Smetto quando voglio - Masterclass: differenze tra le versioni
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Pietro Zinni, nella sala colloqui del carcere, dice alla sua compagna Giulia di avere un piano: scatenare una rissa nella mensa dell'istituto in modo da essere condannato e prolungare la [[detenzione]] per poter continuare quindi a percepire lo stipendio del lavoro che svolge lì e mantenere il figlio appena nato. Tornando nella sua cella viene però fermato e minacciato da un misterioso individuo di nome Claudio, al quale dichiara che lo stava cercando e che ha bisogno di aiuto.
Un anno e mezzo prima, Alberto Petrelli della banda dei ricercatori ha un incidente con la sua automobile: sotto l'effetto degli stupefacenti, volge lo sguardo fuori dal finestrino e nota un furgone che trasporta un [[Cromatografia|cromatografo]]. Si distrae così dalla guida e si ribalta. Poco dopo essere stato portato in commissariato, Alberto viene avvicinato dall'ispettrice Paola Coletti, intenzionata a proporre un affare a lui e alla sua banda. Poco dopo avvengono i fatti che riguardano la banda dei ricercatori e Murena, con la condanna del boss. In tribunale nulla va però come dovrebbe andare, dato che il farmacista colpito dalla banda durante la rapina, alla quale Pietro aveva ammesso di esser riuscito a cancellare la memoria, ricorda invece perfettamente quanto successo.
Quanto raccontato viene però ritenuto assurdo dai giudici, che decidono di dare l'intera responsabilità a Pietro, che finisce in carcere. Qui riceve la visita della Coletti, che gli propone di rimettere insieme la banda e lavorare in incognito con la polizia per identificare e bloccare lo spaccio delle ''[[smart drugs]]'', che verranno poi segnalate al [[Ministero della salute|Ministero]] per essere incluse nell'elenco delle sostanze illegali. Mattia e Giorgio, i due linguisti, sono finiti a fare i facchini in un hotel; Andrea, l'antropologo, lavora da un carrozziere; Arturo, l'archeologo, gestisce i ritrovamenti archeologici negli scavi della [[Linea C (metropolitana di Roma)|Linea C]]; Bartolomeo, l'economista, vive succube della sua nuova famiglia zingara; Alberto, infine, è in disintossicazione e riabilitazione comportamentale. Se riusciranno a neutralizzare 30 ''smart drugs'', avranno tutti nuovamente la [[fedina penale]] pulita.
Pietro accetta a condizione di aggiungere tre nuovi membri alla banda: il dottor Giulio Bolle, [[medico anatomista]], che ora vive in [[Thailandia]] dove partecipa a vari combattimenti a scommesse; l'ingegner Lucio Napoli, che si trova a [[Lagos]] a vendere armi; l'avvocato di [[diritto canonico]] Vittorio, che si occupa della difesa di persone giudicate in Vaticano. L'operazione sembra procedere bene, e la banda comincia a individuare e neutralizzare lo spaccio di diverse smart drugs. Pietro deve fingere di essere ancora in carcere, cosa che non gli riesce con Giulia, il che, durante i mesi di gestazione del bambino, darà vita a una serie di scene comiche e grottesche.
Tra tutte le sostanze che vengono scoperte, ce n'è una in particolare che Alberto non riesce a definire: il cosiddetto Sopox. Avendo provato tutte le teorie, i test chimici e le ricerche, un esasperato Alberto trasgredisce la promessa fatta a Pietro e prova lui stesso la sostanza per tentare di identificarla. Entrato in un [[Trip psichedelico|''trip'' psichedelico]] che gli fa ricordare vari momenti del passato, a partire da quando - finito a lavorare in un ristorante cinese nonostante la laurea - era stato contattato da Pietro ed era diventato un membro della banda dei ricercatori. Alberto rivive infine l'episodio dell'incrocio con il furgone con il cromatografo durante la sera dell'incidente. Rinvenuto dal ''trip'', Alberto è ora convinto che proprio quell'apparecchiatura abbia a che fare con la realizzazione del Sopox, ma quando ne parla con Pietro questi non lo ascolta nemmeno, furente perché Alberto è venuto meno all'impegno di non assumere più droghe, mettendo così a rischio il patto fatto con la polizia.
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Dopo l'avventurosa operazione di recupero dell'ultima sostanza, la missione della banda arriva al termine. La Coletti è pronta a firmare il documento preparato dall'avvocato Vittorio che assicura ai componenti della banda i vantaggi pattuiti. Il commissario Galatro, superiore della Coletti e unico altro funzionario pubblico a sapere della missione segreta, ricorda però alla Coletti che la banda, pur avendo neutralizzato le trenta sostanze richieste, non è riuscita a scoprire la provenienza e la tipologia del Sopox. La Coletti strappa il documento datole dall'avvocato e si reca nuovamente nel rifugio-laboratorio dei ricercatori. Dice loro che devono fare ancora uno sforzo per ottenere la fedina penale pulita: scoprire la provenienza del Sopox.
A questo punto Alberto si fa avanti e comunica anche alla Coletti del suo avvistamento del cromatografo. L'ispettrice controlla negli archivi della polizia, e vede che la sera dell'arresto di Alberto dopo l'incidente era avvenuto anche il furto di una serie di materiali destinati alla [[Università degli Studi di Roma "La Sapienza"|Sapienza]] di Roma. Pietro ipotizza che il Sopox sia fabbricato con l'[[efedrina]] contenuta nelle pillole anticoncezionali, unico prodotto in cui il suo utilizzo è legale. Accordandosi con la Coletti, la banda decide così di raggiungere il porto di Civitavecchia dove è appena giunto un [[container]] con un carico di pillole, che verrà sicuramente rubato da chi produce il Sopox, e inserire al suo interno un dispositivo [[GPS]] in modo da poter rintracciare i produttori della sostanza.
Arturo, in seguito alla rottura del loro furgone durante l'operazione precedente, procura ai compagni un fuoristrada e due [[sidecar]] originali del [[Terzo Reich]] con cui raggiungere il porto di prima mattina. La situazione subisce però un ribaltamento totale quando Andrea, intrufolatosi con le sue capacità di immedesimazione antropologica tra gli scaricatori portuali, scopre che per un nuovo ordine i treni partiranno con un'ora di anticipo. In seguito alla partenza anticipata, Mattia, introdottosi nel container per piazzare il GPS che doveva subito dopo ricevere da Giorgio, vi rimane chiuso dentro senza il localizzatore; il container viene quindi caricato sul treno.
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I ricercatori rintracciano così il laboratorio della banda avversaria, dove ritrovano il cromatografo: nel locale però non c'è nessuno, perché il GPS piazzato dalla banda sul furgone è stato scoperto da Mercurio e i suoi uomini, che lo hanno lasciato lì insieme a tutto il resto. Alberto riesce a catalogare finalmente la formula che viene scritta su un foglio e messa in tasca da Pietro il quale finalmente si precipita all'ospedale con una delle moto del Terzo Reich per raggiungere Giulia, che ha già partorito.
Mentre si accinge a vedere suo figlio, Pietro viene fermato da due funzionari di polizia che lo arrestano e lo scortano in carcere. Difatti, la Coletti, dietro pressioni del commissario Galatro e di una giovane giornalista ''[[free-lance]]'' che aveva smascherato la sua operazione, ha deciso di bloccare tutto accusando i ricercatori della produzione di Sopox e negando qualsiasi coinvolgimento con le loro attività. Mentre tutti i componenti della banda vengono arrestati, Pietro consegna i suoi oggetti personali prima di tornare in carcere. Qui ha un'intuizione: Sopox altro non è che la formula mascherata del [[gas nervino]], la sostanza per produrre la quale la banda di Mercurio aveva bisogno del cromatografo.
==Produzione==
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