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Rossetti, infatti, secondo un'interpretazione spirituale dell'[[mazzinianesimo|ideologia mazziniana]], riteneva che l'associazione si doveva porre in una posizione di serena attesa della coscienza popolare che, dietro l'esempio dei migliori, spazzasse via autonomamente il fascismo<ref name=conv/>.
Pacciardi, invece, propugnava un'opposizione attiva al fascismo, essendo del parere che, in qualsiasi caso, un atteggiamento passivo avrebbe immancabilmente portato alla sconfitta. Un'ulteriore fonte di imbarazzo era l'innegabile dipendenza dal PRI dei vertici dell'associazione; il
Tali contraddizioni si manifestarono ben presto in occasione delle [[Elezioni politiche italiane del 1924|elezioni politiche del 1924]]. Rossetti, infatti, di fronte all'ingiustizia della [[Legge Acerbo|legge elettorale maggioritaria]] adottata dal fascismo, sostenne l'astensionismo. Pacciardi invece diede l'indicazione agli iscritti di partecipare alle elezioni, scegliendo tra tutti i partiti di opposizione tranne i cattolici e i massimalisti (in pratica, un ventaglio comprendente i repubblicani, il [[Partito Socialista Unitario (1922)|PSU]], i liberaldemocratici di [[Giovanni Amendola|Amendola]] e gli ultimi [[Partito Radicale Italiano|radicali]]).
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A tale scopo, Ricciotti Garibaldi ottenne finanziamenti da parte della [[massoneria]] internazionale e dal Partito socialista cecoslovacco. I collegamenti tra le Legioni garibaldine francesi e i gruppi di ''Italia Libera'' è dimostrata da un rapporto del capo della polizia fascista, secondo cui Zaniboni, nell'estate del 1924, si sarebbe recato a [[Parigi]] per incassare un finanziamento di 300.000 franchi a nome del Partito socialista cecoslovacco<ref>ACS, ''Min. Interno, Dir. Gen. PS, Div. Affari gen. Ris''. (1925), b. 109, fasc. ''Avanguardie garibaldine''</ref>.
Tuttavia, la circostanza che la quasi totalità dei combattenti di ''Italia Libera'' fosse di orientamento repubblicano portava in sé una contraddizione: il progetto insurrezionale armato, qualora fosse riuscito a rovesciare il fascismo si sarebbe dovuto rivolgere al re perché riportasse l'ordine democratico secondo l'ordinamento costituzionale vigente (monarchico). Diversamente, avrebbe dovuto investire la stessa [[Casa Savoia|monarchia]] alla quale erano fedeli le [[Forze armate italiane|Forze armate]]. Il
Per questo, anche il gruppo dirigente di ''Italia Libera'', negli ultimi mesi del 1924, decise di appoggiare la linea attendista della secessione aventiniana, limitandosi a porre come obiettivo della propria azione l'approvazione di una nuova [[costituzione]] da parte di un'Assemblea eletta a suffragio universale, senza precisare la forma istituzionale da perseguire<ref>Luciano Zani, ''cit.'', p. 103</ref>.
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