e allo stesso tempo contraddice le precedenti, rendendo la ricerca sul ''Waltharius'' affascinante e insieme difficoltosa. Qui di seguito sono esposte tre grandi problematiche, ancora non del tutto risolte, legate all’interpretazione dell’opera: la questione dell’autore, la questione del senso dell’interpretazione generale dell’opera e la questione più strettamente filologica, legata alla tradizione manoscritta.
 
== L’enigma del ''Waltharius'': la questione autoriale ==
L’opera ci è giunta anonima e stando allo stato attuale del testo non è possibile risalire all’identità dell’autore. Fino al secolo scorso, il ''Waltharius'' è stato attribuito indebitamente al monaco di [[San Gallo]] [[Ekkeardo I]], vissuto nel secolo X. Tale ipotesi sarebbe suffragata, secondo [[Jacob Grimm]], dai ''Casus Sancti Galli'' (“Le vicende di San Gallo”), una cronaca del monastero proseguita da Ekkeardo IV che sostiene che il suo confratello avesse composto una ''vita Waltharii manufortis'', da lui rivista e corretta, su ordine di Aribo (o Aribone), vescovo di [[Magonza]] dal 1026 al 1031. Il passo della cronaca è il seguente:<blockquote>Scripsit et in scolis metrice magistro vacillanter quidem, quia in affectione, non in habitu erat puer, vitam Waltharii manufortis, quam Magontiae positi Aribone archiepiscopo iubente pro posse et nosse nostro correximus. Barbaries enim et idiomata eius Teutonem adhuc affectantem repente Latinum fieri non patiuntur<ref>Scrisse a scuola, in versi, per il suo maestro - e di certo in modo insicuro, poiché era un giovane non per l’aspetto, ma in quel che faceva - una vita di Walther dalla mano forte che io, a Magonza, su ordine dell’arcivescovo Aribone, ho corretto, in accordo alla mia conoscenza e capacità. La rozzezza e la sua lingua infatti non permettono di diventare tedeschi che influenzano all’improvviso la lingua latina.</ref>.</blockquote>
Secondo Jacob Grimm la dichiarazione di immaturità, l’idea di aver realizzato un esperimento scolastico, la svalutazione della componente germanica e l’esaltazione dell’ideale monastico sono perfettamente coerenti con il finale del poema<ref>''Haec quicumque legis, stridenti ignosce cicadae / raucellam nec adhuc vocem perpende, sed aevum, / utpote quae nidis nondum petit alta relictis. / Haec est Waltarii poesis. Vos salvet Iesus''. (“Chiunque tu sia che leggi queste cose, perdona la stridente cicala, non considerare la voce ancora un po’ roca, ma l’età, siccome non raggiunge alti traguardi dal nido appena lasciato. Questa è la poesia di Walther. Vi salvi Gesù; vv. 1453-1456). Inoltre, Gareth Morgan (in ''Ekkehard’s signature to'' Waltharius, in «Revue d’etudes latines», Bruxelles 45 (1986) pp. 171-7) intravede un’autocitazione nascosta, una vera e propria “firma”, dell’autore a v. 1452 (''…ecce stilus renuit signare retunsus''): ''ecce'' corrisponderebbe a Ekke-, mentre ''retunsus'' (“spuntato”) sarebbe il contrario del tedesco medievale ''-hart'' (“aguzzo”). Vollmann osserva che l’ipotesi è ostacolata da un elemento fonetico: la pronuncia altomedievale di ''ecce'' suonava [ekze] e non [ekke] (cfr. E. D’Angelo, ''Waltharius'', pag 196).</ref> e l’epiteto ''Manufortis'' rimanderebbe alla ''dextera fortis'' di Walther.
 
Scripsit et in scolis metrice magistro vacillanter quidem, quia in affectione, non in habitu erat puer, vitam Waltharii manufortis, quam Magontiae positi Aribone archiepiscopo iubente pro posse et nosse nostro correximus. Barbaries enim et idiomata eius Teutonem adhuc affectantem repente Latinum fieri non patiuntur[16].
 
 
Secondo Jacob Grimm la dichiarazione di immaturità, l’idea di aver realizzato un esperimento scolastico, la svalutazione della componente germanica e l’esaltazione dell’ideale monastico sono perfettamente coerenti con il finale del poema[17] e l’epiteto ''Manufortis'' rimanderebbe alla ''dextera fortis'' di Walther.
 
In realtà, la proposta di Grimm, a ben guardare, è avventata. In primo luogo, il ''topos'' della modestia è ricorrente in molte opere, medievali e classiche[18]<ref>Si pensi per l’età classica a Catullo (I, 4: ''meas esse aliquid putare nugas'' “ritenere che le mie poesie valessero qualcosa”) o Virgilio (''Buc''., IV, 2: ''non omnis arbusta iuvant humilesque myricae'' “non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici”). Per il Medioevo, valga la citazione di Dante: ''Io non Enea, io non Paulo sono: / me degno a ciò né io né altri ‘l crede'' (If., II, 32-33).</ref>. In secondo luogo, l’opera non ha l’intenzione, come spesso si è creduto, di svalutare l’ideale germanico a favore dell’ideale monastico. La petizione di principio che nel ''Waltharius'' vi sia una soggiacente opposizione fra l’ideale cristiano e l’ideale germanico non è provata in nessun luogo del testo: al contrario, è ben evidente come in più punti l’autore mostri di possedere la conoscenza di un sostrato germanico, di cui fa un uso consapevole<ref>Per citare qualche esempio: al v. 848 Hagen è definito come ''avunculus'' di Patafrido, cioè zio da parte di madre, e il grande affetto verso il nipote potrebbe fare riferimento alla pratica dell’avuncolato delle popolazioni germaniche, secondo il quale lo zio materno si occupava della crescita del nipote ([19[Publio Cornelio Tacito|Tacito]] e [[Agostino d'Ippona|sant’Agostino]] ne testimoniano la pratica); al v. 965 si cita Weiland, il fabbro degli dei germanici, corrispondente a [[Vulcano (divinità)|Efesto-Vulcano]] della mitologia mediterranea; ai vv. 1000-1, si allude alla robustezza di una quercia “che, salda, leva verso il cielo le chiome e affonda nel Tartaro le radici”, con una evidente illusione a [[Yggdrasill|Yggdrasil]], l’albero cosmico della mitologia norrena; ai vv. 1156-1167, Walther prega vicino ai cadaveri, pratica che secondo la religione germanica favoriva la creazione di un canale di comunicazione fra il mondo terreno e il mondo divino; a più riprese, Hagen viene soprannominato ''Paliure'' (“spinoso”), in accordo all’etimologia germanica del suo nome; infine, la descrizione di Attila nel ''Waltharius'' è positiva ed è tipica di una visione germanica (Attila è ''pius et clemens''), diametralmente opposta al mito del “flagello di Dio” dell’ottica mediterranea e cristiana.</ref>. Infine, il fatto che Ekkeardo I abbia scritto una ''vita metrice'' (“vita in versi”) non significa che sia l’autore di un poema metrico in esametri e il riferimento a ''manufortis'' allude all’epiteto ''fortis'' del cavaliere cristiano Valtario come si trova anche nei distici elegiaci del ''Chronicon Novalicense'' (cap. VII)[20]<ref>«El protagonista de esa ''vita'' perdida serìa el caballero cristiano Valtario, de quien nos habla el ''Chronicon Novalicense'' (cap. 7-12) del siglo XI. Esta afirmacìon se apoya en la caracterìstica esencial de una Vita, término que identificaba a un texto de marcado tono edificante, al que pareciera ajustarse el Valtario cristiano del ''Chronicon''» in ''Waltharius'', a cura di Florio, p 51. L’avverbio ''metrice'' poteva valere per qualsiasi componimento in versi: quindi è anche possibile che la vita di cui parla Ekkeardo IV sia il componimento in distici interito nel ''Chronicon Novalicense''.</ref>. È possibile che durante il loro breve soggiorno nella città di [[Breme]], in [[Lomellina]], i monaci della Novalesa fossero venuti a conoscenza di questa presunta ''vita Walthari Ekkeardo auctore'' e che sia così confluita nel ''Chronicon''.
 
=== Il prologo di Geraldo ===
Alcuni manoscritti di area francese settentrionale, possiedono un prologo, comunemente chiamato “Prologo di Geraldo”, di 20 versi.
 
Questo misterioso Geraldo sarebbe il ''magister scholarum'' di [[San Gallo]] nell’850, per il quale il giovane Ekkeardo I avrebbe composto il poema. Geraldo avrebbe poi dedicato il poema all’arcivescovo Ercambaldo di Strasburgo, inserendovi il prologo. In alternativa, Geraldo potrebbe essere l’allievo di [[Notker I di San Gallo|Notkero Balbulo]], attivo intorno al 980[21]<ref>''Waltharius'', a cura di E. D’Angelo, p.33.</ref>. L’identificazione di Ercambaldo è invece difficile: Geraldo e Ercambaldo, nel Medioevo di area germanofona, erano nomi comuni e vi sono ricorrenze frequenti di monaci e vescovi con questi nomi: in ogni epoca poteva esserci un potenziale autore di nome Geraldo e un potenziale destinatario di nome Ercambaldo.
 
Questa “ipotesi Geraldo” è suffragata, ancora una volta, dall’esaltazione monastica e dei valori cristiani che si intravedono nel ''Waltharius'' a scapito della cultura germanica che verrebbe parodiata[22]<ref>Si pensi all’invocazione ai ''fratres'', al verso 1, che sarebbe rivolto ad una comunità di monaci.</ref>. Significativo, a proposito, è il verso 17 del prologo (''Ludendum magis est dominum quam sit rogitandum'': “bisogna divertirsi più che dover pregare il Signore”): il veroverbo ''ludo'' segnala il poema come un’opera d’evasione, disimpegnata, atta solo al divertimento di un monaco[23]<ref>In realtà, l’autore effettivo dell’opera, stando alle possibili interpretazioni del testo esposte in seguito, avrebbe scritto il ''Waltharius'' per ragioni completamente diverse.</ref>.
 
Infine, anche se si ammettesse questa possibilità per la paternità dell’opera, lo stile del prologo non è conforme al resto del poema. Una attenta analisi stilistica può ben evidenziare che la struttura dei versi del prologo e di quelli dell’''Waltharius'' è sostanzialmente diversa, indice del fatto che il prologo sia di un altro autore e che il prologo sia in realtà un’interpolazione[24]<ref>Edoardo D’Angelo, ''Indagini sulla tecnica versificatoria nell’esametro del'' Waltharius, Centro di studi sull’antico cristianesimo, Catania 1992, pag. 163-166.</ref>.
 
== L’enigma del ''Waltharius'': problemi interpretativi ==
È evidente che l’anonimato dell’opera è stato un ostacolo non indifferente per riuscire a capire il senso generale dell’opera e per lungo tempo (fino alle recenti resistenze del secolo scorso) la tesi di Grimm sull’attribuzione del ''Waltharius'' a Ekkeardo I ha avuto il sopravvento, ma è riuscita a fondare un caposaldo della letteratura latina medievale di area germanica su basi, come si è visto, tutt’altro che inoppugnabili e alquanto discutibili.
 
La questione autoriale trascina con sé una serie di problemi interpretativi difficilmente spiegabili attribuendo il ''Waltharius'' al [[X secolo|secolo X]]. A partire dagli ultimi decenni del secolo XX, sono state proposte alcune teorie alternative alla tesi di Grimm, atte a spiegare il senso complessivo di un’opera così complessa che sfugge a qualsiasi possibilità di interpretazione univoca, in mancanza di datazione e autore certi.
 
=== La tesi di Werner ===
[[File:Louis le Pieux.png|sinistra|miniatura|207x207px|''Ludovico I detto il Pio'', opera di [[Jean-Joseph Dassy]], [[Reggia di Versailles]], [[1837]]]]
Secondo Karl Ferdinand Werner, l’opera ha evidenti riferimenti con l’epoca ludoviciana (''post'' 814, anno della morte di Carlo Magno). L’opera viene così retrodatata al secolo IX, contrariamente alla tesi a lungo proposta del X[25]: un’epoca in cui non c’è nessun entusiasmo per la guerra, ma al contrario le guerre civili generano solo violenza.
Secondo Karl Ferdinand Werner, l’opera ha evidenti riferimenti con l’[[Ludovico il Pio|epoca ludoviciana]] (''post'' 814, anno della morte di [[Carlo Magno]]). L’opera viene così retrodatata al [[IX secolo|secolo IX]], contrariamente alla tesi a lungo proposta del secolo X<ref>«La thèse de la traducion pure et simple, ou d’une paraphrase d’un texte germanique perdeu, s’écroula […] le poème latin ne date pas du X, mais du IX siecle» in K. F. Werner, ''Hludovicus Augustus. Gouverner l’empire chrétien. Idées et réalités'', in ''Charlemagne’s Heir. New Perspective on the Reign of Louis the Pious (814-840)'', ed. P. Godman - R. Collins, Oxford 1990, VI, p. 104.</ref>: un’epoca in cui non c’è nessun entusiasmo per la guerra, ma al contrario le guerre civili generano solo violenza.
 
Stando a Werner, nell’età di [[Ludovico il Pio|Ludovico]] si assisterebbe a due fenomeni significati: il ripiegamento dei nobili nel monastero (come Guglielmo d’Orange e Valtario nel ''Chronicon Novalicense'') e il cambio della classe dirigente del re, che viene affiancato da persone di sua fiducia, soprattutto provenienti dal territorio visigotico o aquitano<ref>Si ricorda che l’Aquitania era il regno destinato a Ludovico il Pio, prima che morissero i suoi fratelli [26[Carlo il Giovane]] e [[Pipino d'Italia|Pipino d’Italia]], suoi fratelli e figli di Carlo Magno.</ref>. Ludovico crea un regno con una forte impronta moralistica e legittimista e Walther rappresenterebbe il modello perfetto di regnante che si sarebbe opposto a qualsiasi forma di usurpazione. Il poema quindi sarebbe stato scritto in ambiente aquitano<ref>«Nous devons conclure que l’auteur ou bien est aquitain ou bien doit avoir ècrit pour la cour Aquitaine, avec une fort probabilité que c’était un auteur aquitain écrivant pour la cour aquitaine [27] Leurs héros, et présentant une origine aquitaine ou une prédilection certaine pour ce pays, ayant finalement éventuellement l’occasion de s’adresser à un roi d’Aquitaine ou à sa cour» in K. F. Werner, op. cit., pp.107-9.</ref> e si scaglierebbe contro [[Carlo il Calvo]] (che ha usurpato il posto di Pipino II in Aquitania). Werner pensa che un possibile autore possa essere [[Ermoldo Nigello]], costretto all’esilio a strasburgo[[Strasburgo]] nel 824-828, autore del ''Carmen elegiacum in honorem Hludovici''[28]<ref>K. F. Werner, op. cit., p.109.</ref>.
 
In realtàTuttavia, la tesi di Werner ha tre punti deboli che non spiegano l’originalità del ''Waltharius''. In primo luogo, Walther viene sopravvalutato: per quanto migliore fra i tre eroi che combattono, è comunque ferito anche lui e lo scambio di battute finali con Hagen ne evidenzia la ''diminutio socialis'' in ambito privato e pubblico[29]<ref>Cfr. vv. 1425-1434.</ref>. In secondo luogo, Werner non tiene conto del fatto che [[Carlo il Calvo]] non ha preso il potere con la forza, ma gli è stata assegnata l’Aquitania dal padre [[Ludovico il Pio|Ludovico]] in tenera età, regnante ancora [[Pipino II di Aquitania|Pipino II]], nipote di [[Ludovico il Pio|Ludovico]]. In ultima istanza, Werner non giustifica il cambio di nazionalità di Gunther (da burgundo nelle saghe germaniche a franco nel ''Waltharius''). Per assurdo, l’unico merito che bisogna riconoscere a Gunther è quello di non essere un usurpatore perché sale al potere non appena muore Gibicone. Ammettere che [[Carlo il Calvo]] sia Gunther nella finzione letteraria non è fondato.
 
=== La tesi di D’Angelo ===
Edoardo D’Angelo rilegge il ''Waltharius'' alla luce di un’interpretazione biblica. La chiave di volta per l’interpretazione dell’opera è il sogno di Hagen che rimanderebbe al contesto storico delle guerre di successione dopo la morte di [[Ludovico il Pio]], avvenuta nel 840: le mutilazioni di Gunther, Hagen e Walther corrisponderebbero alla spartizione del regno di Ludovico fra i suoi figli (a [[Lotario I|Lotario]] la regione centrale, a [[Ludovico II il Germanico|Ludovico il Germanico]] la parte orientale, a [[Carlo il Calvo]] la parte occidentale)[30]<ref>Le mutilazione dei corpi, secondo D’Angelo, si riferirebbe ad alcuni passi bibblici. Nello specifico, cfr. Mc 9, 42-48, Dn 2, 33 1, Sam 17, 38-39, Sam 17, 1-2.</ref>.
 
La problematica politica presente nel ''Waltharius'' sarebbe quella della necessità dell’unitàdelladell’unità della monarchia[31]<ref>''Waltharius'', a cura di E. D’Angelo, p 13.</ref>. Se l’anonimo poeta vuole prendere le distanze dalla situazione fratricida e litigiosa che dilania il regno di [[Ludovico il Pio|Ludovico]], bisogna ammettere l’840 come ''terminus post quem'' per la composzione del ''Waltharius''[32]<ref>La datazione di D’Angelo è anche confermata dall’esame stilistico nel suo studio ''Indagini sulla tecnica versificatoria nell’esametro del'' Waltharius: l’opera deve essere stato composta fra l’840 e l’860, in quanto la composizione degli esametri sembrerebbe abbastanza differente dagli autori della prima epoca carolingia.</ref>.
 
==== Il sogno di Hagen ====
D’Angelo interpreta il sogno di Hagen<ref>Cfr. vv. 617- 627.</ref> come una profezia della successione del potere monarchico<ref>Per l’interpretazione della ''translatio imperii'' nel Medioevo, si rimanda a G. Arnaldi, ''Annali, cronache, storie'' in ''Lo spazio letterario del Medioevo'', a cura di G. Cavallo, C. Leonardi, E. Menestò, Roma, Salerno 1993, p 497 e seguenti.</ref>, sulla scia del sogno di [[Libro di Daniele|Daniele]]<ref>Dn 7, 1-8: «Nel primo anno di Baldassàr re di Babilonia, Daniele, mentre era a letto, ebbe un sogno e visioni nella sua mente. Egli scrisse il sogno e ne fece la relazione che dice: Io, Daniele, guardavo nella mia visione notturna ed ecco, i quattro venti del cielo si abbattevano impetuosamente sul Mar Mediterraneo e quattro grandi bestie, differenti l'una dall'altra, salivano dal mare. La prima era simile ad un leone e aveva ali di aquila. Mentre io stavo guardando, le furono tolte le ali e fu sollevata da terra e fatta stare su due piedi come un uomo e le fu dato un cuore d'uomo. Poi ecco una seconda bestia, simile ad un orso, la quale stava alzata da un lato e aveva tre costole in bocca, fra i denti, e le fu detto: “Su, divora molta carne". Mentre stavo guardando, eccone un'altra simile a un leopardo, la quale aveva quattro ali d'uccello sul dorso; quella bestia aveva quattro teste e le fu dato il dominio. Stavo ancora guardando nelle visioni notturne ed ecco una quarta bestia, spaventosa, terribile, d'una forza eccezionale, con denti di ferro; divorava, stritolava e il rimanente se lo metteva sotto i piedi e lo calpestava: era diversa da tutte le altre bestie precedenti e aveva dieci corna. Stavo osservando queste corna, quand'ecco spuntare in mezzo a quelle un altro corno più piccolo, davanti al quale tre delle prime corna furono divelte: vidi che quel corno aveva occhi simili a quelli di un uomo e una bocca che parlava con alterigia».</ref>. Secondo D’Angelo, l’identificazione della seconda bestia è un rimando evidente all’[[Ursidae|orso]] nel sogno di Hagen.
D’Angelo interpreta il sogno di Hagen[33] come una profezia della successione del potere monarchico[34], sulla scia del sogno di Daniele[35]. Secondo D’Angelo, l’identificazione della seconda bestia è un rimando evidente all’orso nel sogno di Hagen.
 
I temi del sogno, della caccia e degli animali selvatici in D’Angelo assumono una chiave di lettura [[Psicoanalisi|psicanalitica]], come se Walther mostrasse il suo [[Es (psicologia)|''Es'']] bestiale, represso e disumanizzante in battaglia, e un [[Super-io|''Super-Io'']] vincolato alla norma cristiana dopo gli scontri e nei confronti con Hagen e Hitgunt. Tale metamorfosi di Walther sarebbe innescata dall’allontanamento dal consorzio civile dopo la fuga dalla [[Pannonia]], dopo essere diventato un cacciatore in simbiosi con la natura. Il sogno, e la sua realizzazione, rappresentano dunque la trasformazione definitiva di Walther in qualcosa di disumano.
[[File:Tierkrieger 4.png|miniatura|196x196px|Tavoletta di bronzo raffigurante un [[Berserkr]] (a sinistra) e un [[Úlfheðinn|Ulfedhnar]] (a destra), della seconda metà del secolo VI,rinvenuta sull'isola di [[Öland]].]]
Al di là dell’interpretazione psicanalitica, l’[[Ursidae|orso]] era un animale emblema della classe guerriera germanica<ref>Ancora oggi, esistono stemmi di città raffiguranti orsi: Berlino (su cui però l’etimo non è certo) e Berna.</ref> ed era anche l’animale più pericoloso e dotato di maggiore forza fisica. Nelle popolazioni germaniche, il termine ''bear'' indica letteralmente “quello bruno” perché l’orso era l’animale tabù, talmente pericoloso che non poteva nemmeno essere nominato. Due volte nel ''Waltharius'' l’orso è immagine della forza del protagonista: oltre al sogno di Hagen, Walther viene paragonato all’orso anche durante la successione delle battaglie, dove Walther è paragonato all’[[Ursus arctos crowtheri|orso della Numidia]]<ref>Cfr. v. 1337: ''Haud aliter Numidus quam, dum venabitur, ursus''. Quest’orso oggi è estinto ed era l’unica specie di orso africana nell’antichità che risiedeva nella catena montuosa dell’Atlante, in Marocco e Algeria.</ref>.
 
Nella cultura germanica antica, esistevano degli antichi riti sciamanici in cui venivano assunte sostanze allucinogene naturali e sangue dell’animale-totem. Attraverso la vestizione con le pelli e le allucinazioni generate dalle droghe naturali, il guerriero assorbiva la potenza dell’animale guida. Questi guerrieri erano i [[Berserkr|Berserkir]]<ref>Dei berserker sembra parlare anche [[Publio Cornelio Tacito|Tacito]] nella ''[[De origine et situ Germanorum|Germania]]'' in riferimento alle strategie di combattimento di alcune popolazioni germaniche: «Gli Arii, oltre ad avere forze superiori a quelle dei popoli sopra citati, accrescono nel loro truce aspetto la loro naturale ferocia con l’artificio e con la scelta del momento per combattere; portano scudi neri, si tingono il corpo e scelgono per la battaglia notti di tenebra; col solo orrore di questo esercito di neri fantasmi essi incutono terrore, poiché nessun nemico può reggere a quella straordinaria e quasi infernale visione, dato che in ogni battaglia i primi ad essere soggiogati sono gli occhi» (Tacito, ''La vita di Agricola. Germania'', Rizzoli, Milano 1990, p. 285, nota 43.6).</ref> (“pelli d’orso”) e gli [[Úlfheðinn|Ulfedhnar]] (“pelle di lupo”). È possibile che questo elemento [[Folclore|folklorico]] sia entrato nel sostrato della saga.
Al di là dell’interpretazione psicanalitica, l’[[Ursidae|orso]] era un animale emblema della classe guerriera germanica[36] ed era anche l’animale più pericoloso e dotato di maggiore forza fisica. Nelle popolazioni germaniche, il termine ''bear'' indica letteralmente “quello bruno” perché l’orso era l’animale tabù, talmente pericoloso che non poteva nemmeno essere nominato. Due volte nel ''Waltharius'' l’orso è immagine della forza del protagonista: oltre al sogno di Hagen, Walther viene paragonato all’orso anche durante la successione delle battaglie, dove Walther è paragonato all’orso della Numidia[37].
 
La descrizione di Walther conserva i tratti del condottiero germanico arcaico, la cui forza è il risultato dell’esercizio diurno che è quasi un dato naturale di quell’etnia<ref>Cfr. Andreolli, ''L’orso nella cultura nobiliare dall’''Histroia augusta ''a Chrétien de Troyes'', p.45. Il saggio continua con altri esempi della letteratura germanica per spiegare il combattimento corpo a corpo come caratteristico dell’eroe germanico. Gli episodi presi in esame sono quello di [[Beowulf]] che si scontra con l’orco Grendel e quello dell’eroe della saga islandese Asmundarsson Grettir.</ref>. Le caratteristiche sono anche psicologiche, come se l’eroe si calasse nelle parti della bestia che è abituato a cacciare o a contrastare: l’orso era l’unico animale fra quelli conosciuti allora che combatteva in posizione eretta come l’uomo.
Nella cultura germanica antica, esistevano degli antichi riti sciamanici in cui venivano assunte sostanze allucinogene naturali e sangue dell’animale-totem. Attraverso la vestizione con le pelli e le allucinazioni generate dalle droghe naturali, il guerriero assorbiva la potenza dell’animale guida. Questi guerrieri erano i [[Berserkr|Berserkir]][38] (“le pelli d’orso”) e gli [[Úlfheðinn|Ulfedhnar]] (“pelle di lupo”). È possibile che questo elemento folklorico sia entrato nel sostrato della saga.
 
La descrizione di Walther conserva i tratti del condottiero germanico arcaico, la cui forza è il risultato dell’esercizio diurno che è quasi un dato naturale di quell’etnia[39]. Le caratteristiche sono anche psicologiche, come se l’eroe si calasse nelle parti della bestia che è abituato a cacciare o a contrastare: l’orso era l’unico animale fra quelli conosciuti allora che combatteva in posizione eretta come l’uomo.
 
=== La tesi di Florio ===
Ruben Florio sostiene di retrodatare il poema all’età carolingia. Secondo lo studioso, il poema rappresenta il recupero della figura eroica classica e germanica dell’eroe, in un contesto trionfalistico e panegiristico della corte di [[Carlo Magno|Carlo]]. Walther è non solo campione della cristianità, ma “novello Enea”[[Enea]]”, come a giustificare la ''translatio imperii'' da [[Roma]] ad [[Aquisgrana]]. Il poema è quindi la sintesi ideale delle due culture e l’insistito modello [[Publio Virgilio Marone|virgiliano]] ha una valenza ideologica molto forte: il Waltharius è il poema dei fasti dell’impero carolingio, modellato sull’impero romano. Il poema ha come bersaglio i [[Merovingi|sovrani merovingici]] (identificati Gunther), deboli e illegittimi, mentre Walther è meritevole e degno di regnare più per le proprie virtù che per effettiva discendenza di sangue.
 
Nulla c’è di trionfalistico nel ''Waltharius'', in realtà: Walther e Hagen subiscono comunque una sconfitta e la guerra viene condannata come generatrice di distruzione dei rapporti. Inoltre, Gunther, per quanto negativo, non è affatto illegittimo visto che sale al trono non appena il padre Gibicone muore. Florio inoltre non giustifica la scelta di Walther come eroe aquitano: se il poema deve essere un’esaltazione dei sovrani carolingi, rimane oscuro il motivo della scelta dell’eroe aquitano. Nè spiega la ragione di Gunther come burgundo. In più, i fasti dell’impero romano sembrano più vicini alla percezione di [[Attila]] nel poema e non dei protagonisti del poema.
 
=== La tesi di Mora ===
Francine Mora focalizza l’attenzione sul tesoro unno sottratto da [[Attila]] durante le sue conquiste in Europa<ref>Il “mito del tesoro unno” era un mito del periodo carolingio di cui parla anche Eginardo nel capitolo 13 della ''Vita Karoli''. Di tutte le guerre combattute da Carlo Magno, quella contro gli Avari o Unni è stata quella da cui i Franchi hanno ottenuto il maggior incremento di ricchezze, sottraendo a quel popolo ciò che in passato gli Unni avevano sottratto ingiustamente alle altre popolazioni. Sembra che il ''Waltharius'', nel cosiddetto “nucleo unno” iniziale, sia a conoscenza della ricchezza di questo popolo che ai tempi di Carlo risiedeva proprio nella marca di Pannonia ed era chiamato indistintamente Unni o Avari.</ref>.
Francine Mora focalizza l’attenzione sul tesoro unno sottratto da Attila durante le sue conquiste in Europa[40].
 
Mora focalizza l’attenzione sulla geografia del ''Waltharius'' e sulla collocazione delle battaglie. Vengono citati luoghi come [[Worms]], [[Metz]] e i [[Vosgi]] che sono stati in passato il cuore pulsante della [[Carolingi|dinastia carolingia]]: sono tutti territori dell’[[Austrasia]], luogo di origine, territorio di caccia e di soggiorno dei sovrani carolingi.
 
Il testo troverebbe la sua origine proprio in quei territori suggeriti dall’opera e avrebbe una forte impronta polemica contro il potere imperiale.
 
=== La tesi di Rio ===
Alice Rio è una storica medievale del [[King's College London|King’s College di Londra]] che ha dimostrato come il ''Waltharius'' non sia un caso così isolato come potrebbe suggerire la sua originale composizione. Alice Rio si occupa nello specifico delle ragioni storiche che hanno spinto alla composizione del ''Waltharius'', sullo sfondo delle guerre fratricide fra i figli di [[Ludovico il Pio]] e più nello specifico sullo sfondo della [[Battaglia di Fontenoy (841)|battaglia di Fontenoy]] dell’841. Un tale sfondo storico, osserva la Rio, sarebbe stato urtante per un pubblico di soli monaci, ambiente a cui si fa spesso risalire la genesi del ''Waltharius'': quindi, è evidente che questo poema non sia stato concepito ''ad ludendum'', come scrive Geraldo nel suo prologo, e l’ironia dell’eroe germanico non può essere la chiave di lettura[41]<ref>Come già suggerito precedentemente, Geraldo non può essere l’autore e Rio sostiene che è proprio un cambio di pubblico che permette a Geraldo (o presunto tale) di concepire l’opera ''ad ludendum'': nel secolo X c’è molto meno pessimismo nei confronti della monarchia. L’opera non può nascere per distrarsi, se ha alle spalle un retroterra lugubre e drastico come Fontenoy.</ref>.
 
Il motore della vicenda è il tradimento di Gunther nei confronti di [[Attila]]. Gunther, con il suo gesto, vorrebbe riscattare il torto e l’offesa subita dal padre Gibicone da parte di Attila, ma sbaglia sempre e porta alla rovina sé e chiunque lo accompagni, sia esso amico, come i guerrieri franchi che lo segnonoseguono, o nemico, come Walther. Il difetto di ''leadership'' di Gunther innesca una serie di eventi che sviluppano la storia: se non fosse stato per la rottura del patto con Attila, Hagen non sarebbe scappato dalla Pannonia, Walther non l’avrebbe seguito e non si sarebbero scontrati sui Vosgi. Ognuno, Gunther in modo più grave, compie un tradimento e si macchia di una colpa. L’adesione perfetta all’ideale guerriero non c’è: l’eroe ne esce mutilato, ma, allo stesso tempo, nessuno dei tre può essere ritenuto un antieroe: solo Gunther è il personaggio completamente negativo[42], caratterizzato da egoismo e codardia, che arriva a supplicare il suo vassallo Hagen pur di salvare il suo onore (anche se ormai perduto da tempo): una figura di re positivo (salvo, forse, Attila) nel poema non c’è e per di più non si propone una visione alternativa di buona leadership: si tace sul regno di Walther e il poema si chiude in modo molto sbrigativo sul suo regno felice. Walther, per quanto positivo, è comunque un “sovrano mancato” che deve subire una ''diminutio socialis'' causata dalla mutilazione alla mano: è solo e non può sostituire un modello di regalità perduta per sempre.
 
L’adesione perfetta all’ideale guerriero non c’è: l’eroe ne esce mutilato, ma, allo stesso tempo, nessuno dei tre può essere ritenuto un antieroe. Solo Gunther è il personaggio completamente negativo<ref>Nella parte finale del poema, Gunther è l’unico a non partecipare al salace scambio di battute, e viene definito da Walther «''segnis / inter magnanimum qui paruit arma virorum / et qui Martis opus tepide atque enerviter egit''» (vv. 1413-1415: “Colui che apparve debole fra le armi di eroi magnanimi, colui che ha condotto il mestiere di Marte da smidollato”). E questo lo si vede bene alla fine, quando Gunther esce dalla battaglia con la ferita peggiore: ''crus'', ''poples'' e ''femur'' sono le tre parti della gamba e visto che alla fine Gunther non riesce nemmeno a stare seduto e ha bisogno di Hagen e Walther per potersi alzare, si può intuire che abbia perso la gamba dall’inguine in giù. Cfr. v. 1360 e seguenti.</ref>, caratterizzato da egoismo e codardia, che arriva a supplicare il suo [[Vassallaggio|vassallo]] Hagen pur di salvare il suo onore (anche se ormai perduto da tempo). Una figura di re positivo (salvo, forse, Attila) nel poema non c’è e per di più non si propone una visione alternativa di buona ''leadership'': si tace sul regno di Walther e il poema si chiude in modo molto sbrigativo sul suo regno felice. Walther, per quanto positivo, è comunque un “sovrano mancato” che deve subire una ''diminutio socialis'' (pubblica e privata) causata dalla mutilazione alla mano: è solo e non può sostituire un modello di regalità perduta per sempre.
[[File:Fontenoy en puisaye.JPG|sinistra|miniatura|248x248px|Miniatura del secolo XIV della battaglia di Fontenoy-en-Puisaye.]]
Ogni legame viene infranto, primo fra tutti quello con Attila che, come osservato, non è il nemico, ma al contrario un re buono che ha accolto nella sua reggia i tre ostaggi (Walther, Hagen e Hitgunt) come figli. Quello che più di tutti risente di questi rapporti infranti è Hagen che, secondo Rio, rappresenta magistralmente il dissidio interiore della nobiltà franca di fronte alle guerre fratricide degli anni ’40 del secolo IX. Hagen si trova di fronte alla necessità di ubbidire al suo re, avaro ed egoista, e la volontà di non scontrarsi contro il suo amico Walther, con cui è cresciuto.
 
Nell’841, [[Lotario I|Lotario]] e [[Pipino II di Aquitania|Pipino II]] si scontrano contro [[Carlo il Calvo]] e [[Ludovico II il Germanico|Ludovico il Germanico]] a [[Battaglia di Fontenoy (841)|Fontenoy]] per contendersi il potere dopo la morte del loro padre [[Ludovico il Pio]]. La violenza inaudita generata da questa battaglia farebbe da sfondo alle vicende del ''Waltharius'' e Gunther sarebbe la controparte di Lotario, il sovrano avaro, incompetente e non disponibile al compromesso, i cui i territori erano scenario di guerra, così come quelli di Gunther nel ''Waltharius''. Ammettere questa interpretazione, permetterebbe di spiegare la presenza del sassone Ekifrido nelle battaglie, poiché i Sassoni erano divisi fra le diverse fazioni[43]<ref>Cfr v. 756: En a Saxonicis oris Ekivrid generates.</ref>.
 
L’AquitaniaL’[[Aquitania]], il territorio più colpito dalle guerre fratricide, deve avere un posto centrale nel poema: forse l’autore doveva essere aquitano o doveva difendere la causa di [[Carlo il Calvo]].
 
Il ''Waltharius'' non è quindi ironico ed è un esempio di poesia politica contemporanea che esprime, come molti altri componimenti contemporanei<ref>Si ricorda, a titolo d'esempio, Angilberto, ''Versus de bello quae fuit acta Fontaneto'' ("Poesia sulla battaglia di Fontenoy"),</ref> i dilemmi di una generazione massacrata dalle guerre.: Unauna risposta, insomma, ai problemi della contemporaneità.
 
== L’enigma del ''Waltharius'': la tradizione manoscritta ==
La tradizione manoscritta del ''Waltharius'' si può riassumere come segue, partendo dalle informazioni fornite dall’edizione di Karl Strecker e dallo ''stemma codicum'' segnalato da Edoardo D’Angelo[44]<ref>Edoardo D’Angelo in ''Te.Tra II'', Firenze 2005, pp.539-43; ''Waltharius'', ed. Karl Strecker, Weimar 1951 (MGH Poetae VI).</ref>.
[[File:Immagine stemma walther.png|centro|miniatura|548x548px|''Stemma codicum'' in Te.Tra. (Mediaeval Latin Texts and their Transmission)]]
 
Nello ''stemma codicum'', è segnalata con N la tradizione indiretta contenuta nel ''Chronicon Novalicense'' (vv. 93-567), risalente alla prima metà del secolo XI.
 
Alla famiglia δ appartengono manoscritti della Germania del Sud.
 
·*        K = Karlsruhe, Landesbibliothek, Rastatt 24 (sec. XII, forse originario di Hirsau)
* S = Stuttgart, Landesbibliothek, Rheol. et Philos. 8° 41 (sec. XIII, originario di St. Emmeram
 
* I = Ingolstadt, frammento (sec. XI, originario della Baviera del Sud)<ref>Lo ''stemma'' lo segnala come contaminato con la famiglia γ.</ref>
·        S = Stuttgart, Landesbibliothek, Rheol. et Philos. 8° 41 (sec. XIII, originario di St. Emmeram
* V = Wien, Österreichische Nationalbibliothek, 289 (sec. XIII, originario della Germania del Sud)
 
·*  V1  =  Wien,  IÖsterreichische =Nationalbibliothek, Ingolstadt228, frammento (sec. XI, originario della Baviera del SudXV)[45]
* L = Leipzig, Universitätsbibliothek, 1589, frammento (sec. XIII)
 
* E = Engelberg (13 fogli di pergamena oggi perduti, di cui v’è traccia nell’apparato di Grimm-Schmeller)
·        V = Wien, Österreichische Nationalbibliothek, 289 (sec. XIII, originario della Germania del Sud)
 
·        V1 = Wien, Österreichische Nationalbibliothek, 228, frammento (sec. XV)
 
·        L = Leipzig, Universitätsbibliothek, 1589, frammento (sec. XIII)
 
·        E = Engelberg (13 fogli di pergamena oggi perduti, di cui v’è traccia nell’apparato di Grimm-Schmeller)
 
Alla famiglia γ appartengono manoscritti della Germania occidentale o nordoccidentale, al confine con l’attuale Francia.
 
·*        B = Bruxelles, Bibliothèque Royale, 5383 (sec. XI-XII, originario di Gembloux)
* P = Paris, Bibliothèque nationale de France, lat. 8488A (sec. XI., originario della Francia orientale)
 
* T = Trier, Stadtbibliothek, 2002 (sec. XV, proveniente da Mettlach)
·        P = Paris, Bibliothèque nationale de France, lat. 8488A (sec. XI., originario della Francia orientale)
 
·        T = Trier, Stadtbibliothek, 2002 (sec. XV, proveniente da Mettlach)
 
Questi tre codici, a differenza di quelli della famiglia δ, presentano il prologo di Geraldo.
 
Alla famiglia γ va aggiunto il cosiddetto frammento di [[Lorsch]]  (Hamburg, Stadtbibliothek, Cod. 17 in scrin. fragm. 1; in sigla H). La sua datazione è stata lungo discussa. Per lungo tempo, infatti, il frammento di Lorsch è stato datato al secolo X e si è pensato che derivasse da un testo che avrebbe incluso il prologo di Geraldo, come tutti i manoscritti della famiglia γ.
 
=== La tesi di Turcan-Verkerk ===
Anne-Marie Turcan-Verkerk è una studiosa francese che in uno studiosaggio del 2016 ha introdotto una questione a lungo trascurata e passata in sordina presso gli altri studiosi, cioè lo studio materiale della tradizione manoscritta[46]<ref>Per le informazioni riguardanti questo paragrafo si rimanda al saggio in bibliografia: Anne Marie Turcan-Verkerk, ''La diffusion du Waltharius et son anonymat: essai d’interprétation'', in «Filologia mediolatina» 23 (2016), pp. 59-122.</ref>.
 
La tesi della Turcan parte dall’analisi del frammento del manoscritto di [[Lorsch]]: si tratta di una porzione del bifolio esteriore di un quaternione che contiene alle pagine 1 ''recto'' e 1 ''verso'' una porzione dell’''Epistula 106'' di Girolamo e una porzione del ''Waltharius'' alle pagine 8 ''recto'' (dal verso 316 al verso 339) e 8 ''verso'' (dal verso 388 al verso 411), disposti su due colonne di 24 versi[47]<ref>Il foglio 8 è conservato solo per la metà interna, vicina alla piegatura. Il resto del foglio è andato perduto.</ref>. Per lungo tempo lo si è datato nel secolo X[48]<ref>Sulla datazione si è espresso anche Bernard Bischoff, il massimo esperto di paleografia e manoscritti carolingi del secolo XX. Bischoff sosteneva che l’epistola di Girolamo fosse databile nel terzo quarto del secolo IX, mentre la parte del ''Waltharius'' nella metà del secolo X. Una soluzione davvero poco economica: Bischoff avrebbe supposto che dopo un secolo il codice fosse stato ripreso per essere riempito con il poema. Una datazione forzata, modellata sugli studi del secolo XX, che se messa in dubbio, avrebbe messo in crisi uno dei capisaldi della letteratura latina medievale di area tedesca.</ref>.
 
Turcan ricostruisce i fogli mancanti del fascicolo: dalla sua ricostruzione, si può notare come al foglio 4 ''verso'' si sarebbe conclusa dell’epistola di Girolamo e sarebbe iniziato il ''Waltharius''. Considerando che il poema era strutturato su due colonne per pagina da 24 versi ciascuna (dunque 96 versi per foglio, ''recto'' e ''verso''), la ricostruzione della Turcan riporta nella seconda metà del foglio 4 ''verso'' i primi 27 versi del ''Waltharius'', più un probabile titolo simile a ''Incipit Waltharii poesis'', che avrebbe segnalato l’inizio del poema.
 
Lo spazio rimanente nella prima metà del foglio, se si ammette di inserire il prologo di Geraldo, non sarebbe stato sufficientemente ampio per poter concludere la lettera senza che i due testi si sovrapponessero. Ne consegue che il manoscritto di Lorsch, pur appartenendo alla famiglia γ, non doveva avere il prologo di Geraldo, comune solo ai manoscritti B, T e P[49]<ref>L’antigrafo di B, T e P avrebbe inserito autonomamente il prologo di Geraldo. H appartiene comunque alla famiglia γ per gli errori congiuntivi con il resto dei testimoni, ma in esso non era contenuto il prologo. Se dunque il manoscritto più antico del ''Waltharius'' in nostro possesso non doveva possedere il prologo, si deve concludere che questa aggiunta è stata interpolazione successiva alla stesura dell’originale.</ref>.
[[File:Screenshot 20200802-182724 Word.jpg|centro|miniatura|551x551px|Ricostruzione dei rapporti stemmatici della famiglia γ alla luce dello studio di Anne-Marie Turcan-Verkerk: la necessità di porre un manoscritto interposto α nasce dalla ricostruzione del frammento di Lorsch (H) che rispetto agli altri manoscritti della famiglia era sprovvisto di prologo.]]
La datazione al secolo IX è corroborata da alcune testimonianze indirette presenti in alcuni inventari della regione dei [[Vosgi]]. L’area di diffusione originaria doveva essere suggerita già dall’opera, visto che il ''Waltharius'' pare essere entrato stabilmente nel canone scolastico: l’opera era citata negli inventari di [[Toul]] e [[Remiremont|Remirmont]] e il più antico manoscritto proviene da [[Lorsch]]. Il ''Waltharius'' inoltre era presente a [[Gembloux]] e finì nelle mani di Sigiberto di Metz fra il 1050 e il 1070<ref>È il manoscritto B, conservato a Bruxelles. Cfr ''stemma''.</ref>. Pensare all’opera come originaria di [[San Gallo]] o dell’[[Aquitania]] risulta essere fallace perché il ''Waltharius'' è presente negli inventari di importanti monasteri del cuore della [[Carolingi|dinastia carolingia]], nella regione di [[Metz]]<ref>L’autore era a conoscenza del metropolita di Metz (''Ibat Mettensis Camalo metropolitanus'', v.644), una carica limitata al 839-869.</ref>: il che spiegherebbe la lunga deviazione verso i [[Vosgi]] di Walther e Hiltgunt e la citazione di tutte le città citate della zona. Il ''Waltharius'' non ha avuto, quindi, diffusione oltre l’arco alpino (fatta eccezione per la sola [[Novalesa]]) e oltre i [[Pirenei]] (non abbiamo infatti manoscritti iberici): questa “favola politica” era probabilmente indirizzata solo ai regni di [[Ludovico II il Germanico|Ludovico]] e [[Lotario I|Lotario]], stando alla provenienza dei testimoni oggi conservati.
 
L’autore doveva probabilmente essere un personaggio di spicco dell’entourage di [[Carlo il Calvo]] e molto erudito, capace di padroneggiare la cultura romanza e la cultura germanica, forse era un monaco letterato: Turcan pensa a [[Valafrido Strabone]] come possibile autore, per le citazioni interne e perché molto vicino a [[Carlo il Calvo]]. Valafrido polemizzò contro l’avarizia nel ''De imagine Tetrici'', un poema di carattere allegorico organizzato come un dialogo fra il poeta e la sua ispirazione<ref>Tuttavia, stando alle osservazioni di D’Angelo sulla tecnica versificatoria del ''Waltharius'', Walafrido possiede un ''usus scribendi'' diverso da quello del ''Waltharius''. Per un esame dettagliato e un confronto fra Waltharius e Walafrido, si rimanda a Edoardo D’Angelo, ''Indagini sulla tecnica versificatoria nell’esametro del'' Waltharius, Centro di studi sull’antico cristianesimo, Catania 1992.</ref>.
La datazione al secolo IX è corroborata da alcune testimonianze indirette presenti in alcuni inventari della regione dei Vosgi. Il ''Waltharius'' era un’opera che era entrata stabilmente nel canone scolastico: l’opera era citata negli inventari di [[Toul]] e [[Remiremont|Remirmont]] e il più antico manoscritto proviene da Lorsch. Il ''Waltharius'' inoltre era presente a [[Gembloux]] e finì nelle mani di Sigiberto di Metz fra il 1050 e il 1070[50]. L’area di diffusione originaria doveva essere suggerita già dall’opera stessa: pensare all’opera come originaria di San Gallo o dell’Aquitania risulta essere fallace perché il ''Waltharius'' è presente negli inventari di importanti monasteri del cuore della dinastia carolingia, nella regione di Metz[51]: il che spiegherebbe l’inspiegabile deviazione verso i Vosgi di Walther e Hiltgunt, oltre a tutte le città citate della zona. Il ''Waltharius'' non ha avuto diffusione oltre l’arco alpino (fatta eccezione per la sola Novalesa) e oltre i Pirenei (non abbiamo manoscritti iberici): questa “favola politica” era indirizzata solo ai regni di Ludovico e Lotario.
 
L’autoreImmaginando dovevaquindi esserel’autore unvicino personaggioall’[[Aquitania]] di(centro spiccoimportante, dell’entouragema dinon Carloluogo ildi Calvoprovenienza edel molto eruditopoema), capace di padroneggiare cultura romanza e germanica: forse era un monaco letterato.Anne-Marie Turcan-Verkerk pensapropone adi identificate [[ValafridoCarlo Strabone|Walafridoil StraboneCalvo]] comecon possibileWalther<ref>Sarebbe autore,dunque persignificativo leche citazioniWalther internevenga echiamto perchéda moltoElmnodo vicino''Calve'' a(v.991), Carlodopo ilche Calvo.Randolfo Walafridogli polemizzòha controtagliato l’avaritiauna nelciocca ''Dedi imagine Tetrici''capelli.</ref>, un[[Lotario poemaI|Lotario]] dicon carattereGunther<ref>Cfr. allegoricotesi organizzatodi comeAlice unRio.</ref> dialogoe fra[[Ludovico II il poetaGermanico|Ludovico eil la sua ispirazione[52Germanico]]. Immaginandocon quindiHagen l’autoreche, vicinopur all’Aquitanialegato (centroda importante,un mavincolo nonfamiliare luogoa di[[Lotario provenienzaI|Lotario]]<ref>I deldue poema),erano Anne-Marieinfatti Turcan-Verkerk proponefratelli di identificate Carlo[[Ludovico il CalvoPio]] cone Walther[53[Ermengarda de Hesbaye|Ermengarda]], Lotariosua conprima Gunther[54]moglie, ementre Hagen con LudovicoCarlo il GermanicoCalvo che,era purfiglio legatodella daseconda unmoglie vincolo[[Giuditta familiaredi a Lotario[55Baviera]].</ref>, si è alleato contro di lui e con il fratellastro durante la [[Battaglia di Fontenoy (841)|battaglia di Fontenoy]] e fu firmatario con iCarlo, contro Lotario, dei [[Giuramento di Strasburgo|giuramenti di Strasburgo]], così come nella storia del ''Waltharius'' Hagen è suddito di Gunther, ma molto amico di Walther.
 
== Galleria immagini ==
<gallery>
File:Screenshot 20200802-180748 Drive.jpg|Area dell'originaria diffusione del ''Waltharius''. In giallo, le principali città.
File:Frammento di lorsch.jpg|Il frammento di Lorsch.
</gallery>
 
== Note ==
<references />
 
== Bibliografia ==
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[[Carolingi|Dinastia Carolingia]]
 
[[Gualtiero di Aquitania]]
 
[[Hagen (mitologia)|Hagen di Tronje]]
 
[[La canzone dei Nibelunghi]]
 
[[Poesia epica mediolatina]]
 
[[Gualtiero di Aquitania]]
 
[[La canzone dei Nibelunghi]]
 
[[Waldere]]
 
== Collegamenti esterni ==
''Waltharius'' in ''The latin library''
 
* ''Waltharius'' in ''Monumenta[https://www.thelatinlibrary.com/waltarius.html The Germaniaelatin Historicalibrary]''
* ''Waltharius'' in ''[https://www.dmgh.de/mgh_poetae_6_1/index.htm#page/24/mode/1up Monumenta Germaniae Historica]''
 
== Collegamenti esterni ==
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