Comunità greca di Venezia: differenze tra le versioni

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Annullata la modifica 116652671 di Asia (discussione) Dire rito ortodosso è contestualmente errato rispetto all'oggi come al passato: si è sempre detto "rito greco" e oggi bizantino, nessuno utilizzava ortodosso nel senso che si vuole dare oggi. L'ortodossia contemporanea è cosa recentissima. I dalmati erano cattolici di rito romano. Grazie.
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Quella intesa come '''comunità "greca" di Venezia''' fu dapprima composta da [[artigiani]], [[mercanti]], intellettuali e poi da [[stradioti]] e profughi provenienti dall'[[Oriente cristiano]], [[Balcani]] in particolare.
 
L’[[etnonimo]] di "greci", nelle fonti, non ha significato di [[etnia]] o [[nazione]], in quanto la nazione greca non esisteva, ma tuttalpiù fa riferimento all'appartenenza religiosa (rito "greco"). Per “greci” venivano chiamati nei documenti veneziani il più delle volte i membri delle comunità [[albanesi]], che in massa dal [[XV secolo]] avevano migrato esuli nella città lagunare, ma anche [[Slavi meridionali|slavi]] e [[Dalmati (gruppo etnico)|dalmati]], tutti osservanti ile riconosciuti nel [[Chiesa ortodossa|rito ortodossobizantino]]<ref>Detto dagli occidentali "rito greco" fino anche a tempi recenti, ciò creando non pochi equivoci di base etnica sull'appartenenza nell'epoca dei 'revival' nazionali moderni.</ref>. Quando invece si intendeva parlare dei greci come un gruppo organizzato ed omogeneo per lingua e costumi, il termine preferito divenne quello di "nazione greca"<ref>Cristina Setti, Sudditi fedeli o eretici tollerati?, p. 147</ref>.
 
== Storia ==
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[[Venezia]] ha conosciuto da sempre la presenza e i contatti con cristiani dei [[Balcani]] e più orientali praticanti il [[rito orientale]] essendo un porto commerciale in continuo contatto con l'[[Impero Bizantino]].
 
Sino alla fine del XIV secolo poco si conosce sull'eventuale presenza stabile di "greci" a Venezia. I primi bizantini che si stabilirono in questa città erano, forse, artisti, che facevano parte della [[diaspora]], che, secondo certe opinioni, segui alla [[Iconoclastia|crisi iconoclasta]] verso la fine del VIII secolo.<ref>{{cita|Moschonas|p. 106}}.</ref>
 
=== Dal X al XI secolo ===
Con maggior sicurezza si può parlare del X e XI secolo, epoca in cui artisti e artigiani bizantini vennero invitati ufficialmente a Venezia per soddisfare le tendenze artistiche della città. Sotto il [[Doge di Venezia]] [[Pietro Orseolo I]] (976-978), vennero invitati architetti "greci", mentre il doge [[Domenico Selvo]] (1070-1084), che aveva creato numerosi legami con [[Bisanzio]], nel 1071, invitò [[Mosaico|mosaicisti]] greci.<ref name=":107">{{cita|Moschonas|p. 107}}.</ref>
 
Nel 1081 i Veneziani si impegnarono ad aiutare i fedeli di rito greco contro i [[normanni]] di [[Roberto il Guiscardo]], che si accingeva ad attaccare l'[[Impero Bizantino]]; in cambio l'Imperatore [[Alessio I Comneno]] promise, e concesse nel 1082, ai mercanti veneziani la preminenza su tutti gli altri mercanti, così che Roberto il Guiscardo fu sconfitto dalla flotta del doge [[Domenico Silvo]].<ref name="panellines">La Comunità dei Greci Ortodossi si costituisce a Venezia</ref>
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Dopo l'inizio del XIV secolo, divenne sempre più consistente la minaccia [[Impero ottomano|ottomana]] verso l'Occidente, costringendo un gran numero di persone a rifugiarsi a Venezia. Con la [[Assedio di Costantinopoli (1453)|caduta dell'Impero bizantino]] nel 1453 incrementò ulteriormente la diaspora dei fedeli bizantini verso Venezia e il numero dei rifugiati crebbe con l'estendersi dell'avanzata ottomana nei Balcani, così che i cristiani orientali diventarono la più importante componente straniera nella capitale della [[Repubblica di Venezia|Serenissima]];<ref name="panellines" /> tanto che, nel 1479 la popolazione complessiva dei ''graecis ritus'' raggiunse le 4.000 persone circa,<ref name="ellenico">Storia della comunità ortodossa in: Istituto Ellenico</ref> mentre la popolazione intera della città contava sulle 150.000 anime.<ref name="ref_A" />
 
Il pretesto dell'Unione delle Chiese era la base su cui il [[Cardinale]] delladi Santa Romanarito Chiesabizantino [[Isidoro di Kiev|Isidoro]], ex [[Patriarchi e metropoliti di Russia#Periodo di Mosca (1325-1461)|metropolita di Kiev]], appoggiò i suoi tentativi di intercedere presso il Pontefice e la Serenissima a favore dei suoi connazionali di Venezia. Risultato dei tentativi di Isidoro fu il decreto del Senato veneziano del 18 giugno 1456, secondo cui venne concesso ai fedeli ortodossidi rito bizantino una chiesa. Sarebbe stato il patriarca latino di Venezia [[Maffeo Contarini]] (1456-1460) a individuarlo.<ref name=":21">Storia dei Rapporti Roma Costantinopoli dal 1453 al 1958, p. 21</ref> I fedeli di rito greco, entusiasti e speranzosi, incominciarono con la costruzione del tempio nella parrocchia di San Giovanni in Bragora quando, il 31 agosto del 1457, il Consiglio dei Dieci decretò non solo la distruzione dell'opera iniziata, ma anche proibiva l'erezione di un edifizio simile in qualsiasi altra parte della città. L'unica cosa che venne offerta ai fedeli ortodossibizantini era la possibilità di officiare nelle chiese latine, cosa che praticavano già prima. La nuova misura serviva a tenere sotto controllo statale una minoranza non solo religiosa ma anche etnica.<ref>{{cita|Moschonas|p. 115}}.</ref> Infatti l'autorità superiore di polizia a Venezia e il Consiglio dei Dieci ordinarono espressamente che in nessuna parte della città si potessero adunare delle persone, neppure con il pretesto di celebrazioni religiose. In questo modo non si poteva istituire una [[corporazione]], né di mestiere (ars) né confraternita laicale (schola), se non con permesso speciale rilasciato dal Consiglio dei Dieci, il quale stabilì anche le modalità della sua organizzazione.<ref name=":116">{{cita|Moschonas|p. 116}}.</ref>
 
Tuttavia il grande numero dei fedeli ortodossidi rito greco portava necessariamente alla trasgressione degli ordini perché frequentavano
varie chiese della città dove i loro sacerdoti celebravano la messa. Inoltre non si trattava di persone che avevano accettato l'unione con la Chiesa Occidentale, ma di gente chiaramente scismatica, cioè di ortodossi. Ciò fu senz'altro causa di litigi continui tra i preti "greci" ed i preti "latini" officianti nelle stesse chiese così che lo Stato si intromise per risolvere tale situazione. Infatti con un nuovo decreto del 28 marzo del 1470, il Consiglio dei Dieci obbligò tutti i fedeli ortodossidi rito bizantino a limitare le loro funzioni religiose nella sola chiesa di San Biagio, che serviva anche come chiesa parrocchiale latina, vietando a loro l'uso di ogni altra chiesa.<ref name=":116" /> Inoltre, nel decreto del Consiglio dei Dieci, i fedeli orientali venivano chiamati "''sectatores grece heresis''" (seguaci eretici di rito greco) e "''scismatici''".<ref name=":104" />
 
La cappella a loro destinata nella chiesa di San Biagio non era sufficiente per la funzione religiosa per tanta gente che continuamente aumentava, cosi che la comunità greca di Veneziarito greco chiese l'appoggio di [[papa Sisto IV]] per poter officiare nella cappella di Sant'Orsola del [[Basilica dei Santi Giovanni e Paolo (Venezia)#convento|convento dei Santi Giovanni e Paolo]] dell'ordine dei "[[Domenicani|Fratres Predicatores]]". Ai fedeli ortodossibizantini, che nella [[bolla papale]] del 3 aprile del 1473 erano stati presentati come fedeli alla [[Santa Sede]] perché ancora una volta la Chiesa ufficialmente li riconosceva come cattolici diversi solo di rito e di lingua, venne concessa la supplica.<ref>{{cita|Moschonas|p. 118}}.</ref> Tuttavia, la cappella di Sant'Orsola non venne concessa e i ''graecis ritus'' furono costretti di nuovo ad accontentarsi della piccola cappella nella chiesa di San Biagio dove, nel 1474, celebrava il sacerdote [[Creta|cretese]] Giorgio Trivisios. Nell'anno 1474 venne permesso ad un altro prete di Creta, lo [[ieromonaco]] Macario, di celebrare nella stessa cappella assieme a Trivisios, con l'obbligo di riconoscere quanto stabilito nel Concilio di Firenze.<ref>{{cita|Moschonas|p. 119}}.</ref> Inoltre, nelle sacre funzioni doveva fare la commemorazione del papa, del [[Patriarcato di Venezia|patriarca latino di Venezia]] e di quello del [[Patriarcato di Costantinopoli dei Latini]]. In caso contrario il permesso sarebbe stato annullato. Infatti Trivisios doveva deporre il suo collega e sostituirlo con un altro. In più tutto doveva essere confermato dal patriarca di Venezia. Mentre prima i fedeli di rito bizantino erano considerati cattolici, da quel momento in poi dovevano avere per capi spirituali persone che avevano "confessato" la loro "cattolicità".<ref name=":120">{{cita|Moschonas|p. 120}}.</ref>
 
[[File:Device of the Palaiologos Dynasty.svg|miniatura|Lo stemma dei Paleologi]]
Ciò malgrado mentre glii ortodossiseguaci del rito bizantino non potevano officiare a Venezia se non nella sola chiesa di San Biagio. In deroga alla regola generale, venne concesso ai membri delle famiglie imperiali bizantine, Anna [[Paleologi|Paleologo]] ed Eudocia [[Cantacuzeni|Cantacuzeno]] profughe di Costantinopoli, in base ad una loro richiesta, con decreto del Consiglio dei Dieci del 8 giugno del 1475, di far celebrare nelle loro case in rito greco e da preti "greci", non avendo però altri fedeli di rito orientalebizantino al di fuori di quelli delle loro famiglie il diritto di assistervi. Questo perché non sembrava giusto che le due nobili frequentassero la chiesa di San Biagio e che si mischiassero con i non nobili. Ma il Consiglio dei Dieci, l'11 marzo del 1478 revocò la precedente concessione.<ref name=":120" />
 
Nel 1479, il Consiglio dei Dieci discusse nuovamente la "questione greca". Malgrado i tentativi falliti degli anni 1456 e 1473, lai comunità grecafedeli di Veneziarito bizantino chiesechiesero ancora una volta il permesso di possedere una chiesa propria. Nella seduta del 28 luglio del 1479 venne proposto di concedere alla comunità un terreno dietro la chiesa di San Martino dove avrebbero potuto costruire una chiesa con i propri mezzi e sotto determinate condizioni; cioè nella nuova chiesa si sarebbe dovuto officiare "''secundum catholicos ritus''" (secondo il rito latino) e secondo le altre condizioni che avrebbe posto il patriarca di Venezia: Tra l'altro, a tutte le funzioni doveva assistere un sacerdote cattolico, nominato dallo stesso patriarca. Ma neanche questa soluzione venne portata a termine.<ref>{{cita|Moschonas|p. 121}}.</ref>
 
Il 28 novembre 1498 la comunità greca di Veneziarito bizantino ritentarono e fecero domanda al Consiglio dei Dieci per la fondazione di una "''Confraternita dei Greci Ortodossi o Nazione Greca''" (''Scuola di San Nicolò della nazion Greca'') secondo il comune diritto corporativo di quell'epoca. La confraternita avrebbe avuto come patrono [[San Nicola di Bari|San Nicolò]] e come sede la chiesa di San Biagio. Nello stesso giorno la richiesta fu accettata con la condizione che gli appartenenti maschi non dovevano superare il numero di 250, mentre non si poneva alcun limite per le donne. Subito venne redatto lo statuto e approvato dalle autorità veneziane. Inoltre venne permesso loro di eleggere i propri sacerdoti, i quali dovevano rendere conto solo alla confraternita. Ciò nonostante, il problema dello spazio rimase insoluto.<ref name="ellenico" />
 
=== XVI secolo ===
[[File:Stradiots.jpg|miniatura|[[Urs Graf]]: Stradioti (1513 ca.)]]
Agli inizi del XVI secolo la comunità greca di Veneziarito greco rimise in moto alla questione dell'esercizio del culto in una loro chiesa. A tale scopo si ritennero più adatti i soldati orientali balcanici (stradioti), che in ragione del loro grande contributo alle [[Guerre turco-veneziane|guerre di Venezia contro gli ottomani]], godevano di rispetto e di particolare benevolenza presso le autorità locali occidentali.<ref name=":104">{{cita|IVS|p. 104}}.</ref>
 
Nella domanda che la comunità greca di Veneziarito bizantino sottopose al Consiglio dei Dieci il 4 ottobre 1511 chiedevano il permesso di acquistare un terreno edificabile per costruirvi una chiesa dedicata al loro patrono [[San Giorgio]]. La domanda fu accolta, ma la definitiva approvazione fu data dallo stesso Doge [[Leonardo Loredan]] il 30 aprile 1514, dopo che si constatò l'avvenuto acquisto del terreno.<ref name="ellenico" />La comunità greca di Veneziarito bizantino ottenne il permesso di erigere una chiesa con un campanile e annesso il cimitero, con l'obbligo di versare annualmente un contributo di cinque [[Libbra|libbre]] di cera bianca, che però non fu mai pagato, né fu mai richiesto.<ref name=":83">Venezia e le sue lagune, vol. 1, p. 83</ref>
 
Il 3 giugno del 1514, [[papa Leone X]] con un [[Breve papale|Breve]] confermò il consenso per la costruzione di una propria chiesa con campanile e con l'uso di un cimitero.<ref name=":104" /> In seguito lai comunità''graecis grecaritus'' di Venezia riuscìriuscirono ad ottenere l'emissione di un'altra bolla da parte del [[papa Clemente VII]] in data 26 marzo del 1526, con cui veniva loro concesso di sottrarsi alla giurisdizione del patriarca latino di Venezia, il che ovviamente provocò aspre contese.<ref name=":21" />
 
Il 3 aprile del 1514<ref>Marino Sanuto, I Diarii, XX, p. 56</ref>, i Greci nominarono come loro procuratori Teodoro Paleologo<ref>Teodoro Paleologo muore a Venezia nel settembre del 1532. Le sue esequie si svolgono nella chiesa ortodossa di San Giorgio in Sant’Antonino. (Teodoro Paleologo, su condottieridiventura.it)</ref> di [[Mistrà]](capitano degli stradioti), Andrea de Zeta di [[Servia]], Paolo Coressi di Costantinopoli e Matteo Barelli di [[Corfù]]. Questi, il 27 settembre del 1526, acquistarono un terreno dal signor Pietro Contarini di Agostino da [[Londra]], pagandolo 2.168 ducati.<ref name=":83" />
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La chiesa non era però quella che vediamo oggi; quella era di fattura rozza costruita provvisoriamente, per lasciare quella di San Biagio e poter raccogliere dalla carità dei connazionali quanto occorreva per la fondazione di una chiesa migliore e più grande. Per questo che nel 1536 venne fatto un modello in legno che rispettava le modalità e le caratteristiche secondo l'[[Architettura bizantina|uso orientale]] con l'[[abside]] a est. E il primo novembre del 1539, durante l'amministrazione di Marco Samariari di [[Zante]], fu posata la prima pietra con grande solennità.<ref name=":84" />
 
Durante il lungo periodo che va dagli inizi del XIV secolo fino al 1577, anno in cui venne ultimata l'odierna chiesa, nella comunità greca di Venezia nacquero discordie tra filo- e anti-unionisti cosicché, il 6 marzo del 1542, [[papa Paolo III]] reagì rimettendo in vigore il decreto del 1534, che prevedeva che i cappellani greci fossero approvati dal patriarca latino di Venezia. Nel 1546, il [[Kayseri|metropolita di Cesarea]] [[Metrofane III di Costantinopoli|Metrofane III]] fece visita a Venezia e Roma. Egli era l’[[esarca]] inviato dal patriarca ecumenico di Costantinopoli [[Dionisio II di Costantinopoli|Dionisio II]] (1546-1555) a Venezia per risolvere le discordie nate nella comunità grecadi rito greco di Venezia. Quando il "caso greco" sembrava rientrato, lo stesso Paolo III tornò sui suoi passi e il 22 giugno 1549 ridiede vigore alle bolle di papa Leone X che davano ai Greci libertà di culto.<ref>Storia dei Rapporti Roma Costantinopoli dal 1453 al 1958, p. 22</ref>
 
Nel 1564 [[papa Pio IV]] annullò tutti i privilegi concessi dai suoi predecessori (Leone X, Clemente VII e Paolo III) alla comunità grecadi rito greco di Venezia. Nel 1573 veniva fondata la "''Congregazione per la riforma dei Greci viventi in Italia''" e tre anni dopo (1576) si apriva il [[Pontificio collegio greco di Sant'Atanasio|Collegio greco di Roma]].<ref>{{cita|IVS|p. 107}}.</ref>
 
==== Il metropolita di Filadelfia di Lidia a Venezia ====
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Tra gli anni 1579-1591 nacque una disputa tra Seviros e il [[Patriarcato ecumenico di Costantinopoli|patriarca ecumenico di Costantinopoli]] [[Geremia II Tranos|Geremia II]]. Quest’ultimo, per limitare il potere del metropolita di Filadelfia, nel 1579 emanò un "sigillo" con il quale proclamò la chiesa di San Giorgio dei Greci a Venezia direttamente dipendente dal patriarcato di Costantinopoli e con una lettera del 1591 minacciò Seviros di deposizione, nel caso non ritornasse nella sua sede in Asia Minore entro sei mesi. Alla fine entrambi i problemi si risolsero grazie all'opposizione della Confraternita "greca" (1583) riguardo alla prima pretesa di Geremia e all'intervento della Repubblica che sostenne la permanenza del metropolita a Venezia.<ref>{{cita|IVS|p. 109}}.</ref> In tal modo si affermò l'insediamento del metropolita di Filadelfia nella città lagunare. Da quel momento i metropoliti vennero chiamati [[Esarca|esarchi]], legati e [[Vicario patriarcale|vicari patriarcali]]. Alla loro giurisdizione spirituale si sottomisero anche le chiese ortodosse d’oltremare, cioè quelle delle [[isole Ionie]], della [[Dalmazia]] e dell'[[Istria]].<ref name=":Atti_110">{{cita|IVS|p. 110}}.</ref>
 
Dal successore di Seviros in poi i metropoliti venivano eletti dal Capitolo generale della Confraternita,<ref name=":Atti_110" /> conservavano il titolo di "Filadelfia" e dipendevano direttamente dalla diocesi di Filadelfia di Lidia, non riconoscendo l'autorità del [[Papa]].<ref name="ellenico" /> Per Venezia lo stanziamento del metropolita di Filadelfia nella capitale non significò l’introduzione di alcuna novità nello status ecclesiastico dei fedeli ortodossidi rito greco; secondo la Serenissima il metropolita non era un "secondo" vescovo a Venezia, come sosteneva la [[Santa Sede]], ma il capo religioso dei fedeli di rito orientale suoi sudditi.<ref name=":119">{{cita|IVS|p. 119}}.</ref>
 
Secondo Venezia, il metropolita di Filadelfia era il suo suddito, confidente della Signoria e sotto il controllo assoluto dei suoi organi centrali, dal momento che risiedeva nel cuore dello Stato. Egli era quasi un "pubblico rappresentante" - come tutti gli altri vescovi veneziani, [[Patriziato (Venezia)|patrizi]] o cittadini, residenti in vescovadi cattolici del dominio - attraverso il quale essa poteva governare meglio i Greci ortodossi e assicurare la quiete tra i due riti nel suo dominio. Inoltre l’esistenza di questo prelato garantiva anche l’allentamento degli stretti legami tra il clero ortodosso dei possedimenti veneziani e il patriarcato di Costantinopoli. Un patriarcato che, risiedendo in un territorio nemico, era sotto l’influenza della Porta ottomana e serviva i suoi interessi politici.<ref name=":119" />
 
Per queste ragioni Venezia concesse al metropolita di Filadelfia privilegi speciali: gli conferì uno stipendio permanente e di tanto in tanto altri sussidi economici. Per lai comunità''graecis greca di Venezia,ritus'' sudditi veneziani il metropolita di Filadelfia era il supremo prelato nello Stato veneto. Con la sua ampia giurisdizione e la vicinanza alle magistrature venete, egli poteva rappresentarli nel modo migliore e proteggere la libertà della loro religione. Per il patriarcato di Costantinopoli, il metropolita era una specie di ambasciatore permanente presso i Veneziani, il quale però non poteva essere sotto il suo controllo assoluto, tanto per la grande distanza tra Costantinopoli e Venezia, quanto perché non veniva eletto dalla gerarchia ortodossa, ma dalladai comunità''graecis grecaritus'' dia Venezia.<ref>{{cita|IVS|p. 120}}.</ref>
 
=== XVIII secolo ===
Meletios Tipaldos, durante il suo incarico come metropolita, desiderò rimettere in vigore i vecchi decreti del Consiglio dei Dieci (del 1534 e del 1542), secondo i quali i cappellani avrebbero dovuto riconoscere il primato papale ed essere esaminati e approvati come cattolici dal nunzio pontificio o dal patriarca di Venezia. All'inizio del 1709 il Consiglio dei Dieci appoggiò Tipaldos e rimise in vigore gli antichi decreti, già caduti in disuso da 150 anni. Questa decisione fu accolta con soddisfazione da parte del papa, che si affrettò a inviare in proposito una bolla alla [[Repubblica di San Marco]] (9 febbraio dello stesso anno). La delusa Confraternita si rivolse all'onnipotente [[zar di Russia]], [[Pietro I di Russia|Pietro il Grande]] che in quel periodo appariva agli occhi della comunità greca di Venziarito bizantino come protettore della loro nazione e religione. L’intervento di Pietro il Grande, spinto anche dai suoi interessi politici in Dalmazia, le cui chiese ortodosse appartenevano alla giurisdizione spirituale del metropolita di Filadelfia di Lidia, non modificò la situazione. D'altra parte, il patriarcato di Costantinopoli, che guardava le cose da lontano, rimase inoperoso fino al 1712 quando, nel mese di giugno di quell’anno Cirillo IV (patriarco ecumenico di Costantinopoli dal 1711 al 1713) e il sinodo deposero Meletios.<ref>{{cita|IVS|p. 114}}.</ref>
 
[[File:Flag of Republic of Venice (1659-1675).svg|miniatura|Bandiera della Repubblica di Venezia con il leone di San Marco]]
La Confraternita dei Greci Ortodossi seguì le sorti della Serenissima. Con l’arrivo delle truppe Napoleoniche e dopo la [[Caduta della Repubblica di Venezia|caduta di Venezia]] (1797) la decadenza della comunità era inevitabile. I depositi nella banca e gli oggetti preziosi e arredi sacri della chiesa furono confiscati; i fedeli di rito greco della confraternita probabilmente cercarono una nuova patria in altri centri commerciali d'[[Italia]] ([[Trieste]], [[Livorno]] ecc.), contribuendo alla decadenza della comunità grecadi rito orientale di Venezia e la fine dell’istituzione del metropolita di Filadelfia, un’istituzione che fu considerata dal mondo cristiano orientale dell’epoca molto importante.<ref name="ellenico" /> Nel 1798 il titolo di Filadelfia ritornò nella sua vecchia sede in Asia Minore. Da allora in poi la Confraternita grecadi rito greco di Venezia continuò a eleggere i cappellani di San Giorgio.<ref>{{cita|IVS|p. 121}}.</ref>
 
=== XIX secolo ===
[[File:Emblem of the Ecumenical Patriarch of Constantinople Bartholomew I.svg|miniatura|verticale=0.7|Emblema del Patriarca ecumenico di Costantinopoli]]
Dopo la fine della [[seconda guerra mondiale]], per quanto conservasse ancora una parte importante del suo patrimonio mobile e immobile, la confraternita aveva solo 30 membri. In questo momento critico gli sforzi diplomatici della Grecia e dell'Italia e la determinazione degli ultimi membri della Confraternita riuscirono a salvare e ricreare non solo il patrimonio, ma anche la sua eredità culturale.<ref name="ellenico" />
 
Nel novembre 1991, con decisione del [[Patriarcato ecumenico di Costantinopoli]], fu istituita la [[Arcidiocesi ortodossa d'Italia e Malta|Sacra Arcidiocesi Greco Ortodossa d'Italia ed Esarcato per l'Europa Meridionale]] e venne insediato il suo primo metropolita.<ref name="ellenico" />